giovedì 3 marzo 2016

Aziende costitutivamente già fallite

Per la serie: come gliela spiego al parroco?

Immaginate un'azienda in cui il personale che produce è in minoranza rispetto a quello che amministra. Immaginate che gli operai che materialmente creano la ricchezza "fatturabile" dell'azienda vengano pagati poco e in ritardo, e che magari siano assunti solo per il periodo di tempo strettamente necessario. Immaginate poi che il personale amministrativo sia invece da anni con un contratto solido e stipendio puntuale.

Immaginate i tecnici che lavorano dalle 9 alle 20, mentre il resto del personale lavora dalle 8:30 alle 17:30 con numerose pause caffè e pause sigaretta e spesso - con un alibi o l'altro - sgattaiola via alle 17, alle 16, alle 15:30 (il tecnico invece non può farlo: lunedì bisogna spedire, quindi stasera deve essere già tutto pronto che da domattina bisogna provare)...

Nel corridoio della sede dell'azienda è tutto un andirivieni di "personale non fatturante". Il guardiano tuttofare, poverino, ha dovuto spendere un'intera giornata a conteggiare i posti auto del miniparcheggio sotterraneo e a controllare non si sa cosa dell'ascensore; due ore le ha passate a spiegarlo scherzosamente alla segretaria - una bambolina che se dimentica di pesarsi al mattino dovrà aspettare la sera, dopo che si sarà struccata. Un commerciale ha speso due giorni interi a procurare i panettoni per i clienti e a firmare un paio di documenti; vero è che è uscito alle 15 per andare a fare un prelievo al Bancomat ed è tornato alle 17 giusto in tempo per il caffè (non poteva mica aspettare la fine dell'orario di lavoro per fare un prelievo al Bancomat: in tal caso non avrebbe impiegato due ore, ma solo un minuto). L'altra segretaria, per giustificare la propria esistenza, sta facendo le pulci a tutti i rapporti delle trasferte dei tecnici: accidempolina, uno di loro ha indicato di aver percorso 500 km e invece il ViaMichelin dice che il percorso ottimale è di 492... ora lo chiamo, esigo spiegazioni!

L'amministratore delegato, nel suo studiolo, passa il tempo alternandosi tra Youtube e Facebook, seccatissimo quando deve interrompere tali attività a causa di un messaggino su Whatsapp. Certo, anche coi clienti si comunica via Whatsapp (e sarà per questo che ha lasciato il fischietto di segnalazione messaggini a volume alto). Ma poi lui è quello che Pensa, sapete, lui Pensa, Pensa sempre, Pensa nuove strategie commerciali, Pensa nuovi modi per sfondare sul mercato. Ogni tanto gli tocca fare una riunione (mediamente una al giorno), di un'ora o due ma anche tre, ma non è che una riunione completa sia più produttiva di una interrotta o rinviata. La sua attività più importante è prendere decisioni: capo, consegnare lunedì o martedì? E lui ci Pensa, Pensa, Pensa, e poi ti dice: lunedì! Magari senza nemmeno capire bene di cosa si trattava. Tant'è che alcuni dei pezzi da spedire arrivano solo lunedì sera...

C'è poi l'altro commerciale, che passa ore al telefono per parlare, parlare, parlare delle esigenze dell'azienda ad altri commerciali. Prendiamo una a caso di quelle telefonate: durata esattamente un'ora. Un'ora di lavoro pagata dalle rispettive società perché uno dei due commerciali cerca un Prodotto senza sapere esattamente perché, mentre l'altro cerca di vendergli ciò di cui i suoi capi gli hanno detto di sbarazzarsi alla svelta. Un'ora al telefono per disquisire con finezza ed eleganza sulle caratteristiche più secondarie ("sa, in futuro magari qui si potrebbe pensare di aggiungere questo e quello"), sulla rinviabilità del pagamento... Alla fine -puntualmente- comprano sempre il prodotto sbagliato: in genere quello che costava meno.

Certo, tenere in piedi l'azienda è faticoso: comprare le cialde per la macchinetta del caffè, allestire l'albero di Natale, passare in tipografia a ritirare i cartelli da mettere nella bacheca, telefonare, telefonare, telefonare...

