mercoledì 24 maggio 2023

Andrebbero arrestati per atti contrari ai doveri d'ufficio

Di questi tempi è diventata un'impresa da veri duri il riuscire a confessarsi, anche avendo a disposizione un sacerdote sedicente “sempre disponibile”. Sarà che sono stato abituato “male”: era un giovane prete ciellino, di quelli duri e puri, e quando qualcuno gli chiedeva di confessarsi lui scattava guardingo e rispondendo subito dopo: “andiamo di là”. Oppure, direttamente: “nel nome del Padre…”[1]

Ad un prete del genere i confratelli e gli stessi seminaristi avrebbero contestato che “non è il luogo adatto” - proprio loro, i dissacratori di luoghi e indefessi cercatori di nuovi palcoscenici da cui esibirsi - ma solo perché per loro il sacramento della penitenza è una specie di noiosa seduta dallo psicologo,[2] che non ha alcun motivo di meno di tot minuti, che non può vertere (se non di sfuggita) sui peccati effettivamente commessi, che deve includere almeno una predica personalizzata.[3]

Nel mio caso, avendo sempre vissuto la confessione come una cosa tanto snella quanto efficace, fu un po' traumatico scoprire che il rituale ufficiale del sacramento della penitenza raccomandava qualche lettura biblica da fare insieme al sacerdote, più una serie di gesti e parole che mi parvero non proprio utilissimi e che per grazia di Dio non ricordo più. Dico: uno va a confessarsi per liberarsi di qualche peso dall'anima, peso su cui probabilmente ha meditato facendo l'esame di coscienza la sera prima o in treno mezz'ora prima, e tu gli vai rifilando la lettura biblica come se fosse l'eterno indeciso sul confessarsi e con trent'anni di peccati ancora sulla coscienza?[4]

I preti oggi andrebbero arrestati per atti contrari ai doveri d'ufficio quando rifiutano di confessare (“qui l'orario delle confessioni è il giovedì pomeriggio dalle 15:30 alle 16:30”, naturale, da parte di gente che non ha mai lavorato in vita sua) o quando con quel seminascosto sorrisetto alludono alla ricca offerta ricevuta per celebrare una Messa “personalizzata”.[5] Andrebbero arrestati per truffa alla Chiesa cattolica tutte le volte che tentano di giustificare l'aver deliberatamente acconsentito a qualche porcata relativa ai sacramenti.[6] Se proprio si stufano dello pseudo-penitente chiacchierone che va a sfogarsi, che lo dicano mille volte nelle omelie e nei raduni del clero, invece che farlo pesare ai cristiani normali.


1) Non posso nemmeno dimenticare quell'emerito coglione d'un prete ciellino che se la svignava di qua e di là perché temeva come la peste che se avesse concesso al sottoscritto di confessarsi, si sarebbe ritrovato una fila di penitenti a chiedere lo stesso, ed era la sera della vigilia della Pasqua, largamente in anticipo rispetto alla celebrazione. E lui lì che controllava l'allineamento dei fiori di qua e l'allineamento dei fazzoletti di là, correva sparato in sagrestia per uscire dalla porta si servizio e rientrare furtivo dalla porta principale, si affaccia in un confessionale per recuperare il breviario ricordandosi di averlo lasciato in camera ore prima e svicola al di là della navata… Per parecchi minuti, in chiesa, ai numerosi astanti impegnatissimi ad allineare fiorellini e fazzolettini, pareva di vedere Stanlio che insegue Ollio, o Tom che insegue Jerry. Non sia mai che la sera di Pasqua un prete non possa godersi due o tre ore senza confessare. Me la legai al dito, che a causa sua non potei comunicarmi nella notte di Pasqua. Poi, suo malgrado, non ha fatto “carriera” né nel movimento, né altrove, e gli venne tolta la preziosa parrocchia esattamente quando ebbe finito di rimetterla a nuovo. Sic transit gloria mundi.

