venerdì 21 ottobre 2022

Liturgie di devoti undicenni

Le mie presenze al McDonald's si contavano sulle dita di una mano monca (e tutte in compagnia di qualcuno e avendo fretta di metter qualcosa sotto i denti prima di ripartire). Qualche sera fa però ci sono tornato per accompagnare degli amici, il figlio undicenne di uno dei quali esigeva perentoriamente l'esperienza mistica mcdonaldesca.

La prima cosa che colpisce è la lunga fila all'ingresso. Tutti di una certa fascia di età (molto più giovane della nostra). Tutti religiosamente in attesa del turno per entrare. Una fila ordinatissima e silenziosa, di quelle che si vedevano solo al Meeting di Rimini, no, agli Esercizi della Fraternità.

Il momento sacramentale è quello di ordinare. Il ragazzino ha provveduto per tutti noi. Aveva una sconvolgente dimestichezza con quel touchscreen troneggiante così alto e luminoso, tale da farmi riflettere su quante volte avesse visto eseguire quelle ditate, e quante altre volte avesse provveduto lui stesso. Scegli, togli, ripensa, aggiungi, rimetti, clicca qui, codice, correggi, offerta, conferma, segnalino, pagamento. Mi sono sinceramente chiesto cosa sarebbe stato il ragazzino se un quarto di quell'entusiasmo, di quell'esperienza, di quella conoscenza, fossero state dedicate al Santissimo Sacramento.

Nell'esatto ultimo momento dell'ultima ditata - quella del selezionare il pagamento -, come risvegliandosi all'improvviso da un sogno, scatta indietro a comandare a suo padre di inserire la carta di credito. La magica carta che fa magicamente mangiare. Tutte le pietanze erano rigorosamente descritte da numeretti (i prezzi in euro). Togliendo un ingrediente, il prezzo non cambiava: e allora rimetticelo il doppio bacon nel mio BBQ, va'. E il ragazzino, in preda a delirante entusiasmo, mostra la sua bravura nel selezionare, modificare, aggiungere, confermare, lietissimo di ottemperare a questa richiesta di conformarsi ancor più alle divine virtù di Colui che Ordina sul Taccio Scrinno del Mecco Donaldo. Chissà quante volte avrà implorato gli amichetti di consentirgli di essere al centro dell'attenzione, di essere l'Ordinante Diteggiatore, soccombendo alle piccole prepotenze degli altri che si ritenevano più degni, che erano più esperti, che magari era già tanto che gli avessero consentito di diteggiare il suo. Ma ora, in mezzo a degli adulti -perbacco!-, che addirittura gli chiedono di modificare una voce dell'ordine, è un sublime momento sacro di mistico fulgore! Vorrebbe che i compagni fossero presenti a vederlo mentre modifica un ordine su esplicita richiesta di un adulto! Che apoteosi.

Segue quindi il sacro momento conviviale. Il ragazzino apre con un po' di indifferenza la sua scatolotta debitamente decorata dei santi in vigore, cioè gli animali domestici di Batman e Wonder Woman, rigorosamente diversity (impossibile che i supereroi abbiano tutti un cane non abbastanza nero), con porzioni edibili talmente piccole che a vederle da sazi sarebbe tornata la fame per solidarietà. Uno dei presenti consuma la sua insalatina, con una microporzione di olio (“15ml”, dice la scritta sulla bottiglina morbidina formato bambolina). Una dei presenti consuma solo parzialmente la sua porzioncina di McNuggets. Il ragazzino tenta il suo show - quello che gli amici non gli avrebbero tanto facilmente consentito - raccontando robe a caso e battutacce bambinesche da undicenne che vuol sembrare adulto navigato. La dose di attenzione che ottiene non è proprio quella desiderata, ma tant'è, meglio di niente, che l'indomani si torna col branco dei coetanei, e lì sarà di nuovo dura ritagliarsi il suo momentino di gloria. Qualcuno degli adulti butta lì incautamente qualche argomento di conversazione da adulti annoiati, cioè fidanzamenti ed “ex”, rovinando quella già scarsa dose di attenzione.

Fuori è un freddo boia ma c'è gente - sempre di quella succitata fascia di età - che con religiosa compostezza procede al sacro pasto.

Una delle addette aveva un braccio abbondantemente tatuato che per una combinazione surreale di circostanze è stato per un attimo teso trasversalmente a pochi centimetri dai miei occhi. Lavoratori umani ubbidiscono roboticamente agli ordini del computer, ordini compilati con ascetica devozione da inebriati contemplatori del touchscreen. Il computer provvederà certamente a misurare l'efficienza e la precisione degli umani nell'eseguire gli ordini. Mentre la tatuata mollava i vassoi il suo commissario politico supervisore (più giovane di lei) chiedeva distrattamente se fosse tutto a posto. Nessuno risponde. Più per imbarazzo che per necessità, gli porgo il lungo sacro scontrino chiedendogli cortesemente di controllare. Passano quattro lunghi secondi, e il supervisore afferma che mancano i nuggets. L'addetta tatuata si sposta subito verso i robot umani dall'altro lato, tornando trionfante con una scatolina extra.

Viene infine il momento di alzarsi. Nessuno vuole alzarsi per primo, sarebbe come un dire che si è pregato abbastanza, nessuno vuol passare per quello poco devoto. Così mi alzo io, con la scusa di riporre negli appositi raccoglitori le bottiglie di plastica vuote. Non posso fare a meno di notare che la quantità di cibo è proporzionalmente simile a quella di carta, plastica e incarti. Il ragazzino è già stufo da un pezzo di star lì, vorrebbe qualche altro intrattenimento, la compagnia degli adulti gli è stata prevedibilmente noiosa. Ah, se ci fosse il branco! Ah, se lo avessero visto mentre si destreggiava a ordinare!

Son felice di non appartenere a quella religione.

giovedì 18 agosto 2022

Here come the tears

Quelle cose che più ti colpiscono[1] ti vien spesso voglia di recensirle di nuovo,[2] anche se lo avevi già fatto quindici anni fa. E quando eri pronto a rimetter mano a una recensione scopri che sotto il video uno dei commenti più gettonati dice: lo comprai che ero sedicenne, nel 1977, ed ancor oggi a sessant'anni piango ancora nel riascoltarlo, l'amore non è mai giunto, giusto?

Sembrerebbe che il sessantenne ancora non abbia capito perché c'è quel tuono verso la fine della canzone. È quel tuono che impedisce una lettura triste e senza speranza.[3] Quel tuono che rappresenta alla perfezione un ego che viene finalmente scalfito,[4] il momento esatto in cui il cuore si apre ad una possibilità che prima si ostinava a voler ignorare.

Sarà che ho letto e riletto con entusiasmo le novelle della Flannery O'Connor[5] da capire che le occasioni di grazia - a cominciare dall'aprire finalmente gli occhi sulla propria vita - sono tanto rocambolesche quanto ineleganti. E avvengono nei modi e momenti in cui meno le si aspetta, anche se si stava “aspettando” con decisione ed attenzione. E che creano un bivio ineludibile in cui occorre usare tutta la propria volontà per decidere quale delle due direzioni prendere.


1) Una prece per quei poveri cattolici che credono di trovare argomenti di meditazione e di sapienza tra le patetiche pagine di un Camus o di un Baricco (e consolazione e serenità tra le mani di psicologi e terapeuti) solo perché al pretame modernista piace mettere il rossetto al maiale, riuscendo con diabolica efficienza a far meglio di tutti i precedenti nemici della Chiesa. E pensare che è già un miracolo che nomi come Dobraczyński, Benson, Lewis, Chesterton, non siano stati frettolosamente dimenticati (ma è stato per lo più grazie a gente di CL).

2) Un artista è tale suo malgrado, ché i talenti van coltivati per non farli morire (ma non si possono far nascere). E potrebbe aver poco da dire, ed averlo già detto tutto nei primissimi anni della sua carriera - come questi Judas Priest, o come il canto mariano dei Sisters of Mercy - quando ancora non si poneva il problema di trasformare il talento in una rendita mensile.

3) Molte grandi opere offrono involontariamente una lettura superficiale diversa da quella che si scopre dopo un attimo di onesta riflessione. Posso presumere che chi vive la solitudine sia tentato di interpretare quel “come” come imperativo (“ecco, vengano le lacrime”) anziché una posposizione del soggetto (“vengono giù lacrime”) e di interpretare il tuono come un espediente per drammatizzare. Ma quel maschio e inevitabile tuono arriva dopo un intenso crescendo di here come the tears, quasi preannunciato, e non per creare sensazioni.

