martedì 25 agosto 2020

Il movimento, cortigiano della storia?

La sgradevole sensazione che mi cresce da qualche tempo è che cielloti e giussanologi - cioè quelli che riducono il movimento a un attivismo e quelli che lo riducono ad un discorsetto postprandiale salottiero - abbiano irreparabilmente preso il sopravvento. Inutile nasconderselo tentando di dirsi che se una cosa era vera quindici anni fa è vera ancor oggi: lo sbando è delle persone, non di ciò che a suo tempo abbiamo vissuto.[1] Se quelle persone non hanno più molto da spartire con quel vissuto - perché hanno cambiato idea, perché hanno ridotto il movimento a un discorsino compatibile coi salotti televisivi e con le anticamere curiali - non è colpa mia, ed è disonesto chiamarmi nostalgico.[2]

Nel frattempo costa sempre più fatica dimostrare a un loro seguace il cambiamento avvenuto nel movimento, anche se loro stessi lo hanno visto e vissuto. Come per l'effetto Chernobyl di cui parlò don Giussani, "fuori" sembra tutto più o meno uguale: è "dentro" che qualcosa è cambiato. Quando ci si sacrificava non poco per andare al Meeting era perché quell'università estiva ripagava ampiamente ogni sacrificio fatto.[3] Per qualcosa che ti faceva verificabilmente crescere era facile affrontare traffico, intemperie, ritardi ferroviari, persino gli sguardini di sufficienza di amici e familiari.

Il cambiamento nel movimento è stato lento e lungo, ed è forse iniziato da prima della morte di don Giussani. C'è stata una costante crescita di autoimpegnati e di professoroni da salotto (per l'appunto, cielloti e giussanologi), entrambi dalla pancia piena, che per qualche misterioso motivo hanno confuso l'ubbidienza con l'esecuzione di ordini, l'ossequio alla gerarchia ecclesiale con l'adulazione, la passione per la società civile con l'applauso automatico a politici e imprenditori, l'impegnarsi di cuore con un mini-volontarismo ossessionato dal misurare i propri successi… Ed è tutta gente teoricamente d'accordissimo che c'è una grossa differenza tra uno che attinge con entusiasmo ai testi di don Giussani e uno che ripete la Predica Ciellina™ omnicomprensiva di pause, turpiloquio, sospiri, espressioni preconfezionate e finale prevedibile.[4]

Il movimento sta andando lentamente incontro alla peggior sorte che gli si poteva augurare: quella della decrescita felice, dove "felice" va inteso in senso di beota.[5]


1) Bei tempi quelli in cui s'andava al Meeting per apprendere, in cui c'era ressa perfino per riuscire ad entrare ad un incontro contro l'aborto, tempi in cui gli applausi agli invitati erano commisurati all'intelligenza delle affermazioni. Ma da qualche tempo i vertici del movimento sono stati espropriati da giussanologi e cielloti, e la linea di Giussani è stata sostituita da un fumoso carronismo costantemente plaudente.

2) Per esempio, ha un che di spettacolare - in senso grottesco - ciò che il movimento è riuscito a dire e a non dire riguardo al Covid-19.

3) Abbiamo a suo tempo seguito anche incontri con personaggi non esattamente limpidi, che però giungevano al Meeting convinti di dover convincere, convinti di avere una platea a cui per strappare applausi occorre guadagnarseli. Ironia della sorte, in tv dicevano che il Meeting era la passerella di politici e imprenditori. Oggi invece arrivano convinti di avere l'applauso garantito e la comoda intervista leccapiedi. Proprio come ci dipingeva la tv all'epoca.

4) Per fortuna i carroniani son più facili da riconoscere, visto che sono perfettamente allineati al capo.

