martedì 16 novembre 2021

La riduzione di CL ad AC

La laconica lettera di dimissioni del Carrón, di ieri, è una buona notizia per ciò che resta del movimento, la prima buona notizia da molto tempo a questa parte.[1] L'esponente del problema principale di Comunione e Liberazione si allontana dai riflettori, seppur (temo) non sparendo di scena. Ironia della sorte, quelle dimissioni avvengono a causa di quel collaudatissimo malinteso[2] sulla fedeltà a Pietro ridotta a tifoseria di Pietro già ai tempi di Giovanni Paolo II, quando ancora poteva essere ingenua conseguenza del sentirsi finalmente riconosciuti, apprezzati e incoraggiati dopo decenni di fischi, calunnie, pestaggi, molotov.

Quando fu tempo di pensare alla "vita interna" parve troppo comodo voltare altrove lo sguardo e leccarsi i baffi per la crescita tumultuosa in tanti campi, senza accorgersi che si procedeva d'inerzia in un percorso in salita.[3] Così le tipiche figure medio-alte del movimento, dai capetti in su, si divisero in giussanologi - che riducevano il movimento a una cultura, ad un discorso sul movimento - e i cielloti - quelli che si affannavano a moltiplicare iniziative e presenze. Guidare gente passò dall'essere faticoso servizio (che garantiva guai e crescita personale a chi si affaticava) a comodo mestiere e invidiato titolo nobiliare, un po' più elegante ma non dissimile da quel bigottume autoreferenziale da sagrestia che davanti ad una buona birra avevamo sempre deriso e spernacchiato.[4]

Che il Bergoglio ce l'avesse con noi fu chiaro fin dal suo famoso "Buonasera".[5] E che il destino fosse segnato lo si capì ancor di più dalla risposta di Carrón alle critiche bergogliane al movimento campate in aria: belando, laddove un eloquente e virile silenzio o una risposta "a nuora perché suocera intenda" sarebbe stato meglio.[6] L'avevamo sempre saputo che il potere è forte con i deboli e debole con i forti, ma eravamo sempre quelli tenuti a plaudir sorridendo, incensando, adulando, mentre i nostri esimi capetti ci tiravan le orecchie ogni volta che fiutavano il rischio che da noialtri ci scappasse di mettere qualche puntino sulle "i".[7] Il movimento in fase terminale, quello che si fa stangare dal Bergoglio, da tempo era divenuto troppo simile alle caricature velenose che laicisti e clericali ne avevano sempre fatto.

Tolto di mezzo - almeno ufficialmente - il Carrón, resta da mandare in soffitta la mentalità carroniana.[8] Cioè resta da ripartire da quel curare la "vita interna". Pur sperando in un volto nuovo (nuovo nel senso che non vorrà assecondare i difensori dei ruderi carroniani) per quella ripartenza, per onestà devo constatare che il piano bergogliano di far confluire la Cielle in Azione Cattolica sta avanzando a grandi passi. Sostituire il carismatico capo con un apparato burocratico a porta girevole significa che saremo diversi dall'AC solo riguardo ai libri che leggiamo - e successivamente nemmeno quelli.


1) Quando in seminario proibirono (ingiustamente) lo Studium Christi al giovanissimo Giussani diedero (loro malgrado) buone ragioni a quest'ultimo, che pur sempre professò l'ubbidienza ai superiori. Colpire alla testa la Cielle nel 2021 ha, paradossalmente, effetti da considerare positivi. Carrón, proprietario del "carisma del movimento", l'ha di fatto snaturato, consacrando definitivamente la figura del neociellino OGM, giussanologo o ciellota, purché carroniano.

2) Non sto dicendo che sarebbe stato meglio resistere in faccia al successore di Pietro. Sto dicendo che a furia di adularlo ci si è castrati da soli la possibilità di farlo quando si sarebbe reso necessario.

3) Eppure, per accorgersene, bastava notare come la scuola di comunità fosse diventata un parlarsi addosso secondo i paroloni del momento. Ci fu ad esempio la moda del "si gioca", tutto si giocava su tutto, "l'appartenenza si gioca nell'esperienza", "l'esperienza si gioca nella concretezza di un volto, la concretezza di un volto si gioca nell'appartenenza": la traduzione in ciellinese di "la Chiesa è icona della salvezza", "la salvezza è icona della fede", "la fede è icona della Chiesa".

4) Se nelle scuole di comunità il linguaggio era un miscuglio di microesperienze ("ieri mi è successo questo, stamattina ho pensato questo": all'assemblea mensile delle domande tutti parlavano di qualcosa databile al massimo a 24 ore prima) e di politically correct (giacché ora siamo riconosciuti, siamo sulla cresta dell'onda), nei momenti informali non era cambiato nulla, e ci permettevamo goliardie e motteggi che avrebbero mandato su tutte le furie anche il più posato dei curiali.

5) Mi parve strano che gente con appartenenza pluridecennale al movimento non fosse stata in grado di cogliere quel gravissimo segnale, quantomeno per la considerazione che non importa quanto ti sbilanci a sinistra, ci sarà sempre qualcuno grosso che sarà ancora più a sinistra. Il leccapiedismo è una strategia notoriamente perdente, e il papismo di maniera era già da molti anni degradato in tifoseria.

6) Se in passato la Cielle fosse stata meno tifosa del Papa e avesse evitato di scodinzolare davanti al Papa almeno nei momenti in cui non ci riguardava, avremmo silenziosamente acquisito il diritto di non dover scodinzolare ad ogni colpetto di tosse udito nei sacri corridoi.

7) Quando il Tettamanzi prese possesso della diocesi ambrosiana nel 2002 e cominciò con tutto un peana della Sant'Egidio dimenticando la Cielle, un baldo prete del nostro movimento gli ricordò che di tutte le cose che aveva menzionato era la sola Cielle ad aver sempre sgobbato sodo e in modo capillare in diocesi. Si beccò successivamente una tirata d'orecchie epica dal don Giussani in persona, tirata probabilmente non troppo convinta ma "dovuta". Però, dai, don Giuss, lo sapevi benissimo anche tu che tacere sarebbe stato peggio, e che la "dovuta" avrebbe fatto ringalluzzire i fautori della scodinzolante adulazione al nuovo imam della diocesi ambrosiana.

8) Sarebbe bello il termine "tornare alle origini" se non fosse inflazionatissimo. Ci siam persi Giussani per strada. Verrà pure nominato mille (facciamo cento, ma anche solo cinquanta) volte ad ogni scuola di comunità, ma ce lo siam persi, la scuola di comunità è diventata una parlantina carroniana, un'omelia prestampata, qualcosa che non ti cambia la vita e che perciò - come ci diceva il don Giuss - va abbandonata.