In tutto questo c'è il tecnico, al quale non gliene importa niente del risparmio di ben due centesimi a cialda (costato un giro di telefonate di due ore, ore pagate dall'azienda), non gliene frega niente dell'albero di Natale, non è attratto per niente dalla segretaria profumiera (che comunque non si abbasserebbe a flirtare con un poveraccio come lui). Controlla freneticamente ogni mattina il conto in banca, perché lo stipendio ufficialmente bonificato a inizio mese arriva ogni volta più tardi rispetto al mese precedente, sempre più tardi... Una volta l'accredito sul conto se lo ritrovava l'otto del mese, i commerciali gli dissero che è perché le banche ci mettono dai 3 ai 5 giorni lavorativi per completare un bonifico, e va bene, ma poi l'otto è diventato il dieci-dodici, quindi il quindici-sedici, poi il diciannove-venti, il ventuno è andato infuriato dalla segretaria amministrativa e lei cadendo dalle nuvole: oh, non ti era stato detto che c'è stato un piccolo inconveniente? (si noti l'espressione con verbo impersonale) Alcuni bonifici sono stati rifiutati (di nuovo un'espressione con verbo impersonale), li abbiamo dovuti rifare: non ti era stato detto? (verbo impersonale)... Insomma, lo stipendio di novembre gli è stato accreditato dopo Natale: chissà per quale misterioso motivo il bonifico del suo stipendio era stato "rifiutato" (mica quello delle segretarie, mica quello dei commerciali, mica quello dell'amministratore delegato, no, solo quello dei tecnici). A gennaio-febbraio è andata molto meglio: il 21-22 è arrivato il bonifico senza essere misteriosamente "rifiutato".

Uno dei momenti più odiosi è quando passa qualcuno dei capi a sgridare i tecnici: così non va bene! Cambiate tutto, fate come due mesi fa, e così risolviamo. Oh, sì, certo che risolviamo, ma perderemo altri tre o quattro giorni, proprio adesso che avevamo quasi risolto. Come in una vignetta di Dilbert, in un film di Fantozzi o in un reparto di un GULag, il capo piomba lì, effettua la sgridata (sarà il suo contratto a esigere che faccia scenatacce periodiche), denigra e proibisce tutto ciò che era stato fatto di buono su una cosa, e comanda di rifarla daccapo al più presto, vuole vedere un prototipo funzionante entro domattina, anzi, già entro stasera. Che eroe. Come a dire che la nave è quasi pronta per il varo, no, smontate tutto, voglio un sommergibile: che ci vuole? Tanto sempre in mare deve andare, no? Domani bisogna fare già un'immersione di prova, e comunque ad ammorbidire il cliente per tutte le variazioni ci penso io...

Esatto, il cliente. Il cliente ha lo stesso problema. Troppo personale "non fatturante", poco personale "fatturante". Il cliente non sa quello che vuole, però vuole lo sconto (che non è mai abbastanza, qualsiasi sconto sia), vuole dilazionare il pagamento (alle calende greche), vuole poter annullare l'ordine dopo la consegna (tipo: dopo aver mangiato la torta, restituirla al pasticciere chiedendo indietro i soldi), vuole la garanzia che tutto vada bene da qui fino alla consumazione dei tempi (tipo: l'autovettura garantita immune alle multe fino alla rottamazione), vuole che l'investimento fatto conservi il suo valore (tipo: un pacchetto di sigarette che fumandone trentacinque al giorno gli duri comunque un mese e mezzo)...

I tecnici cercano di far notare che per la buona riuscita dell'Ambizioso Fumoso Progetto occorrono alcune indispensabili caratteristiche, senza le quali sarà certa solo una Gran Figuraccia Mondiale: niente da fare, il commerciale è inflessibile: costa troppo, non è garantito, non è durevole, dovete arrangiarvi con quel che c'è, ma poi tanto la scadenza sicuramente verrà rinviata e avrete tempo per pensare ad un'altra soluzione (i capi e i commerciali hanno sempre ben altro a cui pensare). Poi nel pomeriggio ci pensa un po' e indìce una riunione. Due ore di conference call (oggi così si chiamano le "riunioni telefoniche") più altre tre riunioni nella settimana successiva, coinvolgendo anche Lo Chiùmann ("l'addetto Human Resources", cioè delle risorse umane): infine si decide di comprare il Pezzo Aggiuntivo dalla Sconosciuta Rinomata Azienda, e due giorni prima di consegnare al cliente ci si accorge che non può essere integrato bene nel prodotto. Anziché fare un totale di otto ore di riunione moltiplicato otto persone (per un totale di 64 ore lavorate e pagate dall'azienda), sarebbe stato molto più facile, più veloce e più economico comprare tutte e dieci le versioni del Pezzo Aggiuntivo e lasciare un tecnico a provarle un pomeriggio tutte insieme per stabilire la più adatta.

