venerdì 15 ottobre 2010

Frattaglie / 3

Un crocifisso d'oro. Era circondato da una folta peluria che copriva irregolarmente il petto abbronzato, mentre sull'avambraccio campeggiava un tatuaggio di un animale mitologico in assetto minaccioso. E i capelli bianchi e l'aria da duro a completare il quadro. Un'icona del nostro tempo, insomma: un Gòlgota di ignoranza e stupidità su cui campeggiava, banalizzato, quel crocifisso d'oro[1]

In un film-tv una delle protagoniste non trova il coraggio di comunicarsi. Chiede al prete un incontro: intende confessarsi. Ricorda più tardi ad un altro protagonista che il segreto confessionale è assoluto. Sì, saranno stati tutti concetti di catechismo, ma il modo in cui venivano recitati dai doppiatori italiani li faceva suonare terribilmente fastidiosi. La donna che intendeva confessarsi sembrava incarnare la solita ipocrisia di chi ha bisogno di mostrare agli altri di essersi liberato di un peso. Il prete sembrava un addetto pacioccone all'assistenza psicologica per vecchiette. I concetti di catechismo (che se presentati con onestà farebbero tremare il cuore a tanta gente) sembravano solo uno dei tanti legalismi in circolazione. Rappresentare il cristianesimo è un'arte particolarmente difficile: solitamente si riesce solo ad essere banali e noiosi.

Trovo un altro film che per incutere paura presenta il demonio. Stavolta è sotto le spoglie di uno spaventapasseri. Ma quel che mi colpiva di più era l'affettata religiosità dei protagonisti: anche qui, fatta salva la possibilmente poco eccelsa qualità del doppiaggio, appariva evidente che la fede doveva essere presentata come un orpello inutile, di cui si fanno carico solo alcune anime particolarmente vogliose di “qualcosa di religioso” da appiccicare alla propria vita. Qualcosa da cui i sani stanno alla larga. L'arte del diavolo (quello vero) è di trasformare la fede in un legalismo idiota per malati mentali.

Parliamo ancora di preti. Un'amica atea mi rimprovera perché il curato, per benedire il matrimonio della sorella, esigeva un'offerta che le sembrava spropositata (cioè pressappoco l'equivalente di tre invitati in più al ricevimento che sarebbe seguito dopo la Messa): per il ricevimento, l'abito nuziale ed il viaggio di nozze si spendono cifre oscene, ma sull'offerta a colui che benedirà il matrimonio e farà ripulire la chiesa dopo il passaggio della tribù dei selvaggi nessuno resiste alla tentazione dell'avarizia. E alla tentazione di prendersela con il primo cattolico che capiti a tiro.

A gran voce pretendono che i preti siano poveri: “per dare l'esempio”, dicono. Esempi che si guardano bene dall'imitare: “non sono mica prete, io”. C'è un inequivocabile fondo di odio in quell'urlo ipocrita “devono dare l'esempio”: sottintende infatti il desiderio di impoverirli, annichilirli, distruggerli. Per rovinare il fegato a tanta gente basterebbe mostrare in uno di quei soliti telequiz truccati un prete che vince centinaia di migliaia di euro e poi, intervistato, affermare: “comprerò calici, pianete, candelieri, cartegloria e un tabernacolo ottocentesco colossale”.


1) E io che recitavo il rosario con una corona di spago e plastica...

2 commenti:

bruno vergani ha detto...

@ P.E. Barracus non hai compreso il senso dell'ultima parte del post che evoca i Vangeli, quando la prostituta ha lavato i piedi a Gesù con profumi costosi e i Farisei con Giuda hanno insinuato che il denaro speso per il costoso profumo (calici, pianete, candelieri, ecc.) poteva essere dato ai poveri; così oggi il moralismo anticlericale.

Anonimo ha detto...

Per caso si tratta di un programma trasmesso su La7 qualche giorno fa (dove alla fine c'è un pazzo che, ascoltando il 'Lacrimosa' di Mozart -mi pare- con una forbice da sarto cerca di ammazzare una donna)? Ha dato anche molto fastidio a me e mio fratello.