4) Anch'io scoprii da adolescente questa canzone ma già al secondo ascolto capii che c'era qualcosa di molto più grande di un lamento dovuto ai furiosi morsi della solitudine. Non sarò stato il solo a comprenderlo. Ma forse per capire che non è un banale lamento di un vecchio lupo solitario è necessario ammettere almeno implicitamente l'esistenza di quella cosa che i cattolici chiamano “divina grazia”.

5) L'arte della O'Connor sta nello spiegare ad un pubblico protestante e ignorante i princìpi di funzionamento della divina grazia. In quei racconti truci che non fanno economia di violenza da provincialotti, ad immergercisi si finisce per capire - spesso con disgusto e sdegno, quanto basta per ricordarseli per bene anche a distanza di molti anni - la propria fuga dalla realtà e il tentativo di schivare quell'inevitabile bivio. Solo una delle novelle ha una protagonista cattolica; la O'Connor detestava a morte le storielle melense e tutte uguali in voga all'epoca nell'imborghesita Chiesa locale, indistinguibili dalle fiction laiciste tranne per l'introduzione un po' forzosa di elementi chiesastici. Al punto da commentare l'ipotesi di un romanzo ambientato in un seminario, che anche con le migliori intenzioni l'unico effetto sarebbe stato quello di far perdere la fede ai lettori. In tempi preconciliari (cioè non sospetti) aveva già capito che la fede cattolica popolare stava venendo tragicamente ridotta ad un grazioso elenco di cose da dire e di cose da fare, un manierismo ad indignazione preconfezionata utile solo come entertainment per cattoliconi da salotto.

giovedì 21 luglio 2022

Procede spedita la creazione della claque (CL+AC)

La lettera di Farrell del 10 giugno 2022 dà una tale strigliata al movimento[1] che Prosperi l'ha dovuta introdurre insistendo sul fatto che la potatura porta frutto e le prese di posizione no.[2] È come uno che ha un cappio al collo[3] e invita i muscoli a non dimenarsi per non far stringere il nodo e per non far notare che si tratta comunque di una condanna per impiccagione.[4]

La crisi del movimento è iniziata con la sua istituzionalizzazione. Non fingiamo di cadere dal pero. Il nostro momento più alto fu il disprezzo con cui il cardinal Colombo ci scaricò dicendo che eravamo un'entità autonoma e separata dall'Azione Cattolica. Erano i primissimi anni Settanta, i tempi in cui potevamo essere fedeli al Papa e ai vescovi senza pagare il pesante obolo del far claque agli eventi ecclesiali e parrocchiali. Erano i tempi in cui potevamo parlare delle traduzioni eretiche del Credo e del Pater Noster senza sollevare dall'indifferenza neppure un sopracciglio curiale.[5] Erano tempi in cui nemmeno i più blasonati clericali trovavano tempo di esaminarci a caccia del pelo nell'uovo, bastando loro giudizi tranchant ripetuti acriticamente dai giornaletti comunisti.[6]

Poi venne il riconoscimento ecclesiastico. Prima alla Fraternità, nel 1982, e poi pezzetto dopo pezzetto - e non senza sudate fredde, scherzi da prete e ostacoli da burocrazia sovietica - alle altre realtà collegate. Cominciò, con quello, l'indiscutibile declino. All'inizio addirittura gradevole, come la percezione di un po' di pianura dopo che hai affrontato continue salite. Avremmo ancora vissuto a lungo l'ostinata e irragionevole ostilità della gerarchia ma almeno avevamo un nome, il clero non poteva più considerare illegale la nostra esistenza. Ci parve addirittura di averlo desiderato, il riconoscimento, come se l'esperienza cristiana abbisognasse tassativamente di un timbro curiale in carta bollata.[7] In effetti ci fu un moltiplicarsi di carte bollate, di piccole burocrazie - implicite ed esplicite -, di capi e capetti, di “chi è amico di chi”, di ciellini d'allevamento[8] e ciellini di serie B[9] e serie C loro malgrado, di gente che campava di rendita di posizione e di capetti locali impegnatissimi ai quali era così complicato chiedere un'udienza di cinque minuti o una semplice telefonata,[10] ma che trovavano intere giornate libere per incontrare una qualche “persona interessante”[11] che poi ci veniva proposta come novello maestro (e magari non era nemmeno cristiano, ancor meno interessato all'esperienza del movimento, e che in fin dei conti serviva solo come soggetto da applaudire per perorare qualche strano interesse personale di qualche nobile ciellino di rango medio-alto).[12] Soprattutto, fu un continuo rimproverarci di moderare i termini mentre fino a poco prima era un continuo precisare i termini: eravamo passati dal chiamare le cose col loro nome[13] al dover castrare i nostri discorsi per non urtare le suscettibilissime sensibilità altrui, specie quelle di spettatori immaginari.

Una ventina d'anni fa si poteva ancora vivere il movimento pur standone ai margini,[14] fuori dalla sua corrente mainstream e senza gettar manate d'incenso agli idoli del politicamente corretto, prendendo sul serio nei piccoli gruppetti[15] la scuola di comunità - che già all'epoca, almeno in queste lande brulle e desolate, negli incontri ufficiali sembrava già ridotta a una sconnessa ripetizione di espressioni udite “a Milano” dai grandi capi. Si poteva ancora andare al Meeting e agli Esercizi e tornare a casa arcicontenti perché ogni centesimo speso aveva dato frutto. I Memores erano ancora in costante crescita pur di fronte alle prime sbavature[16] che non promettevano nulla di buono.[17] Don Giussani, sempre più malmesso in salute[18], si era premunito contro eventuali lotte per la successione, scegliendo informalmente il don Carrón. Quando don Giussani venne a mancare nel 2005, salì al trono il Carrón, con la regolare votazione segreta che registrò tutti voti per lui tranne un astenuto (il suo). All'inizio sembrò persino un bene. Ma a lungo andare la situazione degenerò in carronismo e che - comica ironia del destino! - viene criticato dalla lettera del Farrell e dalle affermazioni di papa Bergoglio: la convinzione che il carisma sia ereditario,[19] cioè - indiretta ma inevitabile conseguenza - che i movimenti siano entità autonome indipendentemente dai propri contenuti e che perciò dovrebbero rapportarsi alla Santa Sede come in una federazione di club.[20]

“Un carisma sorgivo”, ci potevamo dire a suo tempo senza temere un esercito di curiali mobilitato a cercare il pelo nell'uovo. Ma pur essendo ancora vero che quel carisma non è riducibile a una rielaborazione di contenuti e tanto meno ad uno scettro che ci si passa di capo in capo, è qualcosa che oggi non si può più ricordare in pubblico, perché a negarlo nei fatti è stata quell'attitudine che qui amo chiamare carronismo, col suffisso -ismo che indica le ideologie. Scelto dal don Giussani per custodire e far crescere quanto già seminato, si è invece fatto strada come interprete assoluto prima e (involontaria? imprevedibile? naturale?) giustificazione di giussanologi e cielloti poi, cioè delle due riduzioni tipiche del movimento a circolino culturale e attivismo sociale.[21] Ciellini e Memores dell'ultima ora sembrano non avere gli anticorpi intellettuali necessari a capirne le conseguenze. Cioè ripetono anche con professorale destrezza ogni recente nota della diaconia centrale ma sembrano credere davvero che lo Scettro del Movimento sia tuttora abbastanza saldamente nelle sue mani,[22] come se fosse tutto lì il motivo per cui ai piani alti han deciso di snaturare, ridimensionare, e far fagocitare dall'AC il movimento.[23]

Occorreva pensare alla vita interna, alla crescita personale dei singoli, ma la combinazione di crescita numerica ed istituzionalizzazione ha indotto capi e capetti a traghettarci nella direzione opposta. Quelle stesse vacanzine, quelle scuole di comunità, quel darsi da fare insieme, è stato svuotato dall'interno: Cristo c'era a parole e solo convenzionalmente,[24] una volta ammannita la predica preconfezionata l'iniziativa era conclusa.[25] La Messa comunitaria diventava un prodotto artigianale prima e industriale poi, da catena di montaggio, in rispetto di standard ciellini curia-compatibili, e i nostri gesti pubblici tipici andavano castrati quanto basta per diventare indistinguibili dagli altri movimenti se non per il repertorio di canti da sciorinare.[26] Il Meeting cresceva in ampiezza ma diminuiva in contenuto. La nuova Cielle OGM a poco a poco sembra aver guadagnato davvero il beffardo destino che le hanno pianificato da tempo: finire a rimpolpare quello zombie altamente stagionato che è l'Azione Cattolica.


