domenica 20 novembre 2011

L'albero degli zoccoli

Tre ore ben spese: questo film mi ha fatto bene perché è stata un'altra conferma che la comunemente deprecata nostalgia di una civiltà cristiana non è un pio sogno ma è storicamente fondata.

La società cristiana era davvero così: permeata di umanità e di fede, solidissime persino nella fatica e nella miseria. Il cristianesimo come qualcosa di normale, di ordinario, di quotidiano: non un fardello di regole ma il naturale procedere della vita. Lavoro, preghiera, famiglia, era un tutt'uno. Le virtù cristiane non erano per gli specialisti, la fede non era un passatempo da annoiati.

Un film da far gustare a chiunque pensi che il cristianesimo sia un elenco di regole, a chiunque creda che la fede sia un orpello di cui volentieri se ne farebbe a meno, a chiunque sospetti che la religione sia in fondo in fondo l'oppio dei popoli. Un film che involontariamente dimostra che la società moderna è un coacervo di strane malattie spacciate per diritti, dove il lavoro non è sinonimo di dignità o almeno di passione, dove la natura è quella del cretinismo ecologista, dove i rapporti umani sono in fin dei conti animaleschi e di sfruttamento, dove la soppressione della sfera religiosa ha fatto nascere un'articolatissima foresta di rituali civili e formule magico-religiose da pronunciare in ogni occasione.

Vale davvero la pena di vederlo senza doppiaggio in italiano e senza neppure informarsi sulla trama.

martedì 15 novembre 2011

Frattaglie / 10

Seguono altri paragrafi disordinati e sparsi, troppo brevi per diventare “post” sul blog.

Miyazawa Kenji, letterato poliglotta e curiosissimo (buddista)[1] nelle sue opere fa trasparire di continuo riferimenti al cristianesimo: figure ricalcate su missionari, il tema del viaggio, accenni al Paradiso. «Aveva capito bene il potenziale drammatico della tradizione cristiana, e sapeva sfruttarlo. Ma vi ricorreva anche per introdurre una consolazione che nel buddismo, a cui pure è così devoto, non esiste». Il “potenziale drammatico”, perché il cristianesimo è qualcosa di vivo, non è un orpello appiccicato addosso alla vita.

Alcune rare volte, nella vita, mi è capitato in chiesa di stupirmi nell'ascoltare certe donne cantare quelle querule e insignificanti canzonette parrocchiali dandovi vita. Proprio come avviene nell'orwelliano 1984, dove il protagonista resta meravigliato che una lavandaia, canticchiando un motivetto fabbricato automaticamente dalle macchine sforna-romanzi e sforna-canzoni del regime, riesca a darvi come un'anima. La violenza di regime consiste proprio nel pretendere che “tutti” abbiano quella capacità della lavandaia e che la utilizzino “sempre”.

Lo squallore artistico e musicale in cui si rotola certa Chiesa moderna è fondato sulla pretesa di stabilire autonomamente cosa sarebbe la bellezza.

“Noleggiami”, recita il cartello sul vecchio veicolo che sembrava abbandonato in periferia. Siamo in un'epoca in cui non si sa più conferire vita e significato. Perciò ci si aspetta che lo faccia il cliente (e che naturalmente paghi per farlo).

Il declino di una civiltà è proporzionale alla percentuale di persone che sogna di vivere di rendita. Corollario: in tempi di crisi, impazzano il gratta e vinci e il calcioscommesse.

Ritrovo un vecchio appunto in cui ci si raccomandava di andare alla Messa pro Iraq. Un gesto televisivo che oggi nessuno ricorda più, nemmeno io che ci andai. Nel mondo cosiddetto occidentale è la televisione che decide quale sia la preoccupazione principale giornaliera che tutti devono avere. Perfino il pregare per i sofferenti diventa un'operazione da programmare nelle Alte Sfere mentre i Personaggi del Momento diluviano le solite affettate frasi di circostanza.

Bambine in autobus che parlano di vacanze. E tu invece dove vorresti andare? “Ai Caraibi”. Ma se non sai neppure dove sono! Hai solo otto anni e non sai neppure tornare a casa da sola, e affermi di voler andare “ai Caraibi”? Quale è dunque l'agenzia educativa a cui appartiene il catechismo che stai recitando?