Qualche tempo fa definivo "virtualmente fallita" un'azienda che al minimo imprevisto non riesce a pagare la mercede agli operai.

Ora vorrei qui definire "costitutivamente fallita" un'azienda in cui il personale che produce è in minoranza rispetto a quello che amministra. Minoranza numerica, minorata di retribuzione, torchiata quanto agli orari di lavoro e compiti da svolgere. Non ci vuole chissà che esercito di segretarie, commerciali e amministratori delegati per tener su un'azienda (nonostante le sei mafie italiane tra cui burocrazia e fisco). Grosso modo il rapporto fra personale fatturante e non fatturante dovrebbe essere dell'ordine di dieci a uno, venti a uno, o ancor più se l'azienda è grande, tanto più nell'epoca dei computer. Se all'azienda interessa davvero autosostenersi, blindarsi, magari perfino guadagnare, a rigor di logica il personale "fatturante" - quello che produce materialmente profitto per l'azienda - va coltivato, incentivato, premiato e mantenuto sufficientemente numeroso in modo che non si scateni l'apocalisse qualora uno degli elementi migliori venga a mancare. Per qualche motivo misterioso (nel senso di mysterium iniquitatis) avviene invece il contrario: al punto che tutti i grandi e piccoli manager sognano di esternalizzare tutto: cioè non aver più personale "fatturante", subappaltare ogni cosa tenendosi solo il core business (cioè solo l'apparato burocratico).

Come parametro mi è già sufficiente che il personale fatturante sia numericamente sproporzionato (in senso inferiore) al non fatturante. Già questo è un pessimo segnale, poiché quando si parla del know-how di un'azienda, si parla più di persone all'opera che di faldoni di documenti tecnici. Segretarie, factotum, commercialisti, sono tutto sommato facilmente intercambiabili. Un operaio che abbia familiarità con la produzione, no. Per formare un tecnico con dieci anni di esperienza sulle tue produzioni, occorrono per l'appunto dieci anni dentro la tua azienda. Se cambi la segretaria o il fiscalista, in poche settimane sarà a pieno regime; se ti viene a mancare un tecnico, il suo sostituto dovrà acquisire tutto il know-how del precedente. E questo vale anche per i gradini più bassi: magari ti accorgi, quando è troppo tardi, che il nuovo esperto magazziniere non sapeva che tale fila di scaffali soffre umidità e succedono pasticci, o che il nuovo tecnico ti ubbidisce alla lettera senza sapere che sulla tua fissazione delle dimensioni minime occorreva fingere di non aver sentito: anche questi dettagli facevano parte del prezioso know-how aziendale.

Mi capita di osservare sempre nuovi casi di aziende italiane costitutivamente già fallite: l'ultimo è stato quello di un'aziendina con tre tecnici "a progetto" e otto dipendenti fissi tra segretarie, commerciali, tuttofare, responsabili, ecc. Consegnato il progetto, i tecnici restano senza lavoro e i dipendenti fissi... "amministrano" il parco clienti - cioè si sollecitano i debitori, si tengono lontani i creditori, si compila l'agenda delle scadenze, si fa una riunione di due ore per parlare di un possibile nuovo cliente, si fa un lungo giro di telefonate per sapere chi è che vende le cialde del caffè (per la macchinetta in sala riunioni) a minor prezzo, si annotano i posti auto da liberare nel parcheggio comune... Quando c'è da fare un intervento "tecnico" presso un cliente, si assolda un "tecnico" per lo stretto tempo necessario a fatturare e poi via di nuovo a sfogliare Facebook e Youtube (e la giostra continua a girare - seppur più lentamente - perché si campa di rendita sui clienti acquisiti in precedenza, con quella cosa che chiamano "contratto di manutenzione", che consiste nel far pagare al cliente una quota fissa annua per dargli il diritto di telefonare in caso di guai).

