mercoledì 1 settembre 2010

Diocesi di Milano? Un nome ce l'avrei

Da qualche tempo, a intervalli più o meno regolari, circolano voci sul possibile successore di Tettamanzi alla diocesi di Milano[1].

Io un nome ce l'avrei[2]. Tento di spiegare qui perché per la cattedra di sant'Ambrogio proporrei al Papa questa terna: Luigi Negri - Luigi Negri - Luigi Negri.

Anzitutto partiamo dagli svantaggi e dai punti negativi. Negri ha alcune gravissime e infamanti “macchie” sul suo curriculum:
  1. in primo luogo è ciellino purosangue, perseguitato in quanto ciellino[3], giunto al sacerdozio nonostante l'essere stato ciellino, di spirito ciellino ancor oggi[4], ciellino vita natural durante;
  2. in secondo luogo, pur avendo una sensibilità liturgica Novus Ordo, è di manica larga per la Vetus Ordo (per esempio nel dicembre 2007 mandò un telegramma di ringraziamento al Papa per il motu proprio che liberalizzava la Messa tridentina);[5]
  3. in terzo luogo, ha ricordato spesso che la Massoneria e la Chiesa sono «inconciliabili», per di più riuscendoci senza ridursi a polemiche o compromessi[6].
Al clero ambrosiano (ed ancor più al laicato “impegnato”) spesso basta uno solo di questi tre punti per rigettare con fragoroso stracciamento di vesti anche il solo ipotizzare la “candidatura” di Negri.

Veniamo ora ai punti positivi.

Anzitutto è milanese. Conosce la diocesi di Milano meglio del tipico parroco perché il legame con Azione Cattolica[7] prima e CL poi lo hanno costretto a muoversi al di fuori delle quattro mura di una parrocchia[8].

Ha un vasto spessore culturale, dottrinalmente ortodosso, rigoroso ma capace di esprimersi con il linguaggio contemporaneo, tale da farsi capire dai giornali senza essere etichettato come noioso o retrogrado. Notoriamente uomo di cultura e con numerose pubblicazioni, prima che un uomo di governo è un uomo che insegna: proprio ciò di cui necessita la diocesi di Milano[9] (ben organizzata e strutturata, non ha bisogno né di accentratori né di decisionisti).

Non è un “carrierista”. Sebbene le voci su una sua promozione si siano moltiplicate[10] nel corso del suo episcopato nella diocesi di San Marino-Montefeltro, non si è comportato come quei vescovi che fanno “campagna elettorale” di se stessi[11].

Infine è sufficientemente anziano da non dover preoccupare chi non lo gradisse sulla cattedra di sant'Ambrogio.

Santità, ce lo faccia un pensierino.


1) Trattandosi di “voci”, questa misera paginetta di un misero blog (uc)ciellino non rappresenta altro che il divertissement di un laico qualunque, ben convinto che cambierà le carte in tavola con la stessa forza d'urto di una goccia di pioggia nell'oceano.

2) Non mi si accusi di conflitto di interessi, per almeno tre motivi. Primo: chi lancia quest'accusa lo fa in genere per nascondere il proprio conflitto. Secondo: l'ecclesiastico “al di sopra delle parti” è una figura mitologica la cui ricerca ha sempre riservato brutte sorprese. Terzo: bisognerebbe piuttosto rivolgere l'accusa a quanti fino a ieri ignoravano l'esistenza di mons. Negri e che in tempi recenti gli stanno dando contro con curiosa furia.

3) Una descrizione assai diplomatica delle persecuzioni subite dai primi “preti di CL” è presente nei primi due volumi Comunione e Liberazione, di don Massimo Camisasca, editi dalla San Paolo.

4) Sebbene all'elezione episcopale un sacerdote abbandoni formalmente ogni carica all'interno del movimento di cui eventualmente faceva parte, la forma mentis resta. Nel caso di Comunione e Liberazione non si pone alcun problema perché da sempre veniamo educati a valorizzare quanto c'è di buono in ogni ambito (laddove in certi altri ambienti sembrano piuttosto educare allo stile di “il resto del mondo ha sempre torto”; lo dico purtroppo per esperienza personale).

