lunedì 9 agosto 2010

Cos'è Comunione e Liberazione? Chi sono i "ciellini"?

Per descrivere bene cos'è Comunione e Liberazione (CL) dovremmo lasciar parlare don Giussani, per esempio quando dice che a furia di insegnare gli aspetti elementari del cristianesimo si è ritrovato attorno un popolo. L'articolo qui sotto, sebbene un po' vecchiotto, descrive CL da un altro punto di vista. La parte evidenziata spiega perché CL è sgradita a tanta gente che si professa “di sinistra”.
A Milano convegno di “Comunione e liberazione”

SÌ, ROVESCIAMO TUTTO MA IN NOME DI CRISTO[1]

Millecinquecento giovani costituiscono la base di questo nuovo movimento cattolico, che opera nelle università ma anche nelle fabbriche e nei quartieri – “Non siamo gli estremisti della Dc”

Uno scantinato grande come il cinema Ariosto, che occupa il pianterreno: tavoli e scansie, un salone per le conferenze e la preghiera, mucchi di manifesti, opuscoli, striscioni; e poi altre stanzette ai piani superiori. Sono la centrale di «Comunione e liberazione», il gruppo che ha stupito Milano con migliaia di manifesti, bianchi e rossi, attaccati su tutte le strade, dal centro alla periferia. «Ne hanno attaccato uno perfino davanti alla Scala», lamenta con un pizzico di disappunto uno dei leaders del gruppo. Ma aggiunge, quasi a correggersi: «Noi prendiamo le cose sul serio».

Hanno preso le cose talmente sul serio che lunedì notte gran parte dei 1500 giovani di «Comunione e liberazione» sono scesi nelle strade a incollare quei manifesti metà bianchi e metà rossi, con una scritta vistosa: «Nell’università per la liberazione». E stamattina, con la stessa serietà, si sono ritrovati al Palalido per un convegno nazionale, pubblico, che deve servire a discutere e far discutere i programmi, gli obiettivi, le ambizioni di questo gruppetto.

«È marmellata per le mosche», commenta Pier Alberto Bertazzi, 27 anni, laureato in medicina, assistente alla clinica del lavoro: «È marmellata per le mosche, perché molti hanno in mente di strumentalizzarci, pensano magari che noi possiamo essere la forza alternativa del Movimento studentesco nelle università. Ma noi non siamo disponibili, non ci stiamo».

La prima comparsa, che sorprese gli ignari dei mille risvolti degli atenei milanesi, capitò proprio all’Università Statale, nel pomeriggio del 16 febbraio, durante l’assemblea organizzata dal «Comitatone» (il comitato che raccoglie il Cnu, cioè il più forte sindacato dei professori milanesi, e poi i partiti e i sindacati). I ragazzi di «Comunione e liberazione» arrivarono a mezzogiorno, con i panini infilati nella borsa dei libri. Presero posto sui sedili vellutati dell’aula magna, e cominciarono a cantare inni. Il più bello avvenne quando il coro intonò la strofa «Forza compagni / rovesciamo tutto / costruiamo un mondo meno brutto»[2]. I fans del Movimento studentesco, che erano rimasti un po’ stupiti e un po’ ridacchiosi di fronte alla scena, cominciarono ad applaudire[3]. Ma l’applauso si trasformò in una fischiata, quando il coro arrivò all’ultima strofa: «Ora tu dimmi / come può sperare un uomo / che ha in mano tutto / ma non ha il perdono».

La storia pubblica, mondana potremmo dire, iniziò quel pomeriggio. Ma la storia vera del gruppo è più vecchia: comincia quattro anni fa, dopo il bagno della «contestazione» del 1968. Comincia quando si ritrovano una trentina di giovani cattolici, che non accettano la situazione attuale, ma neppure la contestazione generica. «Riteniamo possibile operare all’interno del sistema, non per difendere le istituzioni, ma come strada per cambiarle», spiega Pietro Ortelli, 23 anni, laureando in scienze politiche.