2) In certi casi hanno ragione. Una volta andammo a Messa dalle suore. Due auto, perché eravamo in otto compreso il prete. Per un intoppo non ci fu la Messa e così dopo una breve preghiera uscimmo per andar via. Uno di loro chiese al prete di andare da soli - lasciando noi sei in una minuscola utilitaria - perché doveva “parlargli”. Il prete stranamente accettò ma feci presente che andare in sei in una scatola di sardine era non solo scomodo ma anche a rischio di multa: chi si assume la responsabilità se i vigili ci fermano? “Ma no, qui i vigili non fermano mai nessuno”, disse il giovane che “doveva parlare”. Il prete cercò blandamente di convincerlo a cambiare idea, ma non ci fu verso. Insistei con fermezza: “la multa? e i punti sulla patente?” Il soggetto divenne rosso dall'ira e a denti stretti gridò come un'adolescente ingelosita: “non puoi venire con noi! è la mia macchina! e poi devo assolutamente parlargli!” e si portò il prete in macchina e partì. Scoprii tempo dopo che non era niente di urgente, se non la sua chiacchieratina segreta settimanale a cui non era disposto a rinunciare (quella che in seguito spaccerà per Direzione Spirituale). Tutto quell'“assolutamente parlargli” era addirittura programmato per prima della Messa, il che avrebbe messo noi e le suore in attesa. Quel prete veniva monopolizzato come sfogatoio personale (mi pare arduo chiamarla direzione spirituale, vista la scenetta furente). Nei seminari dovrebbero insegnare a saper dire di no a chi fa perdere tempo, e a saper dire anticipatamente di sì a chi ha paura di far perdere tempo.

3) La tradizione della Chiesa non prevede un'offerta per la confessione: darebbe luogo ad abusi, certo, ma farebbe improvvisamente diventare disponibili a qualsiasi ora anche i preti più svogliati.

4) Credo che sia un madornale errore quello di aver voluto infilare qua e là un po' di teatralità nelle liturgie: il madornale errore di voler sembrare come quegli show televisivi pomeridiani, dimenticando che nel migliore dei casi tutto ciò che hai fatto in “questa” celebrazione ti verrà chiesto - e con crescenti interessi - in “tutte le altre” che celebrerai finché permani in tale parrocchia. Il laicato è più invadente di un gas in espansione. Un supplizio di Tantalo autoinflitto da chierici vogliosi di “andare incontro” a gente alla quale bastava e avanzava l'ottemperare al precetto. Poi in curia si meravigliano che le “Messe di CL” sono partecipatissime benché asciutte, veloci e senza fronzoli. Tutto questo vale anche per la celebrazione del sacramento della riconciliazione e a tutte le altre “sacre” attività.

5) Andrebbe arrestato per atti contrari ai doveri d'ufficio anche quel mostruoso coglione, responsabile del movimento di queste parti, infatuato dell'idea di poter dialogare con qualche Ateo Convinto per somministrargli qualche espressione di don Giussani all'esclusivo scopo di vantarsene, sospirando, alla successiva scuola di comunità, neanche avesse convertito un intero popolo. Lo stesso coglione pluricertificato riuscì a tenermi in attesa per settimane prima di concedermi l'onore di autorizzarmi a telefonarlo per fissare un appuntamento - naturalmente fissato a due settimane dopo, non sia mai che un capetto ciellino sia di aiuto ad un ciellino veramente in difficoltà, ancorché non appartenente al ristretto club di orbitanti ufficiali del capetto, dotati dell'eccelso privilegio di chiedergli consiglio persino su quando e come dovevano defecare. Naturalmente non potei lamentarmene, perché l'etichetta di lamentoso ci vuole un attimo a guadagnarsela e una vita intera a scollarsela. Don Giussani l'aveva sempre saputo che per distruggere il movimento basta consentire che diventi un club. Ma ormai era passato da anni a miglior vita.