5) Dato che il cardinale di Milano è “caporito” della diocesi, si teme seriamente che qualora lo diventasse Negri verrebbe esteso al rito ambrosiano il motu proprio del Papa sul rito romano, estensione furiosamente ostacolata fino ad oggi (ricordiamo invece che la riforma liturgica di papa Paolo VI al rito romano fu immediatamente recepita anche per il rito ambrosiano: due pesi e due misure).

6) Come lui stesso dice nel documento citato, «senza livori ideologici e senza irenismi di maniera». In altri casi, succede un po' di tutto. Per grazia di Dio il mons. Negri non è un caso isolato.

7) Fino al 1971 la Gioventù Studentesca che seguiva don Giussani era inquadrata nei ranghi di Azione Cattolica, di cui mons. Negri - all'epoca ancora laico - ne era stato vicepresidente. Fu il cardinal Colombo a dichiarare che «i gruppi di CL... sono un libero e legittimo movimento di apostolato».

8) Ampie grida di dolore vengono da quelle porzioni di clero diocesano costrette ad avere come vescovo un professore di teologia o un funzionario di curia. Ma chiedere per vescovo “uno che sia stato parroco” (anche se parroco della stessa diocesi) risolve solo metà del problema.

9) La massiccia presenza di Comunione e Liberazione in terra ambrosiana è un problema solo per coloro che per partito preso detestano CL. Mandare un interista a Milano scontenterà i milanisti, e viceversa. Mandare uno che non è né interista né milanista, scontenterà tutti. A conti fatti, bisogna onestamente ammettere che un ciellino a Milano è insopportabile solo a certo clero progressista, agli abortisti e ai coatti dei centri sociali.

10) Ricordiamo che in tema di episcopati e cardinalati, quando i giornali danno per “candidato” qualcuno, di fatto stanno quasi certamente “bruciando” (o “tentando di bruciare”) la sua nomina. Col mons. Negri questo sporco trucchetto è stato applicato tante, troppe volte (specialmente da ecclesiastici). Nel mio piccolo anche questa pagina è un involontario “bruciare la candidatura”, ma per fortuna nei Sacri Palazzi e nelle redazioni dei giornali hanno ben altro da leggere che uno sperduto blog come questo.

11) Non parlo soltanto di coloro che aspirano ad essere promossi alla cattedra di sant'Ambrogio: è un discorso più generale. Anche presumendo la buona fede e l'esistenza di problemi risolvibili solo con trasferimenti, è doloroso vedere certi vescovi “saltellini”, tre anni in una diocesi, cinque in un'altra, altri due nella successiva, per poi andare in un'altra ancora prima di passare a un incarico in curia romana... ed è ancor più doloroso vederli agire - con parole e gesti - in maniera da tentare di influenzare eventuali decisioni sulle “promozioni”. Bisognerebbe ripristinare la tradizionale inamovibilità dei vescovi: lasci la diocesi solo se diventi Papa.

4 commenti:

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
ciellino ha detto...

Se scrivi una paginetta simile sul tuo blog, saremo due gocce nel mare anziché una per cui, se la matematica non è un'opinione, l'impatto totale sarà doppio.

Chissà quante gocce ci vorrebbero per avere un effetto consistente.

Matematica a parte, le acque non si smuoverebbero nemmeno se tu fossi il Papa in incognito. Credi forse che al Papa (diamine, proprio a questo Papa!) faccia davvero piacere avere vescovi come quelli che abbiamo visto nominare dal 2005 ad oggi?

C'è tutto un complessissimo gioco di equilibri che il Papa rispetta in quanto «male minore» per evitare mali «maggiori» che noialtri fedeli non riusciamo a vedere.

Per esempio (altra faccenda ben conosciuta nei sacri corridoi) si dice che interi episcopati (a cominciare da quello francese, sebbene in ginocchio per la scarsità di vocazioni) sono pronti allo scisma dalla Chiesa cattolica qualora il Papa fosse colto a celebrare in pubblico la Messa in latino (quella "di san Pio V"). Il male minore, in questo caso, è aspettare che i refrattari si estinguano per cause naturali.

Anonimo ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
ciellino ha detto...

Ti prego di non cadere nei tipici equivoci in cui incappano le "anime belle": cioè di sottovalutare i "lupi" che accerchiano il Papa e di pensare che per fare una bella pulizia basti comandare qualcosa in maniera perentoria.