Dovrei scusarmi per la prolissità, ma è inevitabile nel tentare di spiegare l'andazzo al parroco. Che non ha mai lavorato in vita sua. Non sa cosa significhi barcamenarsi per pagare il mutuo (per avere un tetto devi versare puntualmente per trent'anni una quota pazzesca del tuo stipendio, senza poter contare su benefattori e sostenitori). Non conosce il brivido di furore allo sportello bancomat nel vedere che lo stipendio è in ritardo anche questo mese. Non sa cosa significhi dover accollarsi responsabilità non pagate, straordinari non retribuiti, figuracce causate dall'incompetenza di chi lo paga, stress e malattie dovuti al non potersi permettere di rinviare al martedì mattina un intervento tecnico del tardo lunedì sera... Non sa cosa significa spendere due, tre, quattro ore al giorno in macchina o nei mezzi pubblici per andare a prestare servizio per poi sentirsi chiedere retoricamente: "e non potevi partire prima? e non potevi prendere il treno precedente? e non sapevi premunirti?" Non sa cosa significa andare a lavorare con la febbre a 38 perché il suo eventuale "sostituto" del giorno è un imbranato che sfracellerebbe tutto il lavoro pazientemente organizzato. E soprattutto non sa cosa significhi burocraticamente avere un lavoro (parlo sempre dell'àmbito privato, non del settore pubblico per gran parte parassitario).

Il sottinteso che il parroco non capisce è che lo scopo del personale amministrativo, ancor prima che "amministrare", è piuttosto quello di fare il diavolo a quattro per rendere facile la vita a chi materialmente produce profitto per l'azienda.

Ciò che il parroco fa enorme fatica a capire è che non può cavarsela dicendo che pigri, furbetti e menefreghisti li trovi dappertutto, perché il danno maggiore viene dalla diffusissima mentalità secondo cui il personale "fatturante" è un costo da comprimere in ogni modo, mentre quello non fatturante è una spesa normale e inevitabile, è un "beh, pazienza". Col risultato che nell'aziendina che sulla carta "produce", paradossalmente il personale amministrativo è inamovibile, insostituibile e incomprimibile, mentre i tecnici che materialmente tirano fuori il "prodotto" sono da assumere solo quel tanto che basta per fatturare: un'azienda costitutivamente già fallita, a galla solo perché sta ancora raschiando il fondo del barile.

Un amico mi telefonava tutto contento: sai, a quarant'anni ho finalmente un Posto Fisso, al colloquio di lavoro hanno detto che cercavano proprio un curriculum come il mio, comincio già lunedì. Ma sì, festeggia pure. Quel che non sapevi ancora è che con la legge Renzi il contratto a "tempo indeterminato" non è più "indeterminato", anche se continuano a chiamarlo così. L'azienda, in caso di necessità (cioè quando i commerciali si stufano di bonificarti lo stipendio) può licenziarti, dandoti come buonuscita alcune mensilità (una per ogni anno lavorato, con un tetto massimo). Sono cose note solo a chi lavora nel settore privato (i parroci - e chi lavora nel carrozzone pubblico - non riescono nemmeno a immaginarlo).

Il primo giorno di lavoro l'amico scopre che nonostante abbia cominciato un "periodo di prova", gli chiedono di essere già produttivo entro fine mese. Scopre che i requisiti che avevano chiesto erano talmente generici che non c'entravano nulla col suo curriculum (questi aggeggi li devo progettare, costruire, manutenere, utilizzare, o soltanto spostare?). Scopre che in due settimane andrà via un tecnico deluso, che perciò centellinerà con diffidenza il "passaggio di consegne" in modo da rimanere ancora a lungo l'unico che può risolvere certi problemi (ha paura che si dimentichino di pagargli gli ultimi stipendi, TFR e liquidazione). È un contratto "a tempo indeterminato" (cioè, secondo la legge Renzi, abortibile a discrezione dell'azienda), dunque si dà un gran da fare: e ciononostante avanza a passo di formica, sia per la diffidenza di chi deve formarlo, sia perché non è esattamente la sua specialità per la quale credeva di essere stato assunto, sia perché di questi tempi non si sputa su un'opportunità di lavoro.