6) Quando il parroco mi volle con sé ad una Riunione col Sindaco lo seguii fervoroso pensando: ecco, ora difenderà qualcosa della parrocchia, ecco, ora dirà qualcosa a favore della Chiesa, ecco, ora almeno vorrà dire “sono parroco e mi occupo di anime e potete fare quel che vi pare purché non invadiate il mio campo”. Annuii delicatamente ogni tanto - senza troppo farmi notare, ero pur sempre una decorazione ambulante, ero stato chiamato come figurante, era solo per indurre qualche distratto a pensare: ehi, il parroco sta dicendo una cosa non banale adesso - ma tutta la riunione non parve altro che un reciproco incensarsi. Nella mia mente Il sindaco fece quel che gli pare, tutte quelle blande parole e la stessa volontaria presenza del parroco furono completamente irrilevanti riguardo ad ogni questione, furono due ore perse in nome di un'inutile diplomazia alla quale il sottrarsi non avrebbe cambiato nulla (anzi, avrebbe dato almeno la soddisfazione di poter dire: ehi, hanno preso decisioni senza consultarmi). Se proprio vogliono perdere tempo, che i preti sacrifichino ore di sonno e tempo libero, anziché sottrarlo al loro ministero: che vengano multati dalla curia per atti contrari ai doveri di stato, per tradimento della propria missione. Essere sfaticati non è reato, ma il deliberato sottrarsi dai propri sacri doveri andrebbe considerato come tale.

lunedì 15 maggio 2023

Prosegue lentamente quell'epilogo previsto con esattezza

All'ultimo momento un amico mi invita a partecipare ad un gesto del movimento, ché ha trovato un passaggio in macchina per entrambi. Non resisto al richiamo della foresta, se non altro per la curiosità di vedere cosa ne è di coloro che per forza di cose (e per demotivazione) non ho più frequentato. La delusione è consistita nel prevederlo con esattezza. Pochissime facce nuove, poca partecipazione rispetto all'epoca d'oro. Soprattutto, a parte alcuni bambini e ragazzini e qualche universitario nel servizio d'ordine, i più giovani eravamo noialtri. Come se il movimento della nostra regione avesse tirato i remi in barca proprio mentre me ne lamentavo io anni fa, e avesse continuato ordinatamente a decrescere nel frattempo.

Vero è che l'amico che mi ha trascinato lì aveva il fegato a pezzi (e la volontà di “far qualcosa” per rimediare, e nella sua semplicità aveva scelto questo gesto). Accusava la parrocchia di aver fatto perdere la fede ai figli, che dopo la prima Comunione hanno fatto di tutto per evitare qualsiasi cosa a tema vagamente chiesastico. I preti del movimento erano o latitanti, o conniventi col potere curiale.[1] Erano altri tempi quelli in cui il movimento dava risposte e sostegno.[2]

Alle varie stazioni c'era una lettura del Vangelo, una lettura “teologica”, una lettura “poetica”, e un intervento personale. Non so da dove abbiano pescato il libercolo di meditazioni preconfezionate, ma la prima impressione è che ci fossero troppe parole. La logorrea, nel giro di poche righe, faceva venir voglia di guardare ripetutamente l'orologio (e ve lo dice un logorroico certificato come tale dalla ASL). Ma se annoiava la lettura “teologica” (fra virgolette perché intrisa di licenze poetiche e di psicologismi da quattro soldi), quella “poetica” faceva letteralmente cagare. Fra virgolette, “poetica”, perché era tutto un mesto ripetere le stesse frasi, martellanti come una processione di flagellanti al ritmo del bolero di Ravel.

Gli interventi personali non erano da meno, una sorta di diario autopsicologizzato, farcito di paroloni del movimento per dare l'impressione che non si trattava di introspezione da sciampista. Dopo aver per tanti anni disprezzato e deriso lo spontaneismo da quattro soldi, ancora vediamo di queste scenette dove la probabile buonafede del testimoniante viene coperta dal manierismo ciellino che imita gli spontaneismi degli altri movimenti ecclesiali. Come se l'essersi convertiti alla fede e al movimento[3] dia una qualche abilità oratoria che debba essere sciorinata in pubblico per raccogliere applausi immaginari. Un convertito non è detto che sappia esprimersi con correttezza e chiarezza. Sarebbe bastato dirgli di essere estremamente sintetico, altrimenti via Crucis è non il gesto ma la sopportazione di tali inutili e interminabili soliloqui. E dopotutto una conversione è raramente roboante, raramente ha cose impressionanti da raccontare, e solitamente non c'è niente di esplosivo nel parlare di adorazione eucaristica, di confessioni finalmente ben fatte, di sguardo finalmente leale sulla realtà.[4]

