mercoledì 21 agosto 2019

Investire su se stessi

Nonostante le magre risorse economiche ho spesso comprato oggetti perché stuzzicavano la mia creatività. Come quella tavoletta grafica tanti anni fa. Mi costò un capitale ma la sua sola presenza sulla mia scrivania mi invitava a disegnare. Ho disegnato. Migliorando negli anni. E imparato a editare foto. Avere un violino in casa non comporta automaticamente che tuo figlio diventi violinista. Ma è molto improbabile diventare violinisti se non hai vissuto l'infanzia con un violino in casa.

Un amico mi chiama dopo molto tempo per un consiglio. Sua figlia, a cui piace disegnare, ha chiesto una tavoletta grafica. E l'esperto, a suo dire, sarei io. Dopo un primissimo scambio di battute deduco che ha solo fretta di comprare la più economica possibile e considerare chiusa la questione. Non c'è nemmeno tempo per chiedergli se la ragazzina vuole un giocattolo in più da esibire sulla scrivania o se ha intenzioni più serie. Fra sessanta euro e ottocento euro, non c'è voluto molto a scegliere. Se proprio vuoi diventare violinista, devi prima mostrare gran talento con un mini violino di plastica (sempreché i tuoi lungimiranti genitori te l'abbiano davvero comperato).

Sarà che vengo da una terra di poveracci dove persino i formalmente ricchi erano incapaci di investire. I miei compagni di scuola avevano il ciclomotore e i videogiochi, ma solo perché i loro genitori percepivano il primo come status symbol e i secondi come spesa necessaria a quietare il lardoso pargolo. Sarebbe stata una storia assai più interessante, la loro, se anziché il ciclomotore e la stanza per i giochi avessero avuto a disposizione una piccola officina con una collezione di DeWalt, Makita e Black&Decker.

Intanto i poveracci, anche quando potevano permettersi qualche spesuccia non banale, consideravano uno spreco investire su sé stessi e sui propri figli.[1] Ogni centesimo non investito ma messo da parte viene considerato una vittoria. Del resto erano gli stessi che alla notizia dei pessimi voti a scuola, con un sospiro di rassegnazione chiedevano quanto costasse un doposcuola economico.[2] E quei figli di conseguenza crescevano illudendosi che investire su sé stessi consisteva nel videogioco all'ultima moda, nella Vespa, o in ogni altra idiozia che faccia colpo sui decerebrati che frequentavano la stessa scuola.[3] Sono certo di averlo compreso ancor prima di incontrare il movimento, ma fu solo frequentando gli amici del movimento che capii cosa significava davvero investire su sé stessi, che si tratti di una buona giacca, di una tavoletta grafica, di un'abbondante quantità di libri, della partecipazione agli esercizi e al Meeting...

Sono i ferri che fanno il mastro: se all'epoca avessi deciso di risparmiare quei duecento e rotti euro per la mia tavoletta grafica, non avrei sviluppato la capacità di disegnare che non ero certo di avere. Non puoi emergere dalla povertà se non puoi comprare ferri, o peggio se credi che il comprarli sia una spesa troppo rischiosa. Il povero resta tale per una combinazione velenosa di ristrettezza mentale e ristrettezza economica. La paura di fare un investimento sbagliato ("e se le compro il violino e poi si stufa di impararlo?") scende fino alle piccole cose. I nonni non avevano mai assaggiato il taleggio in vita loro perché "se poi non piace, significa che abbiamo buttato tre euro". Grazie a me ora conoscono decine di formaggi, dopo che per una vita intera si erano contentati di non più dei soliti tre o quattro. Grazie a me che ho incontrato il movimento. E vi ho visto gente investire su sé stessa. Più esattamente, prendere sul serio le proprie passioni.[4]


1) Mi dà ancor oggi una sensazione di disgusto il ricordare l'illusione dei miei di riuscire a mettere da parte abbastanza soldi per avviare l'acquisto di una casa, e l'illusione che l'unico vero investimento consisterebbe nel non spendere soldi "perché in futuro, sai, non si sa mai, se succede qualcosa bisogna essere pronti con abbastanza soldi..." (senza mai precisare quanto esattamente doveva essere quell'abbastanza da coprire ogni <i>ansia</i> presente e futura). Il risultato è consistito in una vita intera passata in affitto e l'inizio degli investimenti su me stesso coinciso col mio primo stipendio.

2) La riduzione dei figli a prodotto da esibire ad un'immaginaria platea di spettatori ha trasformato il doposcuola in una specie di multa ingiusta inflitta dall'autorità Scuola agli sfortunati che non potevano permettersi tale spesa.

3) Per affermare sé stessi - non appena si inizi a percepire l'assenza delle figure paterna e materna - i figli finiscono inevitabilmente per identificarsi col branco. Riesce a non farsi omologare dal branco solo chi ha avuto in dotazione abbastanza passioni e figure adulte da non dover cercare forsennatamente l'approvazione e le manovre anti-noia di un branco.

4) L'attuale e triste declino del movimento di Comunione e Liberazione nulla toglie a ciò che efficacemente trasmetteva fino a non troppi anni fa.

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