Dopo alcune settimane frenetiche in cui comincia ad assaggiare anche l'irrisione di capi e capetti (cioè di "personale non fatturante"), la mal simulata espressione sorpresa dei commerciali ("gli straordinari vengono pagati solo se li richiede il cliente, non ti era stato detto?" - notare il verbo impersonale e i vari sottintesi) e qualche altro preludio al mobbing, comincia a domandarsi se è tanto disperato da dover rimanere lì. Si ricorda che nel contratto era stabilita la risolvibilità senza preavviso per entrambe le parti (forse per giustificare il "periodo di prova"), e perciò un giovedì sera annuncia le proprie dimissioni, commettendo solo il piccolo errore di dire "da lunedì non ci sarò" anziché "da domattina non ci sarò". Quello che segue è il più tragicomico venerdì nero che mi abbiano mai raccontato: escalation di telefonate da diversi capi, responsabili, sottocapi e Chiùmann, velate minacce, mal trattenute imprecazioni contro la sua "mancanza di serietà", perfidi sottintesi, "casuale" presenza di avvocati nei corridoi dell'azienda... e poi dalle 17:40 finalmente calma piatta e un silenzio da film horror. Alle 18 va via, e dubito che riuscirà a vedere fino all'ultimo centesimo i soldi che gli spettano.

Sono cose che il sorridente parroco - che non ha mai lavorato in vita sua e discende da una famiglia di comodi impiegati statali - non può capire, non può nemmeno immaginare. Il parroco sa che c'è la crisi e che bisogna lavorare, ma non avendo mai lavorato riduce il tutto alla fissazione di accettare immediatamente qualsiasi occasione di lavoro in attesa di eventuali possibilità migliori, senza capire che mentre stai lavorando non hai tempo e libertà di movimento per cercarti un altro lavoro, e nemmeno intuisce che nel settore i grossi nomi si conoscono tutti, per cui se il tuo concorrente ti telefona informalmente per chiederti "come mai il tuo dipendente ha mandato a me il suo curriculum?" significa che il dipendente si è appena fatto terra bruciata sia qui che lì.

Il parroco continua a fare la predica sull'essere generosi, sul fare "un piccolo sacrificio" per donare qualcosa all'ennesima colletta parrocchiale, continua pomposamente a raccomandare di annunciare Cristo anche sul posto di lavoro (è già tanto che il nostro amico, lavorando, riuscisse ad allontanarsi senza conseguenze da discorsi osceni e blasfemi), di partecipare alla Messa feriale mattutina e invitarvi anche i colleghi (chiederebbero con sprezzante perfidia se è satanica), di pregare ogni giorno magari anche durante le pause del lavoro (il parroco deficiente ancora non ha capito che dal suono della sveglia al mattino fino alle 20:30 è difficile conquistarsi una "pausa" perfino per andare al bagno). Nonostante i tanti incontri della CdO, il giovane parroco non sa cosa significa lavorare nel settore privato in tempo di crisi economica e quindi invita alla gita parrocchiale tutti, magari "prendendo un giorno di ferie" (facile per una delle segretarie, impresa ardua per uno dei tecnici), magari mettendo nella bacheca aziendale l'invito a partecipare (così, tanto per scatenare il solito inutile vespaio di fesserie sulle crociate, su Galileo e sul matrimonio dei preti)...

Il parroco non ha idea delle circostanze che rendono consigliabile rifiutare un posto di lavoro: chiederebbe ingenuamente al malcapitato: ma non potevi far notare che...? non potevi chiamare un tuo avvocato...? non potevi esigere che sul contratto...? (se ci fate caso, è lo stesso stile di quando i capi rimproverano: "non potevi premunirti? non potevi prendere il treno prima?..."). Il parroco non sa cosa sia un'azienda costitutivamente (o virtualmente) già fallita, non sa che il personale "fatturante" è generalmente l'ultima ruota del carro, non riesce a distinguere la differenza fra chi passa le giornate lavorative impegnato in attività secondarie e chi invece produce materialmente profitti, non sa che grazie alla crisi in azienda chi produce il cento, il sessanta, il trenta, hanno sostanzialmente lo stesso stipendio.

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