È il secondo principio di comportamento. Il primo è un principio assoluto, filosofico e fideistico ad un tempo: «Siamo cristiani – dice Bertazzi: vogliamo essere presenti come cristiani nell’università». La sigla, «Comunione e liberazione», si spiega proprio con il richiamo alla componente cristiana: comunione significa «presenza, unità di persone»; liberazione vuol dire «liberazione da una situazione che stabilisce rapporti di oppressione e di sfruttamento». Un discorso libertario, ma fondato su una convinzione prima di tutto cristiana; non più sull’individuo, ma sulla comunità nella quale e attraverso la quale gli individui possono cambiare la società.

Così, dai trenta adepti della prima ora, la cerchia s’è allargata, a Milano e fuori Milano (in Emilia, nel Lazio, in Sicilia, Sardegna, all’estero). A Milano ci sono dieci gruppi, che operano nelle diverse facoltà: oltre che nella sede di via Ariosto 16, si ritrovano – spiega Bertazzi – «nei momenti tipici dell’esperienza cristiana: nella preghiera, nella messa, nella comunione vissuta concretamente dall’assemblea». Negli ultimi mesi, poi, il gruppo s’è esteso anche verso altre esperienze: nei quartieri e nelle fabbriche. Ma il centro base resta l’università, dove cercano di operare concretamente nei corsi e nelle lezioni, tentando di coinvolgere anche i professori nella loro ricerca. Inevitabile, in queste condizioni, che prima o poi si arrivasse ad una polemica con il Movimento studentesco. Emanuele Criscione, uno dei leader del Ms ha accusato «Comunione e liberazione» di essere un gruppetto nato l’altro ieri, sotto la spinta della Dc. «Sono gli extraparlamentari della Dc», «sono gli estremisti di centro» dicevano l’altro ieri due giovani, nell’atrio della Statale, di fronte ad un vistoso «datse-bao» (manifesto murale) del Movimento studentesco, che criticava aspramente i «filo-democratici» di «Comunione e liberazione».

Giro la domanda a Bertazzi: «È vero che vi paga la Dc per preparare il suo ritorno fra gli studenti dell’università? ». Si mette a ridere: «Macché, ci autotassiamo: ognuno si impegna a versare la quota che vuole tutti i mesi, ma deve versarla regolarmente». E un altro aggiunge: «Non è vero che siamo una filiazione di Forze nuove. Dentro la Dc abbiamo un amico, il vicesindaco di Milano, Andrea Borruso. Ma è lui un amico nostro, perché si è avvicinato alle nostre posizioni».

Posizioni che, viste dall’esterno, possono sembrare curiose e contraddittorie (sul fondale del Palalido campeggia un grande slogan: «Una vita nuova nella contraddizione contro le contraddizioni»). In realtà, sono il frutto di un lungo processo, compiuto da alcuni attivi militanti cattolici: dieci-quindici anni fa nella Gioventù studentesca (Gs), il gruppo cattolico che era guardato con benevolenza anche dall’allora arcivescovo di Milano, Montini; poi la milizia nella Fuci, l’organizzazione universitaria cattolica che aveva formato molti degli attuali dirigenti democratici (come Moro e Andreotti), ma ha finito per dissolversi dopo la «contestazione» del 1968. Da questa stessa matrice ideologica è nata una casa editrice, la Jaca book, che pubblica contemporaneamente libri teologici, opere contro l’imperialismo americano e contro le persecuzioni dei cristiani nei paesi dell’Est europeo.



1) Articolo di Walter Tobagi sul Corriere della Sera del 31 marzo 1973.

2) È un verso della Ballata del potere, composta da Claudio Chieffo (1945-2007) alla fine degli anni Sessanta. Storicamente, tutte le rivoluzioni sono cominciate con “distruggiamo tutto e poi dopo troveremo qualche modo per costruire il mondo perfetto”.

3) Negli anni Settanta la sinistra credeva ancora nella Rivoluzione.

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