lunedì 15 maggio 2023

Prosegue lentamente quell'epilogo previsto con esattezza

All'ultimo momento un amico mi invita a partecipare ad un gesto del movimento, ché ha trovato un passaggio in macchina per entrambi. Non resisto al richiamo della foresta, se non altro per la curiosità di vedere cosa ne è di coloro che per forza di cose (e per demotivazione) non ho più frequentato. La delusione è consistita nel prevederlo con esattezza. Pochissime facce nuove, poca partecipazione rispetto all'epoca d'oro. Soprattutto, a parte alcuni bambini e ragazzini e qualche universitario nel servizio d'ordine, i più giovani eravamo noialtri. Come se il movimento della nostra regione avesse tirato i remi in barca proprio mentre me ne lamentavo io anni fa, e avesse continuato ordinatamente a decrescere nel frattempo.

Vero è che l'amico che mi ha trascinato lì aveva il fegato a pezzi (e la volontà di “far qualcosa” per rimediare, e nella sua semplicità aveva scelto questo gesto). Accusava la parrocchia di aver fatto perdere la fede ai figli, che dopo la prima Comunione hanno fatto di tutto per evitare qualsiasi cosa a tema vagamente chiesastico. I preti del movimento erano o latitanti, o conniventi col potere curiale.[1] Erano altri tempi quelli in cui il movimento dava risposte e sostegno.[2]

Alle varie stazioni c'era una lettura del Vangelo, una lettura “teologica”, una lettura “poetica”, e un intervento personale. Non so da dove abbiano pescato il libercolo di meditazioni preconfezionate, ma la prima impressione è che ci fossero troppe parole. La logorrea, nel giro di poche righe, faceva venir voglia di guardare ripetutamente l'orologio (e ve lo dice un logorroico certificato come tale dalla ASL). Ma se annoiava la lettura “teologica” (fra virgolette perché intrisa di licenze poetiche e di psicologismi da quattro soldi), quella “poetica” faceva letteralmente cagare. Fra virgolette, “poetica”, perché era tutto un mesto ripetere le stesse frasi, martellanti come una processione di flagellanti al ritmo del bolero di Ravel.

Gli interventi personali non erano da meno, una sorta di diario autopsicologizzato, farcito di paroloni del movimento per dare l'impressione che non si trattava di introspezione da sciampista. Dopo aver per tanti anni disprezzato e deriso lo spontaneismo da quattro soldi, ancora vediamo di queste scenette dove la probabile buonafede del testimoniante viene coperta dal manierismo ciellino che imita gli spontaneismi degli altri movimenti ecclesiali. Come se l'essersi convertiti alla fede e al movimento[3] dia una qualche abilità oratoria che debba essere sciorinata in pubblico per raccogliere applausi immaginari. Un convertito non è detto che sappia esprimersi con correttezza e chiarezza. Sarebbe bastato dirgli di essere estremamente sintetico, altrimenti via Crucis è non il gesto ma la sopportazione di tali inutili e interminabili soliloqui. E dopotutto una conversione è raramente roboante, raramente ha cose impressionanti da raccontare, e solitamente non c'è niente di esplosivo nel parlare di adorazione eucaristica, di confessioni finalmente ben fatte, di sguardo finalmente leale sulla realtà.[4]

Finalmente si giunge in cima e prendiamo posto in santuario. C'è il rito dell'adorazione della croce. L'amico che mi ha trascinato lì sgomita per alzarci per primi anche se siamo seduti nelle retrovie: presto, presto, prima che si formi la fila. Memore dei bei vecchi tempi, gli dico che dovremmo seguire le indicazioni del servizio d'ordine - quello che di solito faceva partire fila per fila a cominciare dalle ultime. L'amico sgomita ancora, vedo altri che da centro navata son già partiti sfrecciando, e allora mi lascio convincere. Fila fatta: di appena 4 o 5 persone. Rientriamo al posto mentre sottovoce gli ironizzo “tanto si va via tutti solo quando è finita, eh!”, ci sediamo, e finalmente compaiono due giovanissime facce un po' stonate a darsi da fare per il servizio d'ordine. Al termine il responsabile regionale sale all'ambone per proclamare ringraziamenti e saluti - proprio come se fosse un variety domenicale televisivo - e commette il madornale errore di indicare una cappella laterale dedicata alla Vergine. Istintivamente il popolo ciellino si sveglia dal torpore e ci si fionda, e nella fiumana umana cominciano gli scambi di saluti, fino alla prevedibile gentil cazziata del rettore del santuario (che pareva aver aspettato ardentemente quel momento).


1) Dovrei scrivere una lunga riflessione su quei pretuncoli che spendono le migliori energie della propria vita per farsi assegnare ad una parrocchia di prestigio - prestigio curiale, s'intende - lungo anni e anni, magari decenni. Tra loro, temo, c'è anche qualche prete del movimento delle mie parti. Puntualissimi nel fare il discorsone imbottito di giussanologia, prontissimi a darsi da fare (nel senso di “armiamoci e partite”) per le iniziative del movimento, ma alla fine della fiera il loro cruccio è solo di cambiar parrocchia e andare in un'altra, più grande o più piccola, più ricca o più comoda, non importa, si svegliano al mattino con quell'insoddisfazione di vivere, vanno a nanna meditando nuove strategie per convincere il vescovo. Cummannari è meglio ca futtiri, e la sola idea di Prender Possesso di una Diversa Parrocchia fa loro mettere da parte le altre tentazioni.

2) Il caro Scola, profondamente immemore delle persecuzioni subìte in gioventù per la sua vocazione sacerdotale e il suo legame col movimento, ha speso grandi energie per fare gli “auguri per il Ramadan” a gente per la quale gli auguri non significano niente e la mielosa slinguazzata è segno di disprezzabile sottomissione. Tutta la variopinta banda di “strani cristiani”, di “papi dell'Adriatico”, di “quattro sgarrupati”, si è silenziosamente, prevedibilmente, lentamente dissolta. Non si campa di soli libri e ricordi - pur avendo nettamente ragione sull'autoriduzione sinistrorsa, cortigiana e intimistica del movimento operata dal carronismo, figlio unico e degenere della giussanologia.

3) Mi permetto di ironizzarci su perché in ogni ambientino ecclesiale c'è sempre la foga di dover giustificare “perché sto in questo club chiesastico anziché in un altro club chiesastico”.

4) Come in tutti i posti dove lo spontaneismo è l'ingrediente fondamentale, le assemblee finiscono per diventare fastidiosi show di omelie personali, non dissimili dai gruppi di auto-aiuto modello alcolisti anonimi. Da troppi anni le assemblee del movimento sono diventate una tortura alla quale gli spettatori partecipano solo perché sembrerebbe disdicevole non marcar presenza.

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