Questa è un'epoca di schiavismo perfetto, poiché la maggioranza assoluta degli schiavi pensa di avere tutte le libertà. Eppure è così facile riconoscere gli schiavi. Per esempio: coloro che inveiscono contro l'universo, lagnosi e sdegnosi: “ma io ne avevo proprio bisogno, di quei soldi!” Oppure, per esempio: quando bramano di apparire seducenti dicendo “e per centocinquanta euro?”


1) Citazione ripescata da Tracce.

sabato 12 novembre 2011

Caduto Berlusconi: tutti impazziti di gioia

Qui è bellissimo, avresti dovuto esserci anche tu! È una data storica, i nostri figli la studieranno nei libri di scuola! Sì, ci stiamo recando anche noi là, qui tutti impazziti, sono tutti impazziti di gioia!


Non è la citazione da Il padrone del mondo di Benson[1] ma solo qualche brano di una concitata telefonata di uno studente stasera.


1) Nel romanzo di Benson il tripudio della folla è dovuto al fatto che «è scoppiata la pace».

giovedì 10 novembre 2011

Frattaglie / 9

Altri paragrafi sparsi e isolati, troppo brevi per diventare “post” sul blog.

A quell'età in cui si prova l'ossessione di voler trasgredire, facendo qualsiasi cosa contraria al buon senso pur di mostrarsi liberi e grandi, me ne capitò una che mi ha segnato per tutta la vita. Un compagno di scuola mi disse: «ma tanto i miei non dicono nulla, lo sanno», lasciandomi di stucco. Davvero? Possibile? Ciò che a casa mia era vietato prima dal buonsenso che dai miei genitori, lui diceva invece: «ma tanto i miei non dicono nulla, lo sanno». Da giovane scoprii dunque che la morale varia di fatto a seconda delle coordinate geografiche.

Nel vedere ieri quella locandina del cinema, mi affiorava un ricordo: un padre missionario ci raccontava che nei primi tempi che era in Africa si meravigliava che il venerdì sera gli adulti sparissero tutti dal villaggio. Dopo un po' scoprì il motivo: andavano nell'unica capanna dotata di televisore a seguire, con religiosa perseveranza e ancor più religiosa puntualità, la puntata settimanale di un vecchissimo sceneggiato americano («Dallas», se non ricordo male) che esaltava la figura del bianco di grande successo, racconto ancora più stimolante perché tale successo era dovuto alla freddezza e alla cattiveria. Ah, la figura del Bianco di Grande Successo, che è Cattivo perché Può Permetterselo, ed è Ricco proprio perché Cattivo. E gli africani che lo vedevano come un eroe, lo guardavano a bocca aperta. Si svuotava il villaggio, il venerdì sera: i negri erano tutti davanti alla tivù ad ammirare il Bianco di Grande Successo.

Altra locandina del cinema: rappresenta un uomo e una donna, di aspetto curatissimo e sorridenti, mentre puntano pistole verso il resto del mondo. Vista la locandina, hai già visto tutto il film.

La vera radice della crisi della Chiesa consiste nel vergognarsi di dire chi è Cristo. Tutto il resto è pura conseguenza.

Il giovane Edimar vede un'amicizia, sa che sono cristiani, cambia. Vedere delle persone gli fa cambiare vita. Si trattava di nostri amici del movimento. Edimar li ha conosciuti e ancor prima che qualcuno gli dicesse qualcosa ha già deciso che non vuole più uccidere. Nessun discorso, nessun regolamento, nessuna paura gli aveva mai provocato alcun cambiamento prima. Ora invece ha visto: tra quei cristiani c'è vita. Ha visto e ha talmente capito bene che già ha preso la sua decisione: non uccidere mai più, non partecipare più agli assassinii di cui la sua gang era specializzata. Gli è bastato “vedere” per cambiare drammaticamente, totalmente, senza fatica e senza dolore, l'intera sua morale. E per questo cambiamento viene tranquillamente ammazzato dai suoi compagni della gang. Martirio, punto e basta. Un emerito coglione di ecclesiastico la butterà sulla politica: «CL non ha bisogno di martiri “suoi”», disse sdegnoso e saccente. Il dramma tragico della Chiesa oggi: vergognarsi di dire chi è Cristo. Con tutto ciò che ne consegue.