5) Il cringe che costella i gruppi Whatsapp ciellini è da tempo palpabile.

mercoledì 19 agosto 2020

Materialmente poveri

Ricordo un racconto dove il giovane protagonista incontra un uomo misterioso che lungo dieci anni lo educa e lo porta al successo nella vita. L'uomo misterioso è in realtà lui stesso proveniente dal futuro, ed è il motivo per cui il giovane riconosceva tanto facilmente l'affinità con lui, ed è anche il motivo per cui costui sa già quali scelte sbagliate farà, quali sprechi e quali illusioni seguiranno.[1]

Ma per stavolta l'aspetto della storia che mi ha colpito non è la rappresentazione della fortuna di avere un adulto da seguire, in cui riporre fiducia, e da cui apprendere.[2] Quello che mi ha colpito è che per garantire il successo del ragazzo viene descritto come indispensabile un fiume di soldi. Stabilito un solido rapporto di fiducia con un adulto (evento statisticamente improbabile), partendo da una buona condizione familiare e sociale (il giovane non aveva problemi economici, né mancavano adulti da seguire), fin dalle scene iniziali l'uomo misterioso ha bisogno di estrarre denaro da qua e là e di spenderlo con discrezione per costruire e consolidare il "nido" in cui far fruttare i talenti del giovane, cioè di sé stesso. Col caldo che fa, vuoi metterti a studiare senza accendere il climatizzatore?[3] Ti illudi che quella moda durerà più di un paio d'anni? Devi marcar presenza lì perché a suo tempo si ricorderanno di te…

La missione dell'uomo misterioso è in realtà la funzione di padre (la letteratura moderna è curiosamente orbitante sul tema del supplire all'assenza del padre). L'educazione non consiste nel riempire un secchio, ma nell'accendere un fuoco (e di conseguenza, scegliere oculatamente i materiali con cui accenderlo, la posizione in cui accenderlo…). È una missione difficile, bisognosa di tempo, soldi e dedizione. In mancanza di almeno uno di questi tre fattori[4] il risultato sarà meno che ottimale (ferma restando l'inclinazione al peccato del singolo: dopotutto non siamo macchine da programmare).

Mi tornano in mente tre compagni di liceo. Il Chad della classe, l'obeso, l'intellettuale. Tutti e tre caratterizzati da famiglia ricca, grande casa, stanza personale, e larga collezione di "giocattoli seri" a cominciare dal canonico pianoforte a coda. Il Chad si rovinerà con la cocaina a vent'anni, non si hanno più sue notizie. L'obeso resterà tale, ereditando un'attività imprenditoriale già avviata e collaudata, cioè una rendita. L'intellettuale invece l'ha sfangata avviando una carriera presso una grossa azienda (un altro, suo simile ma con meno soldi e meno conoscenze, si ritroverà invece a tentar mille mestieri prima di arrendersi a fare l'impiegato precario). Ci vuole un padre, sì, ad accendere il fuoco, ma ci vogliono anche circostanze favorevoli. Il sottoscritto, essendo nato povero, è rimasto povero,[5] sia pure con notevoli risultati rispetto alla magra disponibilità di risorse lungo tutta una vita. Studiare col cappotto, d'inverno, o prima dell'alba, d'estate ,perché non c'era il climatizzatore. Appassionarsi alla musica classica senza aver mai avuto uno strumento musicale in casa. Costruirsi con pazienza il proprio arsenale (libri e strumenti di lavoro, scelti con pignoleria) lungo gli anni anziché nell'arco di poche cliccate di mouse. Non riesco a invidiare quella carriera prestigiosa o il diploma di direttore d'orchestra, ma non posso fare a meno di notare come il sottoscritto sia sempre stato effettivamente fuori da quei giochi - forse la stessa cosa che direbbe l'obeso del Chad a proposito di ragazze.[6]

La società del "produci-consuma-crepa" ha accentuato quei requisiti. Un adulto è condizione necessaria, ma - a meno di miracoli - non sufficiente. Occorrono mezzi materiali. Il mecenatismo non esiste più[7] perché i nuovi ricchi bramano di assecondare qualche vizietto, non qualcosa che elevi loro lo spirito o almeno il livello culturale.[8] L'educazione, cioè ē-dūcĕre, tirar fuori il meglio di ognuno, non esiste più: si riempiono secchi, si costruisce il mito dell'uomo di successo con macchinone, stipendione, e magari casone e femminone.[9] E quindi, alla fine della fiera, l'infanzia e l'adolescenza sono solo dei vuoti da riempire con attività e oggetti[10] in attesa che il pargolo faccia le sue esperienze e si tolga finalmente dalle balle andando a farsi stritolare nel "produci-consuma-crepa".

