lunedì 27 marzo 2017

Stroncatura postuma dello Young Pope

Col ritardo tipico di chi aveva altro a cui pensare, ho finalmente trovato un po' di tempo per vedere qualche episodio di The Young Pope,[1] forte del fatto che amici del movimento a suo tempo me lo vantavano con i soliti "ooh" emessi da bocche "a culo di gallina" (e soprattutto del fatto di non aver letto all'epoca recensioni ma solo qualche improvvisato elogio dell'immagine di un Papa conservatore ma ateo e fumatore).[2]

Come facilmente prevedibile, quegli amici erano affetti dalla solita sindrome dei denti bianchi:[3] per qualche singolo aspetto marginale interessante avevano deliberato di acclamare l'intera carogna. In realtà è stato già faticoso resistere fino alla fine del primo episodio, e con ferrea volontà fino al terzo. Quella serie, per dirla in termini fantozziani, è una cagata pazzesca, un'americanata che al massimo è stata ispirata dal tremendamente lassativo Habemus Papam di Nanni Moretti, e qui potrei già concludere la recensione.[4]

La fotografia, anzitutto, è esclusivamente funzionale ai turisti americani che considerano la Santa Sede una graziosa[5] collezione di edifici d'altri tempi, in cui pullulano persone con abbigliamento d'altri tempi con sullo sfondo opere d'arte d'altri tempi, riuscendo a far peggio persino di Moretti.

I personaggi - a cominciare dal protagonista - sono effettivamente rifiniti con una vecchia ascia senza filo: la serie si attarda a lungo su particolari inutilmente secondari laddove una singola breve inquadratura (il cardinale che legge il Corriere dello Sport) poteva bastare e avanzare. Non hanno anima, non hanno ideale, non hanno nemmeno intelligenza: sono scatole vuote che emettono frasette preconfezionate, recitano una parte che non sentono loro e, per chi conosce l'untuosità tipica del clero, sono più prevedibili di una Peppa Pig.[6]

La trama esige non una suspension of disbelief, ma un'ottundimento da lauto pasto: fin dall'avvio fantascientifico dell'elezione di un pontefice di cui i cardinali non sapessero già tutto, sembra che l'autore della sceneggiatura provi sadico piacere nel relegare improvvisamente a un piano secondario quello a cui aveva dedicato tutte le premesse per renderlo primario, oltre che dell'infilare in modo dilettantesco tentativi di colpo di scena ai quali poi dar poco seguito (come la prima omelia pubblica), poca spiegazione o spiegazione postuma e posticcia. Sorrentino sembra persino rendersene conto, al punto da aver bisogno di far infilare inutili siparietti volgari che non aggiungono nulla ai personaggi e ancor meno alla trama (come l'accanirsi ad aggiungere pepe sperando di insaporire la brodaglia). Voleva fare l'ermetico, è riuscito solo ad essere lassativo.[7]

L'unica impressione decentemente trasmessa agli spettatori è che il Vaticano, lungi dall'essere il luogo dove si governa la Chiesa alla luce della Verità rivelata, si è da molto tempo ridotto ad un'inestricabile rete di umane miserie inarrestabile e dotata di vita autonoma, sostanzialmente estranea ad almeno il 99% del gregge affidatole, nella quale è straordinariamente difficile persino il dire un'ovvietà (ad esempio nella scena del cardinal finocchio, dove giustamente a parlare è il silenzio). E -forse- l'altro pallido merito è di raccontare di un papa vendicativo, incoerente, disturbato, fissato,[8] non più autorità suprema ma solo esecutore testamentario di una Chiesa ormai auto-eutanasizzata.[9]