Uno va lì in chiesa col cuore sanguinante e mendicante assoluzione... e vede il pretino abbandonare di gran carriera il posto di combattimento. Strana, questa Chiesa moderna, fatta di preti indaffaratissimi che non trovano un minuto per ottemperare ai doveri del proprio stato. Indaffaratissimi come il monaco che san Benedetto vide tentato dal demonio: il demonio, per allontanare il giovane monaco dai doveri di stato, lo tirava per la veste suggerendogli un milione di cose importantissime e urgentissime e utilissime da fare. San Benedetto risolse efficacemente il problema somministrandogli un adeguato cappotto di legnate.

venerdì 4 novembre 2011

Un anonimo benefattore ti desidera

“Vieni a giocare i tuoi numeri fortunati”, recita il messaggio pubblicitario mentre sullo sfondo si vedono apparecchiature meccaniche ed elettriche programmate per spennare i polli umani.

“Vieni”: il messaggio comincia con la parola più invitante per il cuore. Gustale lentamente, queste due fragili sillabe: “vieni”. È la dolce parola che ti pronuncia sorridendo il tuo benefattore, è la delicata ed invitante parola che preannuncia l'ospitalità che ti stai accorgendo che desideravi.

“Vieni a giocare”: ti stai imbattendo in una promessa graziosa e allegra, ti vien chiesto non di faticare, non di mettere a frutto ciò che sei, non di impegnarti o darti da fare. Sei soltanto invitato a giocare, perché -come tutti sanno- la vita è solo un alternarsi di sogni e giochi, l'universo è un enorme paese dei balocchi, e tu sei il prescelto che viene invitato a godersi qualsiasi cosa gli passi davanti o per la testa.

“I tuoi numeri fortunati”, eh sì, certo: tre concetti astratti incatenati insieme. Numeri: un concetto astratto. Tuoi numeri: astrazione sull'astrazione, perché tu non sei assoluto proprietario di nulla nell'universo, tutto ti è stato dato, perfino la tua stessa vita non è “tua” perché non te la sei data da te, non sei capace neppure di decidere quanti capelli avere sul capo...

“Numeri fortunati”: già, poiché esistono anche i numeri sfortunati, e tu non sei mica così tonto da giocare quelli sfortunati, eh! E poi, cos'è la fortuna? Sì, quando le cose ti vanno “bene”, sì, ma in che senso? Quando vinci senza fatica? Quando guadagni senza sofferenza? Quando i tuoi umori, desideri, sfizi, vengono soddisfatti senza alcun tuo impegno? E come si materializza la fortuna? Come la si fabbrica al di fuori dei sogni? Come si fa ad inseguirla, sfiorarla, misurarla, accettarla?

Vieni a giocare i tuoi numeri fortunati: è un messaggio per te! Il tuo grandioso benefattore sorridente (e assolutamente anonimo) ti sta invitando... capisci? invitando! proprio a te, unico nell'universo, proprio a te che in cuore hai così tanto forte il desiderio di essere scelto in esclusiva, amato in esclusiva, fortunato in esclusiva, al di sopra di qualunque cosa e di tutti gli altri esseri umani, fatta salva la tua sapientissima generosità che sicuramente troverà il modo per erompere gloriosa davanti a tutti, riconoscibile e premurosa, a tua maggior gloria, a dimostrazione della tua effettiva superiorità.

Il tuo benefattore ti stava inviando quel prezioso messaggio aspettandoti a braccia aperte affinché tu possa giocare anziché lavorare, giocare anziché ragionare, giocare anziché affaticarti, giocare anziché affrontare la vita reale... il tuo benefattore sa meglio di te quali siano i tuoi sogni, e si sfiancherà a morte pur di ingigantirli.

Per questo, mentre ti invita a giocare i tuoi numeri fortunati (astrazione al quadrato, anzi, al cubo) ti fa scorrere l'immagine di una roulette che - sublime visione! - centra proprio un numero, uno dei tuoi numeri fortunati, proprio quello che ti fa Vincere, l'apoteosi del tuo sogno, il godimento inenarrabile e totale, quello che ti fa scoppiare perennemente il cuore dalla gioia, mentre l'oscurità intorno al piatto rende ancora più centrale e assoluta l'immagine del tuo trionfo dei tuoi numeri fortunati.

Poi magari l'alito pestilenziale della vecchina seduta accanto a te si abbatte nelle tue narici e ti riporta alla realtà.