La crescita della povertà spirituale è sostenuta dalla crescita della povertà materiale, a sua volta sostenuta dallo spreco. La barbarie avanza a grandi (sempre più grandi) passi, sostenuta dall'impoverimento materiale, in quel circolo vizioso che ha il nome di decadenza.


1) Infatti c'è un piano morale di scelte personali "giuste", adeguate alle circostanze (circostanze in cui il "giusto" è ampiamente sub-ottimale), e un piano complessivo di scelte "indovinate" - giuste o apparentemente sbagliate sul piano morale ma ultimamente vantaggiose per la vita materiale e ancor più per quella spirituale a causa di bizzarre circostanze. È per questo motivo che di fronte al mondo occorre anzitutto il disincanto, occorre aver buona memoria (affinché gli errori passati non solo non vengano ripetuti in futuro ma siano sempre di lezione per il presente), e che per sostenere la vita morale occorre con urgenza una buona vita di fede (il solo "ingrediente" che può darvi senso non pateticamente kantiano). La claque ciellina che ieri ha tanto applaudito Draghi è uno di quei casi cringe che mi fanno sentir fiero di essere rimasto a casa anche per questo Meeting di Rimini. "Privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza" disse colui che impose la deflazione salariale all'Italia. Ma i neo-ciellini, diversamente dai ciellini della vecchia guardia, hanno la memoria corta e l'applauso facile. Carità uguale galateo, no?

2) La presenza dell'adulto è necessaria perché il buonsenso non si può comprare - ed è il motivo per cui esistono tanti figli degeneri di riccastri che si sono illusi di comprarlo assumendo il più titolato tutor sul mercato.

3) Viviamo in una società di poveracci. Un mio compagno di classe poteva permettersi di studiare piano perché oltre al climatizzatore aveva anche un'ampia stanza libera per il pianoforte (strumento musicale notoriamente non alla portata del ceto medio-basso) in una villa isolata (niente vicinato, niente ore di silenzio da rispettare).

4) In una società a misura d'uomo, il padre riesce ad essere presente ed anche con un minimo sindacale di risorse da investire sui figli. In una società schiavista, è già tanto che il padre riesca a spanarsi il sedere per garantire la sussistenza e a non far tracimare sulla famiglia lo stress accumulato.

5) Leggo che a Firenze, dai tempi di Dante ad oggi, c'è in tutto una dozzina di famiglie (diciamo casati) che si è sempre trasmessa le grosse proprietà nonostante la frequenza di figliuoli prodighi. Nel senso che lungo i secoli i ricchi son rimasti ricchi, i poveri e il ceto medio hanno al massimo avuto qualche vicendevole scambio di posizioni.

6) Quando vivi di rendita trovi automaticamente moglie, ma per tutta la vita - o fino allo statisticamente probabile divorzio - ti resterà il dubbio sui suoi veri sentimenti per te.

7) Un cinese compra una grossa villa nel nord Italia. Durante i lavori affiora un pavimento mosaicato di origine romana. Il cinese, con la sua mentalità secondo cui "ciò che è antico è vecchio", comanda di coprirlo a secchiate di malta, e gli operai desolatamente eseguono. Questa mentalità da barbari senza storia è anche qui. La mammetta spende fior di quattrini per la collezione di Pokemon al bimbetto viziato. Poco più di un anno dopo il bimbetto, ormai dodicenne, ha già dimenticato i Pokemon. La mammetta gli chiede, timorosa, se ci gioca ancora. "No". Allora li butto via? "Ma sì". Mai giocati, solo lì un anno e mezzo a prendere polvere. La mammetta si giustifica con me: sai, ho assecondato un suo desiderio, e poi quando non desiderava più ho fatto pulizie, almeno non gli resta il trauma di non aver avuto da piccolo ciò che desiderava. I nuovi barbari verticali - tra cui i cinesi naturalizzati italiani, e i giovani italiani figli di italiani - crescono nell'abbondanza degli sfizi, nel disprezzo del passato, e nella carenza di un padre, di un adulto da seguire, di una passione da ereditare (da non confondersi con la moda del momento dei compagni di classe).