1) Più cerco di essere sintetico e più mi rendo conto che ciò che dico urta la sensibilità degli snowflakes ciellini e pertanto ogni affermazione richiede una mitragliata di chiarimenti preventivi. L'incapacità di riconoscere la crisi del movimento - o peggio il far finta di niente - sono la ricetta perfetta per l'eutanasia volontaria della Cielle OGM, ironicamente riassumibile in “cammina bene l'uomo che non sa dove andare”.

2) In qualità di ciellino mi aspetto che i vertici di Comunione e Liberazione abbiano maturato un giudizio anche su questioni contingenti, e che me lo comunichino e magari anche motivino, perché mi interessa parecchio sapere come la pensano coloro che guidano questa “compagnia guidata al destino”. E che se non lo hanno maturato, o se non lo ritengono importante, tacciano, senza menare il can per l'aia. L'essersi sempre presentati scodinzolanti alla gerarchia ecclesiale ha avuto l'inevitabile conseguenza di non poter più prendere posizione. Cioè i vertici del movimento hanno di fatto rinunciato ad essere voce autorevole sulle questioni importanti, trasmutando da realtà educativa a distribuzione di omelie. Per esempio, di fronte alla pandemenza covidiota, quando l'esimio cardinale beffardamente comandava di seguire la Messa in TV, poteva mai il movimento dare indicazioni diverse dopo aver srotolato tante sbavanti lingue al cardinale esimio?

3) Nonostante la proverbiale ubbidienza ciellina, l'impiccagione del movimento deve avvenire lentamente per evitare che anche soltanto quattro gatti dissidenti possano ricostruire qualcosa. Il clericalismo è spettacolarmente somigliante al più feroce stile sovietico, pronto a far vastissime distese di terra bruciata pur di mettere a disagio l'odiato nemico.

4) Da giovincello ho scoperto con dolore l'attitudine clericale a mazzolarti per il solo fatto di non essere utile alle loro piccole manovrine di politica ecclesiale del momento. Era già tanto quando si limitavano a pestare nuora affinché suocera intendesse. Ma pestavano, e pestavano sodo - in senso spirituale e psicologico, s'intende - e, kafkianamente, senza mai spiegarti il motivo o l'alternativa, se non in modo fumoso e ipocrita. Smisi perciò di dare una mano in parrocchia, aspettando il momento (ancora non arrivato) in cui avrei potuto ricominciare senza subire lo stesso trattamento. Ma i parroci mi detestarono comunque. L'unico ciellino della parrocchia non riuscirà mai a scollarsi tale marchio d'infamia. E ora vediamo i vertici del movimento assaporare lo stesso trattamento: mazzolati perché il movimento esiste. Non raccontiamoci balle: qualche problema oggettivo il movimento ce l'ha ma lo scopo ultimo dei nostri persecutori è di appiattirlo al punto da renderlo indistinguibile dall'insipida e disturbante Azione Cattolica. E magari ai vertici di CL, dimentichi di quello che era stato il movimento a suo tempo, hanno giurato pronta collaborazione al progetto.

5) Dai comunisti ci beccavamo molotov e pallottole ma è perché non sanno perdere, specialmente alle elezioni.

6) Le accuse di eccentricità non ci mancarono, qualche monsignorino più isterico si spinse perfino a dire che eravamo eretici. Ma erano giudizi sommari, campati per aria o al più sulle affermazioni di qualche baldanzoso e ingenuo ragazzetto: “credo solo nella mia esperienza”, e per gente abituata a sommergerti di chiacchiere - e a considerarle infinitamente superiori a qualsiasi tua esperienza - quello era il peggiore degli insulti.

7) Crea non poco dolore l'aver visto il movimento arrancare, zigzagare o addirittura indietreggiare, di fronte ai temi difficili di questi ultimi anni. Se ai piani alti erano stati capaci di professare un bergoglismo di maniera - “premiato” con la suddetta lettera del 10 giugno, e sono assolutamente certo che il cappio continuerà a stringersi senza pietà -, non potevamo certo aspettarci un giudizio sereno e chiaro riguardo alla pandemenza e al suo magico olio di serpente multidose, e all'operazione speciale in Ucraina. L'editoriale di giugno è l'ennesimo esempio di questo sentimentalismo cerchiobottistico da sinodo diocesano che cerca di tenere un piede in due scarpe tirando in ballo lo stupore dello sguardo da cui rinascono le cose della vita. Come se fosse più importante tenersi buoni i lettori anti-russi che dare un giudizio non allineato alla martellante propaganda televisiva.

8) Il ciellino d'allevamento è quella particolare specie di soggetto figlio di ciellini, nipote di ciellini, amico di ciellini che a loro volta sono figli di ciellini. La leggenda che siano soggetti con diritto di prelazione su posti di lavoro, borse di studio e altri privilegi si scontra con la realtà di problemucci personali - dal semplice spirito di ribellione allo stress di genitori iperattivi nel movimento. Quel che posso invidiare loro è l'accesso privilegiato ai pezzi grossi della Cielle senza doverli inseguire come un Wyle E. Coyote con Beep Beep.

9) In tutti gli ambienti sociali c'è gente che per circostanze privilegiate come ad esempio una rendita di posizione (abitare vicini ai capetti locali), riesce a stare in contatto con “quelli che contano” e a non stare mai out of the loop, laddove la maggioranza si affatica a fare altrettanto (come ad esempio un'ora di treno per andare alla scuola di comunità). Persino nell'epoca dell'internet e dei cellulari si innesca il circolo vizioso dell'acquisir punteggio nell'immaginaria classifica di chi “vive di più il movimento” (cioè vi investe molto più tempo dell'ordinario: può permettersi due ore di treno per un'ora di scuola di comunità). Così va a finire che soggetti di convinzioni eccentriche (e tutt'altro che cattoliche) permangono fastidiosamente nell'orbita dell'attenzione di capi e capetti, i “nuovi entrati” capiscono subito che c'è una cerchia di privilegiati, una serie B di gente ai margini che tenta di assorbire quel che di buono c'è e una serie C di manovalanza usa e getta. In altri tempi, quando leggevamo su Tracce espressioni come “una grande amicizia”, pensavamo che stesse parlando di noi fortunati di Serie B o C anziché degli altolocati di Serie A.

10) L'imborghesimento dei cattolici comincia sempre con l'incapacità di compiere gesti di carità alle persone “vicine” per occuparsi sempre di persone molto “lontane”. I bimbi del terzo mondo - cioè le loro artificiose foto con le facce sorridenti o sofferenti - che valgono più dell'amico che ha bisogno di cinque minuti di telefonata.

11) A furia di invitare al Meeting di Rimini tali “persone interessanti”, lo trasformarono esattamente nella caricatura che ne avevano fatto sempre i telegiornali di regime: una passerella estiva per politici e imprenditori, con applauso garantito e proporzionale al pezzo grosso di CL in cattedra a fare da moderatore e da richiamo.

12) Il mio continuo puntare l'attenzione sul piano “orizzontale” del movimento (dinamiche interne, rapporti con la gerarchia…) dà per scontata la necessità del piano “verticale” (la vita di fede e i sacramenti). Quando il primo è tale da non facilitare largamente il secondo, diventa un club, un associazionismo, un darsi da fare. Per questo don Giussani diceva che se la scuola di comunità non ti cambia, è inutile.

13) Per chiamare le cose col loro nome finimmo, seguendo fedelmente don Giussani, a maturare tutto un “gergo ciellino” completamente sganciato dal parolame chiesastico di ieri e di oggi.

14) Parlare del movimento dei tempi che furono sembrerebbe un po' come parlare di una ex che ti mollò senza motivo: ci vogliono anni prima di fartene una ragione e molti più anni prima di considerarla un argomento che non ti interessa più. Con la differenza che non considero affatto morto ciò che incontrai a suo tempo e che il disprezzo ce l'ho solo per il takeover che ne è stato fatto con successo tale da aver spazzato via pure quella possibilità di “stare ai margini”.

