La domanda è mal posta. Quando dico “CL”[2] non ho in mente una struttura ma la santità di chi l'ha involontariamente generata[3]. A furia di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, don Giussani si è ritrovato circondato da un popolo.
L'autenticità di un carisma si vede anche dal fatto che non inventa niente. Per paradossale che possa apparire ai profani, quanto più si torna agli elementi originali del cristianesimo tanto più si è “allettanti”[4]. Coloro che cercano di rendere attraente il cristianesimo stanno implicitamente affermando che senza la loro magica ricetta[5] la fede non sarebbe abbastanza viva. Anche quando siano mossi dalle migliori intenzioni.
Ritornare agli “elementi originali” è inevitabilmente un ritornare alla Tradizione, da intendere quella con la T maiuscola, che non è banalmente riducibile all'armamentario monsignorile in uso negli anni Cinquanta[6]. Infatti non c'è niente di più incredibile della risposta ad una domanda che non si pone. Il cristianesimo non è un sistema dottrinale/liturgico/assistenziale calato dall'alto sugli uomini, come si ostinano a vagheggiare coloro che non vogliono prenderlo seriamente in considerazione. Il cristianesimo non arriva su una domanda che non si pone. Al contrario. Ed è una risposta talmente vera che illumina anche la domanda, la domanda più profonda del cuore dell'uomo, la sua sete di felicità. La risposta è Cristo.
Per questo dico anch'io che il cristianesimo vissuto in maniera autentica è quanto di meglio possa capitare ad un'anima pellegrina in questa valle di lacrime. Non vale solo per i santi: vale persino per la gente semplice come noi.
In tempi di crisi, di ottundimento, di relativismo, di confusione, ho (abbiamo) trovato in CL qualcosa che fa andare agli aspetti più essenziali (e perciò più affascinanti e coinvolgenti) del cristianesimo. Mentre altri si affannano a fabbricare o a “riscoprire” (cioè fabbricare) orpelli per adeguare Cristo ai tempi moderni, il don Giussani faceva leva sulle attese più concrete della nostra umanità[7]: una “pedagogia” inaugurata proprio da Nostro Signore in persona.
1) Don Carròn era “pienamente d'accordo” con don Giussani, finché... «Avevo già letto qualche testo di don Giussani, ero pienamente d’accordo con lui, ma non vedevo nessuna particolare novità. È stata invece la partecipazione alla vita del Movimento, la lettura dei suoi scritti dall’interno che mi ha permesso di avere un’esperienza della vita come quella che sto descrivendo…» (su Tracce di ottobre 2010).
2) Gli aderenti a Comunione e Liberazione si possono sommariamente classificare in tre categorie: quelli che non hanno ancora capito niente (e perciò lo indicano col nome ufficiale o con la sigla “CL”), quelli che hanno cominciato ad apprezzarlo (e perciò dicono “il movimento”, senza specificare altro), e quelli che non ne possono più fare a meno (e perciò dicono “i miei amici”, o “un grande”, o locuzioni del genere). Sebbene io faccia parte di quest'ultima categoria, devo purtroppo utilizzare la sigla “CL” sul blog che altrimenti risulterebbe incomprensibile ai non addetti ai lavori.
3) Don Giussani: «Non solo non ho mai inteso “fondare” niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta».
4) Flannery O'Connor: «Quando ti chiedono di rendere il cristianesimo allettante, ti stanno chiedendo di descriverne l'essenza, non quello che vedi tu».
5) La magica ricetta può anche essere travestita di antichità: archeologismi e “recuperi” bizzarri, però, alla prova dei fatti si dimostrano non meno banalizzanti delle messe-beat, clown, tamburi e balletti. Uno dei termini che più mi hanno fatto ridere è “danza liturgica”, proferito da una persona che seriosamente aggiungeva: «anche re Davide danzò per il Signore».
6) I nostalgici del ferraiolo e delle scarpe a fibbia vorranno legnarmi per bene. Ma avranno da ridire anche quelli che riducono la Tradizione ad un elenco di documenti e di consuetudini liturgiche.
7) È straordinario osservare come le domande più essenziali vengano sempre televisivamente trasformate in qualcosa d'altro: sogni, istintività, distrazione.
4 commenti:
io dico sempre "la cièlle"...un pizzico di autoironia non guasta mai. Ciò non vuol dire che ne possa fare a meno, della cièlle.
Io personalmente sono consapevole di non aver ancora capito niente. Come del resto ci ricorda spesso JC
Eh invece bisogna cercare le parole giuste. Perchè solo quelle giuste derivano da un "giudizio" (semanticamente hanno la stessa radice!) e poi ricorda, il cuore ha sempre ragione.
Non solo è vero che bisogna cercare le parole giuste (non capisco però cosa c'entri questo discorso con l'autoironia di Monto)... ma bisogna sapere anche quando e come pronunciarle (per non dare le perle ai porci).
Siamo pur sempre in una società esageratamente parolaia che pretende di giudicare parole e silenzi di chiunque non incensi continuamente il Potere.
Posta un commento