8) Scenetta tipica. Impari il giapponese? Allora hai la yellow fever, sei un weaboo. Ma come, sei uscito con una cicciona? Allora non hai più la yellow fever? Ma allora perché sprechi tempo ad imparare qualcosa che non è strumentale ad assecondare gli istinti più belluini? Ti piace perdere tempo? Impari il turco, il russo, il greco antico? Ma se non serve a niente! Forse il russo può servirti a rimorchiare qualche ragazza, ma dove le vedi tutte 'ste russe in questa landa brulla e desolata?

9) Merce cinese, femminone di seconda mano e assurdamente propense al divorzio, remunerazioni "grosse" per modo di dire e comunque tali solo finché non arriva la Guardia di Finanza, più il sostanziale e irrecuperabile blocco degli ascensori sociali… Decadentismo terminale di fine Impero.

10) I bambini vengono diseducati con eccesso di gratificazioni e scarsità di punizioni. Questo aberrante sbilanciamento li rende drogati di stimoli. Non riescono ad appassionarsi perché anche lo stimolo più accattivante ed intelligente è percepito sullo stesso piano di tutti gli altri. Il loro perdere spropositate ore su Brawlhalla, Roblox e cagate che fra pochi anni nessuno ricorderà più è dovuto non ad un appassionarsi, ma all'animalesco istinto di conformarsi al branco.

martedì 18 agosto 2020

Personaggi e persone

Sversare online le piccole cose belle (e meno belle) che vivevo o di cui venivo a conoscenza era passato da piacevole diversivo a valvola di sfogo. Parlare ad una platea immaginaria è sterile, ma scrivere un blog - con una platea non immaginaria, ma distante nello spazio e talvolta anche nel tempo - fa effettivamente crescere, anche se trattata solo come valvola di sfogo. Mettere in ordine le parole significa far spazio nella testa. Come a casa, mettere ordine significa talvolta occupare più spazio ma anche possedere di più le cose appena riordinate.[1]

Una delle domande più fastidiose ricevute in diverse occasioni in questi anni di blog è "chi sei?". A leggere Tolstoj non viene una simile domanda. Nemmeno a leggere l'autobiografia scientifica di Einstein. O di Woody Allen. Di loro sappiamo già quel che ci interessa sapere, di loro possiamo aggiungere conoscenza culturale, ma nulla di umano.[2] Invece, quando mi chiedono chi sono, è perché sono vivo. Sono vivo come Woody Allen, ma non sono un prodotto. Quando Allen scrive di sé sta pensandoti come cliente, non come amico. Lui (o meglio, il suo ghostwriter) sta calibrando le parole in funzione del successo di pubblico e critica, non in funzione di ciò che ritiene vero per sé e per gli altri. Ed anche a me è capitato di conoscere qualcuno solo on-line, e di ritenere entusiasmante - sebbene quasi sempre irrealizzabile - il conoscerli anche di persona.[3]

Come costoro anch'io sono allergico al far sapere chi sono.[4] La mia persona e il mio nome non aggiungono nulla a ciò che ho scritto qua e là nell'internet, potrebbero al massimo meravigliare - e non molto in positivo - i miei amici.[5] È come quando desiderano ascoltare il personaggio ma non la persona e si illudono che la persona completerebbe in grande stile il personaggio.[6]