Finalmente si giunge in cima e prendiamo posto in santuario. C'è il rito dell'adorazione della croce. L'amico che mi ha trascinato lì sgomita per alzarci per primi anche se siamo seduti nelle retrovie: presto, presto, prima che si formi la fila. Memore dei bei vecchi tempi, gli dico che dovremmo seguire le indicazioni del servizio d'ordine - quello che di solito faceva partire fila per fila a cominciare dalle ultime. L'amico sgomita ancora, vedo altri che da centro navata son già partiti sfrecciando, e allora mi lascio convincere. Fila fatta: di appena 4 o 5 persone. Rientriamo al posto mentre sottovoce gli ironizzo “tanto si va via tutti solo quando è finita, eh!”, ci sediamo, e finalmente compaiono due giovanissime facce un po' stonate a darsi da fare per il servizio d'ordine. Al termine il responsabile regionale sale all'ambone per proclamare ringraziamenti e saluti - proprio come se fosse un variety domenicale televisivo - e commette il madornale errore di indicare una cappella laterale dedicata alla Vergine. Istintivamente il popolo ciellino si sveglia dal torpore e ci si fionda, e nella fiumana umana cominciano gli scambi di saluti, fino alla prevedibile gentil cazziata del rettore del santuario (che pareva aver aspettato ardentemente quel momento).


1) Dovrei scrivere una lunga riflessione su quei pretuncoli che spendono le migliori energie della propria vita per farsi assegnare ad una parrocchia di prestigio - prestigio curiale, s'intende - lungo anni e anni, magari decenni. Tra loro, temo, c'è anche qualche prete del movimento delle mie parti. Puntualissimi nel fare il discorsone imbottito di giussanologia, prontissimi a darsi da fare (nel senso di “armiamoci e partite”) per le iniziative del movimento, ma alla fine della fiera il loro cruccio è solo di cambiar parrocchia e andare in un'altra, più grande o più piccola, più ricca o più comoda, non importa, si svegliano al mattino con quell'insoddisfazione di vivere, vanno a nanna meditando nuove strategie per convincere il vescovo. Cummannari è meglio ca futtiri, e la sola idea di Prender Possesso di una Diversa Parrocchia fa loro mettere da parte le altre tentazioni.

2) Il caro Scola, profondamente immemore delle persecuzioni subìte in gioventù per la sua vocazione sacerdotale e il suo legame col movimento, ha speso grandi energie per fare gli “auguri per il Ramadan” a gente per la quale gli auguri non significano niente e la mielosa slinguazzata è segno di disprezzabile sottomissione. Tutta la variopinta banda di “strani cristiani”, di “papi dell'Adriatico”, di “quattro sgarrupati”, si è silenziosamente, prevedibilmente, lentamente dissolta. Non si campa di soli libri e ricordi - pur avendo nettamente ragione sull'autoriduzione sinistrorsa, cortigiana e intimistica del movimento operata dal carronismo, figlio unico e degenere della giussanologia.

3) Mi permetto di ironizzarci su perché in ogni ambientino ecclesiale c'è sempre la foga di dover giustificare “perché sto in questo club chiesastico anziché in un altro club chiesastico”.

4) Come in tutti i posti dove lo spontaneismo è l'ingrediente fondamentale, le assemblee finiscono per diventare fastidiosi show di omelie personali, non dissimili dai gruppi di auto-aiuto modello alcolisti anonimi. Da troppi anni le assemblee del movimento sono diventate una tortura alla quale gli spettatori partecipano solo perché sembrerebbe disdicevole non marcar presenza.