15) Abbiamo macinato parecchi chilometri di strade sgangherate pur di incontrarci per una passeggiata in montagna e uno scambiarci poche ma densissime parole nei momenti belli e meno belli della nostra vita. Ai loro genitori e parenti non pareva vero vedere questi “amici” così affiatati, e veder presa sul serio la fede, come se la fede fosse davvero parte della vita quotidiana anziché un fardello sociale di cui fare a meno quando nessuno ti vede. Ciò che nella scuola di comunità “principale” raccontavano di aver sentito “da Milano”, noi lo avevamo già vissuto. Mentre in quest'ultima ci si interrogava pensosamente su complicati concetti astratti - con pancia piena e termosifoni accesi -, noialtri ci beccavamo freddo e pioggia e si discuteva in macchina dei novissimi e dei sacramenti.

16) Ricordo con amarezza un bel po' di ex Memores che ad un certo punto, senza apparente motivo, avevano mollato tutto di punto in bianco. Come per gli abbandoni della talare, i primi a stupirsene sono quelli della casa stessa e quelli che avrebbero scommesso sul fulgido e luccicante avvenire di quella vocazione. È facile iniziare, è difficile - anzi, impossibile - donarsi a Cristo se si è entrati senza davvero desiderarlo prima. Il problema dei Memores, da qualche anno a questa parte, è che occorre essere compatibili col bergoglismo, il che premia chi si dona al Dialogo anziché a Cristo. E chi si dona al Dialogo si stuferà anche di essere trattato come un re.

17) Uno dei casi più dolorosi riguardava l'attitudine a giocare al “figli e figliastri” con la vita altrui, che già di suo è una clamorosa mancanza di carità, aggravata - faccio un esempio che ancora fa male - dall'aver promosso a Memor un esperto venditore di chiacchiere nello stesso momento in cui si bocciava un altro aspirante solo per mantener bilanciati ridicoli equilibri di potere e di prestigio di capi e capetti.

18) Ogni sei mesi correva voce che il don Giussani stesse piuttosto male, e noialtri si pregava sempre il Signore che ce lo preservasse ancora a lungo, anche se ormai in pubblico e agli esercizi della Fraternità erano già molti anni che non s'era più visto. Era stato ordinato al sacerdozio con un bel po' di anticipo perché temevano che morisse prima dell'ordinazione. Erano altri tempi. I tempi in cui la Messa era considerata un bene così prezioso da decidere, senza che il candidato lo richiedesse, di ordinarlo prima: “se se ne va giovane, almeno se ne va dopo aver celebrato Messa”. Nostro Signore ce l'ha conservato molto più a lungo di quanto sperassero quelli che gli vollero bene e di quanto temessero quelli che già negli anni Quaranta lo consideravano peggio che fumo negli occhi.

19) Una convinzione così assurda come quella del “carisma ereditario” non nasce come un incendio estivo ma come un sedimentarsi lento e costante di un pozzo di petrolio a partire da residui di dinosauri. Il gran capo, a lungo andare stufatosi di gente che cerca di rosicchiare una propria nicchia di potere, a poco a poco comincia a pensare di essere lui l'unico vero ed esclusivo interprete del carisma del movimento, tanto più che è stato scelto in persona dal donGius. Ma il donGius non lo aveva certo scelto per dirci “il movimento è lui”.

20) La brama di potere di certi ecclesiastici riconosce subito come antagonista quella sottintesa brama di potere del movimentismo ecclesiale che segretamente pensa che la Chiesa sarebbe una specie di arbitrato di una federazione di club. Magari c'entra complottisticamente anche il fatto che in questi ultimi anni sono diventati emeriti (o meno legati al movimento) diversi vescovi provenienti dal movimento o molto amici del movimento.

21) Il problema fondamentale del darsi da fare è che se ne diventa irrimediabilmente schiavi perché oltre a sembrar disdicevole il tirarsi indietro in un qualsiasi momento, si finisce per misurare i propri risultati e illudersi che abbiano un qualche valore spirituale. Il giussanologo penserà sempre di non aver fatto abbastanza prediche. Il ciellota penserà sempre alla presentabilità dei risultati del suo attivismo.

22) Quando spiegavamo su Litterae Communionis certe eresie delle traduzioni in lingua parlata di certe preghiere eravamo ancora piuttosto invisibili alle curie. Che non avevano tempo di metter becco sulla nostra vita interna, sull'organizzazione, sullo Scettro del Potere. Ora invece che abbiamo i riflettori puntati addosso, come in ogni GULag che si rispetti - e quindi anche quello clericale - qualsiasi cosa faremo in ubbidienza sembrerà sempre insufficiente, il cappio al collo non parrà mai abbastanza stretto. È possibile che ai vertici del movimento ciò sia già chiaro, e forse anche che è troppo tardi per tentare di salvare il salvabile, e che dunque si tratti solo di proseguire la recita del “tutto va ben madama la marchesa” sperando di rimediare infine uno strapuntino nella nascenda claque (CL+AC=CLAC) dei futuri eventi ecclesiali. Come già disse una volta don Giussani nel 1981, dopo il fallimento del referendum contro l'aborto, “sarebbe bello ricominciare in dodici”. Il movimento in versione giussanologi-cielloti-carronisti non è riuscito a sopravvivere un paio di generazioni.

23) Anche nelle storie ufficiali del movimento si nota come il declino dell'Azione Cattolica sia curiosamente parallelo al sorgere di Comunione e Liberazione. L'AC non aveva più nulla da dire, se non psicologismi d'accatto e buonismi politically correct. CL, invece, andava ai fondamenti più elementari della fede ripulendo il campo dagli equivoci tipici - fideismo, buonismo, sentimentalismo. Da allora ad oggi le gerarchie hanno investito tempo e risorse considerevoli per tenere in piedi il malconcio rudere di AC e non fa alcuna meraviglia che fin dagli inizi del pontificato bergogliano si accarezzi troppo seriamente l'idea di rimpolpare l'AC facendole fagocitare la CL. Ché quest'ultima ha i numeri, ha ben collaudate capacità organizzative, ha capillare presenza pubblica, ha ranghi disciplinati in tutte le fasce di età (immaginate come si leccano i baffi budgettando gli adulti della CLAC per le manifestazioni, i giovani della CLAC, i ragazzi della CLRagazzi, gli studenti della CLAC, i lavoratori della CLAC), e si vanta di ubbidire alla gerarchia. Se cominciamo a dirci che dopotutto Graecia capta victores cepit, significa che ci siamo già arresi.

24) E sì che uno andava alle iniziative del movimento per nutrire la propria fede, e sì che nel suo piccolo ci riusciva nonostante tante di quelle iniziative fossero più un darsi da fare che un'esigenza personale di crescita di chi l'aveva organizzata e caldamente invitato a parteciparvi. Ma ad un certo punto ho ritenuto non più bilanciato il rapporto fra quanto mi costava di soldi tempo e pazienza e cosa ne avrei cavato di crescita personale al termine. Ricordo con commozione stupide e squinternate vacanzine, mini-pellegrinaggi, passeggiate, facendoli - anzitutto da chi le organizzava e guidava - con cuore grato e commosso, come se Cristo c'entrasse qualcosa. Ricordo poco o nulla delle ultime a cui ho partecipato, perché del fare qualcosa di “che bello tutti insieme” non resta a lungo termine grande nostalgia.

25) La fede dei singoli ha saputo trarre beneficio anche da quegli eventi del movimento trascinati con finto entusiasmo da capetti impegnati a contare il numeretto vantabile di partecipanti. Il problema dei capi e capetti del movimento, una volta avviatasi loro malgrado l'istituzionalizzazione, è che hanno smesso di ritenere che quell'esperienza cristiana serviva anzitutto a loro, ciascuno di loro, personalmente. Hanno smesso di ritenere di aver sempre qualcosa da apprendere, pur essendo “capi”, ed hanno sostituito la capacità di stupirsi con le espressioni preconfezionate: “ieri mi colpiva questo… quest'altro… il telegiornale…”: la versione laica-amatoriale del pretino di campagna che non ha idea di cosa predicare ma sa che deve far durare la predica almeno venti minuti.

