In una noiosa assemblea della scuola di comunità un giovane che aveva preso a frequentare da poco sbagliò un termine in una domanda. Una banale confusione di termini lo marchiò a vita, perché un microsecondo dopo erano già tutti a sdegnarsi e a sottintendere: abbiamo capito di che pasta sei fatto, abbiamo capito dove vuoi andare a parare. Dopo aver visto frustrati molti sinceri e umili tentativi di dimostrare di non essere affatto dalla parte sbagliata (nei quali fui anch'io gettato dalla parte del torto perché tentavo di sostituire alla loro istintiva reazione un semplice ragionamento), il giovane prese definitivamente la via per altri lidi.
Buona parte del vergognoso sfascio della Chiesa cattolica è dovuta al fatto che gli ecclesiastici innamorati delle mode sessantottine hanno cancellato il metodo tradizionale (e cioè: questa è la verità, io ve la insegno, voi la apprendete e la verificate) per sostituirlo con un assemblearismo in cui ognuno fa la propria omelia recitando il personaggio che ha scelto. Nel collaborare alla pulizia di uno sgabuzzino parrocchiale (da dedicare a ennesima sala riunioni) scoprii una vecchia busta con dei cartoncini grigioverdino con su stampigliato, a caratteri di macchina da scrivere anni settanta, domandine ai laici su quanto e come coltivassero “relazioni amicali” (sic) e altre imitazioni del già patetico lessico sessantottardo, che - a quanto pare - vescovi e preti intendevano sorpassare a sinistra.
Uno dei principali motivi dell'ostilità al movimento di Comunione e Liberazione (sentimento condiviso dai viceparroci di periferia fino agli alti papaveri ecclesiastici) era che il metodo della scuola di comunità non solo era una contraddizione netta di quell'ammorbante assemblearismo spontaneista di parrocchia, ma ne dava anche ragione: apprendere quelle Verità è addirittura vantaggioso, conveniente, cambia la vita, fino alla baldanza del “ti sfidiamo a verificarlo”, fino al don Giussani in persona che invitava esplicitamente a disertare la scuola di comunità qualora questa non ti facesse uscire cambiato (il che evidentemente richiede oltre ad una tua tensione, anche la tensione di chi guida e -in qualche modo- di chi vi partecipa con te).
Purtroppo anche i ciellini vanno in parrocchia, assorbendone spesso quella mentalità ancora durissima a morire e quei fastidiosissimi atteggiamenti, e le scuole di comunità si sono ridotte ad impegno dove marcare ordinatamente presenza. Non mi fa più meraviglia che esistano persone come quel giovane sopra citato che per un motivo banalissimo si allontanano polemicamente dal movimento, per poi magari sputarvi veleno venti o trent'anni dopo solo per un confuso brutto ricordo. La cancrena che sta invadendo vaste aree del movimento di CL si manifesta proprio coi caratteri dei gruppetti parrocchiali: l'assemblearismo “sociale”, l'entusiasta autoriduzione a professionisti dell'entusiasmo, la recitazione di un copione autoconfezionato e l'ostentazione di un gergo, quelle fastidiosissime frasi fatte («nessuno è perfetto! ma sei sempre polemico? non volevo intendere questo! ma con questo cosa vorresti dire?»), e l'idea di essere superiori agli altri nella misura in cui si dicono e fanno cose cielline.
Quella cancrena ha due forme: l'intellettualismo da giussanologi, e l'attivismo da cielloti. Da diversi anni me ne lamento con frequenza, scoprendo che sono vizietti ereditati dalla parte malata della Chiesa. Proprio quella da cui rifuggivamo, proprio i motivi per cui fuggivamo.
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