Che una fiction del genere sia stata scritta e pubblicata nell'epoca bergogliana è a dir poco significativo. Il tipico laicista si leccherà i baffi all'idea di un'amena storietta su un Papa che brutalizza la cristianità. Il cattolicone da salotto tiferà per Jude Law[10] ogni qualvolta tuona contro l'omosessualità e l'aborto,[11] salvo poi cercare di suspendere la disbeliffa quando arriveranno le puntuali e sgradite conseguenze:[12] per quanto sia sacrosanto essere furiosi dal pulpito e comprensivi dal confessionale, la pretesa di una donazione totale a Dio in quei termini suona peggio di un mix di giansenismo e calvinismo.[13] Il tradizionalista sbaverà alle immagini di un papa con abiti giusti[14] e autorità indiscussa. Tutti dimenticando che sono stati solo alcuni dei singoli ingredienti ad eccitare la nostalgia delle cose buone, e che non valeva la pena correre ad entusiasmarsi per una carogna solo perché è stata abbellita da dei denti bianchi.


1) Produzioni del genere vengono sempre riciclate in prima tivù qualche tempo dopo, in modo da assicurarsi che anche l'ultimo dei vecchietti rincoglioniti abbia da sorbirselo. Come tutte le storiette di regime, ci sono infatti almeno due livelli di lettura: quello per la bassa plebe, a cui rifilare l'idea del papa che pur trasgressivo, schizoide, disturbato, alla fine comanda sempre il sorriso, e quello per gli intellettuali, a cui propinare l'idea che lo sfascio ecclesiale va affrontato con grottesche "variazioni sul tema".

2) Paramenti, triregno, bacio della sacra pantofola, punizione del clero omosessuale... ce n'è quanto basta per stuzzicare il tradizionalismo latente del normale frequentatore di parrocchia.

3) Don Giussani ci insegnava sempre che l'atteggiamento critico non è il rabbioso accanirsi sui limiti delle cose in cui ci si imbatte ma il sorprenderne il valore; i giussanologi hanno invece capito che bisogna infatuarsi di tutto, deliberatamente ignorare i limiti di ogni cosa per concentrarsi su un qualsiasi valore fingendo di aver notato solo quello. Che è lo stesso del degradare la speranza cristiana a ottimismo sorridente e sospirante.

4) Vuole stuzzicare il senso del misterioso e invece si limita ad alludere fumosamente per poi rinviare la soluzione a pagina 46 della puntata successiva, oppure a srotolare uno spiegone-filippica perché deve pur riempire di minuti la puntata.

5) Ben vengano i turisti dollaromuniti a Roma. Non tanto per la valuta, ma perché siamo in un'epoca in cui si impara più dalle pietre che dalle omelie.

6) La figura del Segretario di Stato pare estratta a forza da qualche vecchio filmetto di Nino D'Angelo.

7) L'autore, pur documentato su certi meccanismi curiali almeno quanto un seminarista dimesso per eccessiva omosessualità, non si è vergognato di ammannire ridicoli polpettoni come l'idea di barattare un cardinalato coi segreti delle confessioni. Come se certi prelati si confessassero davvero, e per di più all'interno del Vaticano.

8) "Sperglord" è il termine sprezzante del gergo giovanile americano per definire quei soggetti talmente disturbati da esser sospettabili di sindrome di Asperger.

9) Non sono il primo ad aver visto l'ironica allusione a Bergoglio o a rimpiangere i tempi ratzingeriani in cui non era imbarazzante difendere gesti e parole del Vicario di Cristo.

10) Bizzarro nome che ha assonanza con "legge giudaica".

11) Salvo poi piegarsi ad un profondo ammorbidimento: amore, sorrisi, vi amo!... Mai affezionarsi a un personaggio delle fiction. Nelle puntate successive ti verranno forniti tutti i motivi per pentirtene.

12) Non essendo un cattolico da salotto, non sono del tutto sicuro che un moralismo antiabortista (cioè chiacchiere da farisei) salvi più vite umane di un silenzio sull'aborto.

13) L'idea malsana che tale fiction tenta di somministrare all'incauto telespettatore è che qualsiasi recupero della Tradizione corrisponde ad un moralismo estremo destinato a sfociare in un melenso sorriso. Tutti i salmi finiscono in gloria, e tutte le omelie moderniste finiscono in volémosebbène.

14) Altro che il Pontefice che esibisce la manica strappata o che si fa notare uscendo da un "bagno chimico"...