Il seme è gettato nel tuo cuore e presto o tardi porterà frutto. Ma la sensazione di disgusto per quell'alito che puzza di pesanti medicinali mal digeriti ti costringe a guardare di nuovo la realtà: tra poco finalmente sarà ora di scendere - ma che orrenda puzza, stecchirebbe un esercito di pantegane - e già per un attimo in cuore stai accarezzando dolcemente il sogno di poter scendere già subito, immediatamente, lontano dalla sofferenza del dover subire quel mezzo litro d'aria nauseabonda.

Qualcosa non quadra. L'anonimo benefattore non ti ha detto che per giocare si paga una piccola misera quota... che vuoi che sia? non vorrai mica tener fermi nella stalla i tuoi cavalli di razza? I tuoi numeri fortunati (cioè quelli che al momento deciderai che lo sono) devono forse rimanere imbrigliati, frenati, bloccati a causa della tua tirchieria? Vorrai mica perdere la tua grande occasione?

L'anonimo benefattore sembra conoscerti proprio bene. Sa che nel profondo del tuo cuore vuoi essere scelto: e lui ti sceglie. Sa che nelle pieghe più nascoste del tuo cuore vorresti una vita senza sofferenze, solo gioia, senza fatiche, solo letizia, senza tristezze, solo allegria, senza dover spremere le meningi, senza dar olio di gomito, senza imperlare di sudore la fronte... vuoi la bellezza assoluta, non una bruttura che non vedi l'ora di cambiare, vuoi la gioia assoluta e infinita, non la noia e la nostalgia e la necessità di rifugiarti nei sogni...

L'anonimo benefattore sa tutto questo e te lo offre. Ti sta offrendo su un piatto d'argento un'occasione d'oro! Devi solo concedergli un atto della tua volontà, devi solo pagare quel minuscolino minuscolissimo bigliettino d'ingresso, senza fatica, senza pensieri, senza preoccupazioni, solo un semplicissimo atto della volontà, tanto più facile quanto più sei pigro poiché, se cominci a farti domande, allora già stressi e stanchi e sfinisci le tue preziosissime saggissime sinapsi...

L'anonimo benefattore ti farà crogiolare nei sogni più felici che tu possa mai immaginare: sa che in fondo in fondo brami una felicità infinita che cominci immediatamente, sa che tu non sei neppure capace di descriverla, sa che qualsiasi intervista sulla tua felicità tanto desiderata si risolverebbe in un guazzabuglio di risposte rumorose e disordinate e sempre incomplete perché non ti basterebbero milioni di parole per descrivere tutti i rivoli di quell'enorme e infinito fiume di desiderio che hai in cuore.

Insomma, sa che tu desideri il paradiso. Desideri una pienezza totale, una gioia assoluta e infinita, desideri addirittura la... (che deprecabile termine!) ...la salvezza!

E lui te la dà subito (in forma di sogno e adeguata ai milioni e milioni di parole che riusciresti a pronunciare). Tanto, il sogno è accessibile subito, immediatamente, senza aspettare: in qualsiasi momento puoi staccarti dalla realtà e sognare; e lui sì che è un esperto di sogni! In pochissime parole (“vieni a giocare i tuoi numeri fortunati”) è riuscito a cattivare il tuo cuore e a farti sognare gratis senza che tu ancora neppure sappia esattamente dove si potranno giocare i tuoi numeri fortunati (che ancora non sai neppure quali saranno, perché lo deciderai al momento e in base all'umore e a tantissime altre cose che non c'entrano niente con tutto il resto dell'universo).

L'anonimo benefattore, per qualche misterioso motivo, si sta proponendo al posto di Colui che ti ha dato la vita (non te la sei mica data da te). Al posto del paradiso, un sogno di paradiso: la pallina sul trenta, proprio il numero che sicuramente tu avresti deciso come uno dei tuoi numeri fortunati. E te lo mostra lì, in un'immagine rassicurante, un'immagine invitante e accattivante, un'immagine che sembra estratta proprio dal sogno che tra poco avresti cominciato a sognare!

Ora che ci pensi, non è più nemmeno questione di ricchezza e di soldi: quelle sono robe da gonzi, da gente di mezza tacca, non sono mica per il tuo cuore nobile ed elevato, cuore che godrebbe della gran soddisfazione di far vincere nientemeno che i tuoi numeri fortunati.

L'anonimo benefattore è pazientissimo. Saprà aspettare, anche se ha una fretta del diavolo: business is business, e sa che i tuoi sogni - proprio quelli che lui ti propone di godere - non possono (non devono! assolutamente non devono!) star fermi troppo tempo.