domenica 17 agosto 2014

Vita coi nonni

Stare a casa dei nonni per più di un paio d'ore è un problema. Sistematicamente, ogni volta che mi avvicino al bagno, uno di loro due ha un'urgenza urgente urgentissima. Stare lì un'intera giornata è un grosso problema. Stare due o tre giorni è un enorme problema. Così, ho sviluppato una speciale serie di tattiche per andare in bagno senza farmi notare. Solo che non funziona bene nessuna. Quando sto in bagno, c'è sempre un momento in cui odo il caratteristico spàsh-spàsh delle pantofole del nonno che si avvia a bussare alla porta del bagno, sorprendendomi che abbia lasciato in solitudine il televisore, sia pure durante la pubblicità.

Il nonno, forte del suo status di persona anziana e ammalata, esibisce i tipici capricci dei bambini. Come il mangiare rumorosamente a bocca aperta con un fastidiosissimo ciòmp-ciòmp (riesce a sgranocchiare perfino il brodo). Forte del fatto di essere stato ampiamente sgridato dai miei e dagli stessi nonni per un rumore dieci volte inferiore quando ero bambino, un paio di volte gliel'ho fatto notare. Se l'è presa a male ma il rumore è terminato immediatamente (anche nei giorni successivi, almeno finché ero presente). Sul momento in cui mi è sfuggita la lamentela ho provato perfino rimorso, rendendomi conto solo successivamente che il farglielo notare è stato qualcosa di positivo perché è stato un freno al lasciarsi andare.

I nonni passano le giornate in adorazione davanti al televisore, interrompendo solo per andare al bagno e per dormire, distratti al più da una visita di un parente. È una vita triste l'aspettare senza avere ben chiaro cosa si aspetta. I figli hanno preso la loro strada, qualche nipote (cioè solo il sottoscritto) viene incaricato di piccoli servizi da loro (cioè tener loro compagnia), della Chiesa non gliene importa niente (ma ci sono dieci santini di padre Pio sparsi per casa: questa sì che è fede, ragazzi!) e di quando in quando si lamentano dell'incessante pioggia di tasse e balzelli che continua a vandalizzare quel poco che avevano messo da parte in una vita di stenti.

Due nonni con tre televisori in casa. Uno in cucina, uno nel soggiorno, e un altro nell'altro angolo del soggiorno. Una media di uno e mezzo a testa. Ci sono da spostare alcuni mobili: il nonno comincia a pretendere un televisore in camera da letto (la nonna dorme in soggiorno e il televisore davanti al letto ce lo ha già). Ho fortunosamente rinviato il problema. Ci manca solo che il nonno provi l'ambitissima estasi del rimanere giornate intere a letto davanti al televisore. Ci manca solo che il suo ultimo sospiro sia accompagnato dalla pubblicità del dentifricio. I drammi della vita sono questi: vedi i nonni spegnersi, e il loro unico tabernacolo è il televisore, e ti tocca giocare la carta del nipote pigro e perdigiorno pur di non assecondare il desiderio di avere il televisore in camera da letto.

sabato 16 agosto 2014

Tabernacoli moderni

“Stanno facendo insegnare a tutti il digitale”, mi disse con un po' di entusiasmo il nonno mentre nel televisore scorrevano immagini di panciuti anziani in giacca e cravatta che fingevano di seguire attentamente una lezione. Per un attimo osservai il nonno e pensai con orrore alla possibilità che le sue ultime parole in vita potessero essere proprio come quelle. “Il digitale”, perbacco, “insegnare a tutti”, per giove!

La vita del nonno si va lentamente spegnendo. Mangiare, dormire, guardare la tv tutto il giorno, che è diventata di fatto il suo tabernacolo. Gli eventi che per un attimo lo svegliano dal torpore sono insignificanti come quella conferenza su qualcosa di digitale ripresa dal telegiornale regionale, che mi ha commentato sorridendo. Un sorriso che è più un invito a fargli compagnia che la gioia per una conferenza sul “digitale”, digitale di non si sa che cosa.

L'ultima volta che sono stato da loro ho sentito il nonno lamentarsi che la sua vita non vale la pena essere vissuta. Forse lo diceva solo per attirare l'attenzione. Voglio sperare che l'abbia detto in un momento in cui si sia reso conto di cosa significhi donare le ultime ore della propria vita alla televisione.

Se avesse un po' di fede forse sarebbe tutto diverso. Ma ha vissuto per una vita intera senza mai esserne attirato. Ha visto il male che certi preti hanno fatto a me e alla mia famiglia. Sarebbe già una grande grazia se accettasse, anche solo per simpatia, di ricevere gli ultimi sacramenti (buona parte della grande grazia consiste nella decenza liturgica e umana del prete che si troverebbe ad amministrarglieli).

lunedì 11 agosto 2014

Tabernacoli

Si prepara una calda e stanca giornata di agosto. Sono le otto del mattino ed entro dai nonni. Il nonno è lì in cucina imbambolato a guardare un vecchio telefilm d'azione e sparatorie in cui i pur numerosissimi proiettili non colpiscono mai nessuno.

Con fatica gli devo ricordare che c'è da muoversi per le analisi. Senza staccare lo sguardo dal televisore mugugna qualcosa che dovrebbe significare “subito” e che invece serve a prendere tempo. Gli dispiace abbandonare quella visione beatifica proprio adesso. Lo schermo mostra una jeep che attraversa lentamente una strada sterrata, con due tizi in piedi nel cassone armati di fucile e con espressione truce. Sarebbero un ottimo bersaglio, ma loro stessi sanno di essere in un telefilm in cui nelle sparatorie non muore mai nessuno.

In tempi non sospetti san Pio da Pietrelcina lamentava che il «tabernacolo del demonio» stava entrando in tutte le case. Parlava del televisore, non di internet. La televisione è peggio di internet poiché si fruisce passivamente. Ci si mette lì in «adorazione» lasciandosi diluviare addosso la banalità, in perenne attesa di emozioni o di qualcosa di meglio. Il demonio, più che la cattiveria, è impegnato a promuovere la banalità. Che può assumere perfino i contorni innocenti del telefilm con la sparatoria con migliaia di pallottole e nessun morto, nemmeno un ferito, neppure di striscio. Distorcere la realtà, a lungo andare, è più grave che distribuire sudiciume.

Il nonno si avvia verso la fine dei suoi giorni cibandosi di televisione. Come ad esempio quei vecchi e stupidissimi telefilm trasmessi alle otto del mattino di uno sperduto giorno del mese di agosto. Si leva al mattino e accende il televisore. Lo spegne solo per il pisolino pomeridiano. Dopo diverse esitazioni finalmente riesce a spegnerlo di sera per andare a letto. Poi magari dopo mezz'ora che si rigira nel letto decide di non aver sonno: torna in cucina e riaccende il televisore, per una o due ore supplementari di «adorazione».

C'è gente finita nel calendario dei santi per molte meno ore di adorazione. Davanti ad un diverso tipo di «tabernacolo». Comincio a temere che quella razza si sia estinta. Lo temo da quando andai a far visita a quelle suore e scoprii che passavano la sera davanti al televisore. Chi sferruzzava, chi rammendava, chi sfogliava, ma tutte in presenza del televisore. Lo temo specialmente nelle sere d'estate quando vado alla stazione e passando davanti al convento di un altro ordine di suore intravedo l'inequivocabile luce blu che traspare dalla finestra che dà sulla strada.