26) Non esistendo una tessera d'iscrizione al movimento, è entrata e uscita gente assai variopinta. Finché avevano una guida e un riferimento il movimento restava compatto. Quando il carisma è stato ridotto a scettro nelle mani del Carrón (col sottinteso che il prossimo Grande Capo, ereditandolo, avrebbe cambiato di nuovo le carte in tavola) qualcuno - come me - ha cominciato a notare la differenza tra ciò che lo ha fatto crescere e ciò che gli viene chiesto adesso. Ha cominciato a capire di essere parte di un club anziché di un'esperienza. Ha cominciato a chiedersi: mi sto donando a Cristo, o alla bergoglionata del giorno che dai piani alti ci comandano di applaudire? Ne segue che la realizzazione della claque CLAC avrà tutt'altro che il successone che han messo a budget.

martedì 31 maggio 2022

I credenti ne Lascenzah

La comparsa dei meme è il diretto risultato del drammatico calo, nelle ultime generazioni,[1] della capacità di astrarre, del senso critico, e della soglia di attenzione. È come un'epidemia. È una versione cento volte peggiore di quel che don Giussani chiamava "effetto Chernobyl": i giovani sembrano sempre gli stessi, ma hanno una incredibile desolazione dentro. Solo che stavolta non sono più solo i giovani. Sono anche quei giovani - oggi non più tali - di cui si lamentò il donGiuss.[2]

Non si può più parlare: c'è sempre il cretino prontissimo a redarguirti severamente: recenti studi dicono che, uno studio in pre-print afferma che, certi scienziati hanno scoperto che, molti esperti son d'accordo che, uno studio del 2015 dice che, dei ricercatori di Harvard hanno scoperto che… Solo che non stanno parlando della scienza - quella capace di contraddire ciò che aveva affermato prima purché ci siano nuove evidenze, ma stanno parlando de lascenzah, quella spacciata per tale sui mass-media, quella dei titoloni dei giornali e dietro cui ci sono considerazioni politiche e sociali, e c'è anzitutto la voglia di esibirsi come "quelli dalla parte giusta", come quelli che possono rinfacciarti di essere dalla parte sbagliata. Vorrei tanto fosse solo una tara psicologica ma ha tutti gli incontrovertibili contorni di una religione. La religione dei televisionati, come mi piaceva chiamarla una volta. Talmente televisionati che di fronte alla novità della "pandemia", e del caso "Ucraina", non riuscivano a concepir nulla di diverso che l'atteggiamento da massa di pecoroni, proprio mentre si autoproclamavano fieri di essere "dalla parte giusta, mica come te e voialtri".

Questo vecchio meme è uno di quelli che non invecchiano. La bocca aperta fino a rischiare di fracassare la mandibola, lo sguardo accusatorio o sognante, gli occhialetti da intellettuale, la fronte corrugata, la dentatura in piena vista, l'aspetto trasandato, a rappresentare gente per la quale non importa né la verità, né l'evidenza, ma solo il professare religiosamente - da veri talebani - una Versione Ufficiale, quella in voga al momento, completamente dimentichi della versione precedente del giorno prima, e di sbatterti in faccia i titoloni dei giornali per dire che loro sono moralmente e religiosamente superiori a te, miscredente complottaro della domenica.

È gente che ti scaccia brutalmente dal consesso sociale perché hai osato dare le prove inoppugnabili di ciò che avevi affermato.[3] Amano più l'idea di "aver ragione" che la ragione stessa.[4] Vivono in un mondo pavloviano in attesa del prossimo stimolo, pronti ad eseguire la reazione che è stata loro programmata, e persino ad esserne fieri, orgogliosamente convinti. È l'esito finale (e prevedibile) di quando la fede non c'entra più con la vita.


1) Mi sento improvvisamente molto più anziano di quanto non dica la mia carta d'identità.

2) Don Giussani l'aveva capito benissimo e con sorprendente anticipo, che la società procedeva orgogliosamente e a grandi passi verso la perdita della fede e la sua sostituzione con qualche nuova forma di paganesimo.

3) È finito anche maggio e c'è ancora gente in giro col mutandone facciale, perfino da soli in macchina a finestrini chiusi e condizionatore a tutta manetta. Tutta la gazzarra sul certificato razziale sanitario che ha impegnato menti e cuori da prima di Natale a dopo Pasqua, comincia finalmente a sbiadire. Mannaggia alla mia pigrizia: da quella storica calata proattiva di braghe delpiniana avrei dovuto collezionare compulsivamente le affermazioni di Certuni e Certaltri - a cominciar dal parentame - per poi sbattergliele in faccia adesso. Magari uno su dieci avrebbe capito.

4) Perfino nel movimento - e in tempi non sospetti - rilevai quest'atteggiamento clericalista di certi sommi capi e capetti, gli stessi che pensosamente elucubravano arditi voli pindarici perfino sulle espressioni scherzose del don Gius, erano gli stessi del "si fa così e basta, si è deciso così e basta" (notare le espressioni perentorie in forma impersonale).

sabato 30 aprile 2022

Turismo da tastiera

Certre volte vado vagando su Google Street View. Cerco una stazione ferroviaria ben servita e di una linea ferroviaria che non sembri prossima alla soppressione. Cerco nei dintorni, entro i cinque minuti a piedi, una casa che mi ispiri. Stavolta era una di lontana periferia, di fronte al mare. Negozietti, casette sparse, un alberghetto. Scelgo la casetta più piccola e meno appariscente, mi dico che c'è bisogno di lavori perché non dà l'impressione che passerà indenne l'inverno. Su Street View dice che è luglio ma pare di un nuvoloso tardo autunnale, c'è in giro solo una donna anziana, rare auto. Percorro stradina e scale, è come se avvertissi l'umidità e il freddo, attraverso il soprapassaggio immaginando a come dovrei imbacuccarmi se vivessi lì (poiché tutto il percorso non ha nemmeno un angolino per ripararsi in caso di pioggia), eccomi finalmente davanti alla stazione. Ma invece di entrarvi, continuo a girare nei dintorni. Un asilo. Una pescheria. Un ristorantino. Un altro improbabile alberghetto. Strano, ancora nessuno per strada. Che sia di mattino presto?

Ma più giro nei dintorni e più qualcosa bussa alla mia memoria recente. C'è stato il maledetto coviddi, che ha distrutto anche quel genere di sogni. Si esce di casa solo per lo stretto essenziale. Mascherine, contagi, vaccini, paure, sanificare, ti controllano, autocertificazioni, un colpetto di tosse e ti guardano tutti in modo torvo, e pensare che fino al 2019 il colpetto di tosse lo davi solo per rompere il silenzio. Nulla è più come prima. Ci vorranno parecchi decenni per riuscire a dimenticare questi ultimi anni horribiles (e il presente, che ugualmente non promette bene)[1] e abituarsi di nuovo a vedere i volti umani senza il pannolone facciale. Viviamo tuttora come in un grosso film dell'orrore, sia pure avendo messo un po' in sordina la psicosi virus per far posto alla psicosi guerra. È come se quelle vecchie fiction, a meno di dettagli superficiali, ci avessero anticipato tutto, talora figurativamente, talaltra letteralmente. O forse siamo noi ad esserci adagiati comodamente sui raccontini che per una vita intera ci hanno inflitto i media. Abbiamo imparato a vivere come in quei film. Non conta più la realtà dei fatti: conta l'essere compatibili con le grida manzoniane mediatiche, vedendo realizzata la profezia di Chesterton perché ormai occorre attizzare fuochi per testimoniare che due più due fa quattro, e sguainare spade per dimostrare che le foglie son verdi d'estate.

In tempi non sospetti mi ero lamentato senza sosta sui cretini postmoderni che bramavano di conoscere dalla tivù la cretinata del giorno. Ehi, sacro televisore, tabernacolo del demonio,[2] di cosa mi devo preoccupare oggi? Verso cosa devo esprimere il mio sdegno? Cosa deve provocare le mie reazioni, le mie paure, i miei bassi istinti, la mia rabbia, la mia noia? Su, ti prego, dammi qualcosa per esercitarmi. Se proprio non c'è nulla di grosso, dammi almeno un'altra dose di intrattenimento, qualcosa che mi distragga, che porti la mia testa lontano dalla vita quotidiana, e che a poco a poco mi plasmi l'animo e l'anima, cosicché un giorno potrò esser pronto all'ennesima Emergenza Mondiale Del Mese senza percepirne né gli esatti contorni, né la vera pericolosità, né un brandello di significato.

Infatti quel momento è venuto. Prima della pandemia quelle stradine erano deserte per maltempo e ferie, negli inutilissimi lockdown sono state deserte per la paura di uscir di casa, ora non sono più deserte ma è un po' di traffico che si alterna ad ambulanze a sirene spiegate.[3] Prima della pandemia lamentavo le facili isterie, le epidemie multiple di saccenza, perbenismo, arroganza, ipersuscettibilità. Non sapevo ancora che l'isteria collettiva sarebbe diventata quotidianità.