In un consesso on-line, tempo fa, sono stato sgamato. Più volte, visto che mi iscrivevo con nuovi nomi, cambiavo stile di scrittura e argomenti preferiti, cambiavo posizioni politiche, ma su certi punti - quelli che toccano il profondo della mia fede - non riuscivo proprio a fingere. Fui sgamato da uno di quei soggetti che fanno dell'odio una ragione di vita, uno di quelli che a prima vista sembrano civili ma che a conoscerlo a poco a poco scopri che vivono per odiare, ossessionati dal "chi devo odiare oggi" ma in maniera elegante e forbita, con un'attenzione maniacale ai particolari e una suscettibilità da strumenti di precisione. Mi sgamò per un paio di battutine insignificanti, un blando beffarsi di un paio dei suoi più rinomati idoli. Non sapevo che sarei stato un Fantozzi che facendo il tiro al piattello fa esplodere una nave con una fucilata, contavo - come sempre - sul fatto che non tutti leggono tra le righe, non tutti stanno ad analizzare ogni tua mossa, non tutti scavano nei tuoi interventi passati a cercare il pelo nell'uovo. Contavo insomma sulla distrazione conseguente al "c'è troppo da leggere oggi".[7]

Ho detto sgamato perché il soggetto ha capito bene che avevo cambiato nom de plume più volte e che stavo per cambiare di nuovo.[8] Mai sottovalutare lo zelo di chi ha le fiamme infernali che gli sprizzano dagli occhi e dalle orecchie, specialmente se una battutina, in modo involontario, centra perfettamente il bersaglio con effetti più devastanti del gridare che il re è nudo. Mi toccò dunque abbandonare per un bel pezzo quello spazio on-line, immaginando - magra consolazione - il rosicamento del soggetto che probabilmente avrebbe voluto suonarmele per bene (e alquanto a lungo, e senza freno alla crudeltà) e magari anche offrirmi una birra a mo' di onore delle armi per essere stato tra i pochi a farlo infuriare così tanto. Se sapesse che abitiamo a neanche quindici chilometri di distanza in questa landa brulla e desolata e che forse abbiamo anche un parente comune…

Insomma, ci sono almeno due buone categorie di motivi per conservare il proprio flebile anonimato nell'internet. Non me ne vogliano coloro a cui ho risposto senza firmarmi col nome. Le persone passano, i personaggi rischiano di sopravvivere loro.


1) Dovendo in queste settimane affrontare l'hoarding altrui con più calma di uno scacchista, di spazi apparentemente persi ma riconquistati ne so qualcosa.

2) Salvo clamorosi successi ciellini nelle mostre dei Meeting degli anni passati, con notevole dispendio di risorse mentali e qualche colpetto di fortuna.

3) Roberto - uno di questi - è muto da un mese, temo seriamente per motivi di salute.

4) Inutile tirarmi sardoni, non risponderò. Ho una pagina blog che lo spiega, programmata in pubblicazione fra un annetto, scadenza che ogni tanto prorogo. Così, quando non sarò più in grado di scrivere qui, comparirà la pagina conclusiva.

5) C'è anche il fatto che le pagine di questo blog restano come "bozza" per molto tempo - alcune sono ferme da parecchi anni perché non mi convincono, non trovo un finale, o le trovo ancora carenti - prima di venir pubblicate. Non ho alcuna fretta. Del resto non posso permettermi di aggiungere correzioni e rincorrere i lettori per dire: ehi, ho corretto la svista, ho aggiustato la forma, torneresti a rileggere la pagina?

6) Ho già braggato riguardo un caso vagamente attinente.

7) In questa triste epoca di youtuber è diventato impossibile. È un prezzo altissimo, quello pagato dai fanatici dell'esprimersi in video (cioè dai pigroni che preferiscono fare un video di quattro minuti invece di scrivere una pagina blog di due righe): il non poter cambiare personaggio e il dover sperare che il proprio cringe finisca tutto nell'oblìo nel momento della cancellazione del canale. Vale anche per tiktok e affini.

8) Per rendere più difficile il compito ai miei inseguitori, imparavo dagli altri. Facevo mie espressioni altrui - gergali, idiomatiche, politiche, fissazioni, risposte già date a quesiti a cui intendevo rispondere io - in onore del volkoffiano "non ti darò informazioni false ma consentirò che me le rubi".