1) Emergenza finita ma restrizioni prorogate: come a dire guerra in Etiopia finita ma accise prorogate per novant'anni.

2) Fu padre Pio da Pietrelcina a qualificare "tabernacolo del demonio" il televisore in tutte le case.

3) C'è l'epidemia di "malore improvviso" in pieno svolgimento e la forsennata e isterica guerra angloamericana-NATO contro la Russia.

sabato 26 marzo 2022

La liberazione sessuale ha prodotto anzitutto gattare

Prima o poi dovrò decidermi a scrivere un saggio sulla psicologia delle gattare. Oggi ne ho aggiunta un'altra alla collezione. Si tratta di una che non vedevo da molto, molto tempo. La conobbi in un evento di parrocchia.[1] Il tempo di scambiare poche parole di circostanza e avvertii quella tempesta di ormoni e feromoni addensarsi attorno a noi, un percepire un'attrazione ricambiata che bastava non ostacolare affinché si sviluppasse.

Preferii ostacolare: l'istinto mi diceva che coinvolgermi con lei mi avrebbe tolto tempo ed energie per altre cose.[2] Avevo da poco scoperto il movimento di CL e la settimana successiva sarei stato per la prima volta agli Esercizi, un evento che consideravo prezioso e carico di conseguenze. Gliene parlai quando mi chiese cosa avessi in programma per i giorni successivi, incuriosendola,[3] e la conversazione proseguì senza toccare altri argomenti.[4]

Spesso è sufficiente scambiar poche parole per farsi un'idea abbastanza fondata di una sensibilità e di una cultura,[5] e in quel caso non era stato solo l'occhio ad aver avuto la sua parte. Ma pur non sapendolo descrivere avevo un obiettivo, ed era fondamentale godermi quegli Esercizi libero da distrazioni. Dopo quella festa ci perdemmo di vista. Non era la sua parrocchia, non era la mia parrocchia, dimenticai anche il suo nome… se non fosse che un vecchio amico che sentivo di rado mi disse che era sua cugina. Passano gli anni - molti anni - sbiadendo ricordi e volti, finché quest'ultimo mi parla di nuovo di lei perché presente a diversi eventi pubblici. Riesco così a rinfrescarmi la memoria, rivedendo sui social quel suo volto, gli stessi lineamenti e lo stesso sorriso col peso degli anni. Passa qualche altro annetto.

Qualche giorno fa, durante un giretto in bici dopo pranzo, mi è parso di vederla a passeggio. Ho rifatto di proposito il giro della piazza e l'ho rivista all'incrocio in attesa di attraversare. L'ho salutata e ho proseguito. In quella frazione di secondo la sua espressione sorpresa sembrava quella di chi rivede un amico ma non ricorda più come e quando lo ha conosciuto.[6] O forse a sorprenderla è stato il tono della mia voce, quello di una familiarità che a tantissimi la pandemia[7] ha spazzato via quasi del tutto.[8]

Rientrando, mi ripropongo di contattarla, ma ho bisogno anzitutto di un alibi per fermare le bordate sarcastiche che giungono a raffiche dall'interno della mia stessa testa. Non ho mai avuto tempo di mettermi a fare l'adolescente infatuato. Ne sfoglio dunque i social e comincio a scoprire qualcosa di più di lei. E iniziano le sgradite sorprese. Da ciò che scrive e da ciò che ha pubblicato negli ultimi anni è una inguaribile gattara. Dice di esser fiera di essere single (proprio ciò che dicono tutte quelle che passano i 40 senza aver rimediato un buon partito), fa varie allusioni alla sua vita passata, la sua cultura è degradata negli scrittori di moda, cantanti di moda, cinema di moda, e i soliti shopping e vacanze.[9] Dopo aver scoperto e perso me si era data da fare per accumulare "esperienze" (oggi così si chiamano) per "capire sé stessa" (oggi così si dice), con le ultime allusioni a "uomini" (ah, i sottintesi) anche datate quest'anno (sia pure sembrando ricordi di un tempo che fu).

Così ho dovuto mettere un po' di musica di quella forte, prima di proseguire il cascamento di braccia. Quei latrati a ritmo forsennato si agganciano alla delusione e ne trascinano con sé buona parte al togliere le cuffie. Dopo, a freddo, ci si può domandare come diavolo sia possibile che una vita debba essere spesa attorno a frivolezze, mode passeggere, frasette poetiche e "ricerche di sé stessi" che sono in realtà solo un tentativo di ammazzare la noia. La speranza che una persona sia molto diversa da ciò che esibisce sui social pare un disperato tentare di farsene una ragione.

Da quella sera i suoi post sui social sono diventati alquanto più frequenti. Quasi come se volesse comunicarmi di farmi vivo. Ma ogni volta che ne sfoglio le pagine, le braccia mi cadono ancor di più, come uno che l'avesse forzatamente angelicata per poi scontrarsi fragorosamente con la realtà.


1) La riduzione di parrocchie e attività caritative a centri sociali per gente che ha tempo da perdere è l'evoluzione in farsa del vecchio sfidare le sezioni di Partito a chi vantasse più cineforum e calciobalilla. Ricordo con affetto un parroco molto poco acculturato, che si domandava seriamente i motivi per cui l'ordine di scuderia curiale fosse quello di far socializzare i ragazzi, organizzare feste, giochi, incontrini perditempo: "come se non avessero già tante possibilità di socializzare a scuola e fuori della scuola".

2) Sono stato adolescente anch'io e so benissimo cosa significa quando dopo cena sei stanchissimo, appena rientrato dall'aver buttato la spazzatura, vorresti dedicarti ai videogiochi e invece devi stupire la ragazzetta che già tamburella le dita perché il messaggino di attenzione è in ritardo. Presto, cerchiamo una frase poetica da mandarle - un po' come "presto, la lezione è finita, prepara una domanda intelligente", sperando che non susciti un supplemento di lezione.

3) Anche i ragazzi della parrocchia fanno tante attività chiesastico-pretesche ma evidentemente molto meno stuzzicanti, nonostante lo zelo degli organizzatori nel tentare di rendere pepata e avvincente l'attività.

4) Non penso che il parlarle del movimento e degli esercizi me l'avesse allontanata. Ricordo bene che fu del tutto fortuito il non riuscire a scambiarsi i contatti prima di sparire da quella festa. Mi è capitato tante volte di incontrare qualcuno e di parlargli - meravigliandomi che si meravigliasse - di ciò che avevo trovato nel movimento. Gente che ancora porto nel cuore, più i tanti di cui occasionalmente mi torna memoria. Perfino coloro che nel migliore dei casi dovevano solo marcar presenza e fingere interesse per acquisire un ulteriore bollino per la propria tessera immaginaria di bontà.

5) Cose che personalmente ho sempre valutato molto più dell'aspetto fisico, per cui il parco ragazze fidanzabili con me non è mai stato troppo vasto.

6) Lo riconosco perché è un topos frequente nei miei sogni, incontrare qualcuno che mi saluta, mi chiama per nome, mi dice qualcosa che può aver saputo solo da me, ma in sogno non riesco proprio a ricordare chi sia. In qualche caso, dopo un po' di fatica, finalmente ricordo che è qualcuno incontrato in un sogno precedente.

7) L'emergenza è ormai terminata ma certe restrizioni vengono prorogate. Che è la stessa cosa del dire che la guerra in Etiopia del 1935-1936 è terminata ma le accise sui carburanti sono state prorogate al 2022 e oltre.

8) Eravamo entrambi sprovvisti del mutandone facciale obbligatorio. È stato un momento "2019", in quella frazione di secondo la pandemia disumanizzante non c'era.

9) Ho una notevole allergia alle attività che richiedono sospiri e facce perse, tanto più che certo clero locale crede che i fedeli siano drogati di emozioni sdolcinate, e non manca mai di ammannirne loro.

mercoledì 9 febbraio 2022

Cento euro in cambio della tua anima

Da più di un anno ci ripetiamo che non sanno più cosa inventarsi per rifilarci l'Elisir di Lunga Vita e Prosperità. L'ultima novità, che porta anche la firma del rieletto Presidente della Repubblica, è la multina di cent'euro per gli sfortunati ultracinquantenni. L'ennesima piccola estorsione che crea diversi precedenti giuridici.[1] Il primo è quello dell'aberrante commistione fra Sanità e Tasse (immaginate domani di dover pagare una multa in quanto fumatori). Il secondo è quello della multabilità di chi non firma "liberamente" il consenso di moda al momento (se si tratta di un consenso informato, cosa dovrebbe pensare qualcuno che informandosi ritiene di non poter acconsentire?). L'entità abbordabile della multina garantisce il successo perché la pigrizia e il desiderio di alzare meno polveroni possibili sono fattori fondamentali nella riuscita delle imposture. E tutti sappiamo già che domani spetterà agli over 35, poi agli over 18… (e poi ai fumatori, e poi a chi prende più di un caffè al giorno, e poi a chi beve un goccetto o una bibita gassata…)[2]

Il movimento di Comunione e Liberazione ci aveva insegnato a riconoscere certi pattern. Ci ha sempre messo in guardia contro le furbate stile "creare un precedente". Ci ha invitato a guardare la realtà secondo la totalità dei suoi fattori, anziché secondo la versione addomesticata da sé stessi, dalle masse, dai media, dalle mode. Il fallimento educativo del movimento, di fronte agli eventi di questi ultimi due anni, è stato spettacolare. Il movimento poteva funzionara solo in un mondo normale, quello in vigore fino al 2013, quello delle contrapposizioni facili da distinguere, quello delle pance piene e dei bar aperti e affollati, quello non in preda a isterie e fobie[3] quello dove col "nemico" politico si poteva ancora dibattere, ragionare, combattere con l'ironia. Provate oggi a fare ironia - o anche solo ragionare - sull'Elisir di Lunga Prosperità e Vita o sui suoi fautori. "Sì ma mi attenua le conseguenze!", dice il cretino di turno spaventatissimo ma con la faccia da pensoso esperto. "Sì ma mi avrebbero tolto lo stipendio", dice l'insegnante che un po' di settimane fa ha preferito svendersi alla neoreligione neotalebana. "Che si prendano pure questi centeuri, che lo sappiamo già che le denunce saranno cestinate comunque". Come a dire: che ci mandino pure nei lager e nei gulag, tanto andrà comunque a finire così.[4]

Tanti discorsi sulla speranza, tanto ripetere dell'Incontro Eccezionale, tanto ciarlare sulla Novità contro gli Schemi Vuoti, e alla fine il sunto di tantissime scuole di comunità è solo un "ma dai, ma su, ma dai", è solo un invito ad accettar di pagare il pizzo per poter continuare a campare.[5] Come se i ciellini moderni fossero allo sbando e vivessero in un mondo a parte, un mondo di fantasia, un sogno che non ama essere disturbato e che perciò paga la gabella per continuare ad essere sognato. Di fronte ad un mondo che crolla arrivano belle prediche - proprio ciò di cui il movimento ci aveva sempre messo in guardia. Per carità, giustissimo parlare dell'incontro che ti cambia la vita, sacrosanto ricordare la positività del reale.[6] Ma davanti a un mondo che crolla le frasi fatte e le astrazioni eleganti sembrano solo un invito a rintanarsi nei sogni. Se ciò che ci diciamo non è solidamente agganciato alla concretezza della vita reale, sono nient'altro che belle prediche. Proprio da parte di quelli che ci mettevano in guardia dal ridurre il movimento a un convegnino di giussanologi ammannitore di predichette.[7]

«Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione». Da due anni a questa parte - ed in ogni mefitico dipiciemme[8] - abbiamo visto una pioggia di stati di eccezione, che per i ciellini intelligenti doveva essere la cartina definitiva di tornasole per capire che il tempo investito nella politica - anche solo nell'elargire un applauso d'ordinanza a qualche impresentabile presentato al Meeting di Rimini - è stato in fin dei conti sprecato. Mai una lezione che inizi con: hai sprecato un mucchio di tempo inseguendo fantasmi.[9] Anche perché il ciellino medio avrebbe pensato: dunque anche i nostri capi capetti e megacapi possono prendere lucciole per lanterne? Dunque anche loro devono tornare all'essenziale del movimento oppure farsi da parte senza trucchetti? Tanto più che dopo infinite spiegazioni sullo sguardo leale sulla realtà, hanno fatto la fine di coloro che sanno tutto del singolo pelo del leone, ma trovandosi davanti un leone vero sono stati incapaci di riconoscerlo.


1) I professorini che vogliono spiegarmi la common law dimenticano che il "precedente" qui è qualcosa di anzitutto psicologico. Se ieri hai "fatto trenta", ti accuseranno domani di esserti rifiutato di "far trentuno". Il problema è che gli over 50 che conosco si sono o già arresi o dichiarati pronti ad arrendersi.

2) Le prediche sulle slippery slope le fanno coloro che han già dimenticato che la sceneggiata internazionale era iniziata chiudendo le chiese e con quel «due settimane per appiattire la curva».

3) Girare per queste lande brulle e desolate e vedere la folla di tamponandi in religiosa attesa davanti alle farmacie, sentirli parlare di multidose dell'Elisir e di "casi" e "contatti", è stata sempre una scena piuttosto pietosa. Per comprare delle aspirine mi è convenuto andare ad una farmacia più lontana dove non tamponavano e quindi non c'era la snervante e deprimente attesa per entrare.

4) Non si diventa eroi a comando - don Abbondio purtroppo aveva ragione - e quindi non si può pretendere che "gli altri" diventino eroi a nostra richiesta. Le uniche armi rimasteci sono l'ironia, il sarcasmo, i tanto disprezzati meme inventati da chi vedendosi rifiutare l'agibilità per anche solo una domandina ragionevole non aveva altra scelta che ricorrere ad un concentrato di dissacrazione degli idoli moderni.

5) Certi compromessi sono inevitabili - "mandateci in giro nudi ma lasciateci la libertà di insegnare" - ma la pigrizia mentale induce a credere che qualsiasi compromesso sarebbe buono. Se per campare dipendi da lavoro e stipendio non posso suggerirti atti eroici che rischierebbero di farti perdere reputazione, lavoro e stipendio. Ma siccome sei permaloso non posso nemmeno ricordarti che scendere sempre a compromessi è tipico dello schiavo che non ha speranza né orizzonte di vita. Disumanità totale, che non cambia nemmeno se inforchi il più ciellino dei sorrisoni mentre pronunci il più ciellino degli slogan sulla positività del reale e sull'imbattersi in una Presenza.

6) Ai bei tempi - e ancor oggi - le indicazioni di ubbidienza arrivavano talvolta al nome del soggetto da votare: se dunque capi e capetti sono capaci di dare indicazioni concrete per le elezioni, era legittimo aspettarsi indicazioni ancor più concrete riguardo agli eventi 2020-2021. E invece….

7) Oggi diremmo carronologi perché il don Giuss viene compulsivamente sostituito dal commento carroniano sul don Giuss, pur nel momento in cui (si spera) il Carrón dovrebbe passare finalmente in secondo piano e far voltar pagina al movimento.

8) Nel nostro movimento, la positiva fiducia nella politica - solo perché fin dagli anni '70 qualche aderente si diede alla politica - è cresciuta esattamente come cresce un cancro. La sviolinata carroniana a Napolitano negli Esercizi della Fraternità 2013 fu la pistola fumante che per un po' cercai di convincermi che non fosse tale. Il fatto stesso di sforzarmi di cercare di convincere me stesso iniziò a farmi cambiare idea. Non era un imperscrutabile dogma di fede (su cui più rifletti e più cresci). Non era una considerazione scientifica su un argomento di cui ero ignaro. Non era una considerazione politica che ci avrebbe aperto la mente, tanto più a valle degli Esercizi. Era solo un'untuosa sviolinata. La sviolinata dell'annus horribilis. Pensate un po' a Edimar che senza nemmeno aver chiaro il nome di Nostro Signore Gesù Cristo ne percepiva la presenza. Pensate un po' Edimar di fronte al Carrón che comanda l'applauso sviolinante ai partecipanti degli Esercizi Spirituali. Pensate un po' che abisso fra la Cielle vera - quella che Edimar aveva appena intravisto - e la Cielle carroniana.

9) Lo sapeva bene Stalin inventando (di fatto) il lysenkoismo.

sabato 8 gennaio 2022

Non mi avrebbero creduto

Da quel tristissimo giorno in cui la curia delpiniana ha annunciato che la Messa "potete seguirvela in tivvù" ho capito - seppur tribolando un po' prima di accettarlo - che la valanga era irrimediabilmente cominciata. Le valanghe non c'è verso di fermarle, tanto meno con ragionevoli parole.[1] A confermare quel senso di completa disfatta c'è stato tutto il pregresso di anni e anni di delusioni cocenti («spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate…»), alternate a piccoli momenti di gioia per delle quisquilie che andavano controcorrente. Nel mio piccolo ho sperato - in tanti abbiamo voluto sperare - di contribuire a tener sveglio un piccolo resto, vedendo che quel piccolo resto si riduceva sempre di più.[2]

Si è ridotto ancor più oggi. Amici che avevano faticosamente (e costosamente) resistito al farsi amministrare l'Elisir di Lunga Vita e Prosperità hanno accettato di svendere la propria salute in cambio dello stipendio.[3] Già da tempo, memore delle numerose pagine a cui Solženicyn aveva dedicato a rispondere alle obiezioni "ma non potevate far qualcosa? non potevate dir qualcosa?", ho cominciato a prepararmi le sgradite (tali saranno) risposte. E cioè che non potevo essere io a decidere nelle loro tasche. E che qualsiasi cosa avessi detto di non allineato all'orchestra mediatica avrebbero sospettosamente e retoricamente reclamato "fonte? fonte? fonte?", col sottinteso che qualsiasi fosse stata la fonte doveva essere troppo poco importante visto che i media non ne parlavano con religioso ossequio. E che non potevo capire le pressioni sociali e lavorative che loro - raramente a torto - ritenevano di subire. E che non capivano (o fingevano di non capire) che è completamente irrazionale pagare per la prima volta il pizzo al mafioso nella speranza che non te lo chieda più.

Perfino gli amici del movimento - quelli che mi spiegavano lo sguardo leale sulla realtà secondo tutti i suoi fattori - si sono arresi. Arresi perché hanno confuso il decidere col decisionismo. Arresi perché hanno creduto che tutti i fattori della realtà fossero perfettamente rappresentati dai notiziari e dalle grida manzoniane mediatiche. Arresi perché erano di quelli espertissimi della composizione del singolo pelo del leone, ma un leone intero non l'avevano mai visto.[4] Ergo, se il notiziario ti dice che c'è l'Apocalisse ma che ti salverai grazie all'Elisir di Lunga Vita e a un po' di restrizioni ("due settimane per appiattire la curva" delle banane, e il resto è stato la prevedibile valanga), hanno scambiato l'ingenua baldanza con l'ingenua ignoranza. E pure quelli dotati di sufficienti (e più che fondate) paure riguardo all'Elisir anti-Sovrappopolazione, alla fine hanno ceduto: "non posso fare a meno dello stipendio".[5]

"Mi tolgono lo stipendio" mi è stato detto da più persone - e sempre con la voce stridula di chi ha un problema da risolvere e non sa immaginare altra soluzione che quella fornita dai telegiornali - nel corso di diversi mesi, quando ancora si poteva sperare che per settembre-ottobre, novembre al massimo, la valanga si sarebbe fermata. Se un giorno avranno ancora vita e salute per rimproverarmi, dovrò rispondere anche che conoscevo benissimo i sacrifici da loro fatti per una vita intera per guadagnarsi quel posto di lavoro, e che sarei apparso fastidiosissimo se avessi detto una qualsiasi parola vagamente interpretabile a "rinuncia al posto". E soprattutto, che loro non erano così stupidi e ignoranti da non sapere quanto svantaggioso (e tutt'altro che autoconclusivo) fosse il mercimonio sull'Elisir.

Non avevo autorità. Non mi avrebbero creduto. Avrebbero provato enorme fastidio anche solo ad ascoltare la sintesi della sintesi delle principali motivazioni.[6] Un giorno i sopravvissuti tenteranno di chiedere (a me e a quelli come me) dove diavolo eravamo durante i bombardamenti (mediatici e sanitari), perché non abbiamo reagito con parole e opere.[7] Non avevamo autorità, non saremmo stati ascoltati nemmeno ricordando loro "fino a poco tempo fa voi stessi mi dicevate così e cosà".[8] Non ci avreste creduto. Magari, addirittura, avreste lamentato che eravamo i soliti piagnoni lamentosi, che non avevamo lavorato abbastanza per documentarci bene e spiegar meglio, che agivamo secondo le nostre paure anziché secondo la loro "ragione". E così i ragionatori - anche quelli del movimento -, a furia di "ma dai, ma su, ma dai" hanno volenterosamente ceduto. Via il dente, via il dolore? Macché.

Non hanno voluto credere, nemmeno quando le libertà diventavano dipendenti dall'abbonamento all'Elisir. Non hanno voluto credere, neppure quando si ammalavano. Nemmeno quando ci rimaneva secco un amico o parente. Nemmeno quando la luce in fondo al tunnel, anziché avvicinarsi, si allontanava. Soprattutto, non hanno voluto distaccarsi da quel conformismo che per una vita intera, a parole, avevano sempre combattuto. Avendo smesso di credere in Dio, hanno cominciato a credere nel Fato anche contro l'evidenza.[9] Eppure, ve l'avevamo raccontata un milione di volta la barzelletta dei detenuti che vorrebbero fuggire dal carcere: quel carcere ha dieci cinte murarie concentriche, e quando arrivano a superare la nona e vedono la decima dicono: "no, basta, torniamo indietro, troppo faticoso, non ne usciremo mai". E sì che l'uscita si sarebbe avvicinata proprio se la percentuale di chi accanitamente boicottava la pagliacciata fosse stata un pochino maggiore.

Mi tornano in mente con un pizzico di nostalgia quei momenti degli esercizi della Fraternità in cui ci si diceva che Cristo c'è ed opera. Ascoltare parole come quelle - quasi da pigra omelia domenicale - mi facevano crescere, perché per tutti gli esercizi si era insistito sul prendere sul serio la realtà, riconoscere la realtà, tutti i fattori della realtà, senza censurare nessun aspetto della realtà… La domanda lancinante, oggi, è come mai chi ha gustato quelle stesse lezioni è poi diventato giussanologo ed esperto del singolo pelo del lupo ma incapace di accorgersi del lupo rapace di questi ultimi due anni.


1) Il sacro Elisir, stando ai siti web "con le fonti", è stato amministrato ad un'enorme fetta della popolazione mondiale. E non sarà un caso che i paesi del centro Africa sono quelli dove c'è stata meno insistenza. Noialtri qui a bloccare tutto e tutti, a somministrare l'Elisir a tappe forzate perfino a gente che non ne aveva bisogno (i guariti, i giovani), a diventare delatori da far invidia agli apparatchik dell'epoca d'oro dello stalinismo.

2) E per soprammercato vengo sgridato: ma come, non sai che tutti nella nostra categoria hanno ottemperato? Ma come, non capisci? Ma come, pensi di saperne più di me? Eppure chi mi sgrida così sa bene di aver torto. E sa che lo so anch'io. È proprio una religione talebana, che non tollera osservazioni critiche nemmeno quando consistano nella ripetizione delle stesse parole da loro proferite fino a poche settimane fa. L'Italia che ha perso la fede in Cristo ha subito abbracciato la fede nell'Elisir di Lunga Vita e Prosperità, "grazie al quale possiamo andare al cinema e alle Poste".

3) "Comunione e Vaccinazione", ahinoi. Ahinoi.

4) Triste l'epoca in cui tutti gli isterici scovatori di rigurgiti di nazifascismo credano che in assenza di svastiche e busti del Duce non possa sussistere alcuna dittatura.

5) Non vorrei fare i conti nelle tasche altrui ma l'impressione è che costoro potessero ben sopravvivere per sei mesi senza stipendio. Ma chi sono io per giudicare coloro che per non intaccare di qualche migliaio di euro i propri sudatissimi risparmi preferiscono svendere la salute e rischiare la vita?

6) Ci si è messo di traverso anche il Bergoglio, ma guai a dirlo ai ciellini orgogliosamente intrisi di tifoseria papista.

7) Intere classi sociali si son vendute per un piatto di lenticchie perché era un'occasione tanto rara quanto ghiotta. Eppure una tale convergenza di interessi sull'Elisir non poteva essere frutto delle sole circostanze.

8) Sarebbe stato bello disporre di qualche milione di euro in banca per sopperire ai presunti mancati stipendi di tutti gli amici e parenti.

9) È proprio una neoreligione neotalebana: di fronte a "bestemmie" recitano subito le loro "giaculatorie" riparatrici, e lanciano fulmini e fiamme contro i "blasfemi" e i "non credenti".