domenica 16 aprile 2023

Hanno tempo solo per annoiarsi

Dopo ere geologiche di felice assenza ho dovuto sorbirmi uno di quegli eventi mondani a base vagamente mangereccia, scoprendo che nel corso di tantissimi anni non è cambiato nulla. Si paga l'obolo che dà diritto ad un assaggino e una bottiglina d'acqua, si gira per le strade affollatissime di affamati, ci si distrae davanti a un manipolo di aspiranti teatranti moderni, imbacuccati di tulle peggio che bomboniere umane e che recitano in rima qualche giargianata con la sicumera tipica dell'assemblea del partito.

Ad un certo punto mi accorgo che una delle chiese più tradizionali di quel paesello era illuminata proiettandovi personaggi di vecchi cartoni animati e altre robacce dello stesso tenore intellettuale, involontariamente resa simbolo del degrado avanzato della Chiesa contemporanea.[1]Rivolgo mentalmente una genuflessione al Santissimo Sacramento e nel mentre mi passa davanti una vacca sciolta, che è tradizione anche nei periodi semifreddi l'esibirsi come quelle a caccia di clienti paganti. Le fisso la mercanzia che aveva ben scoperto, con uno sguardo autistico-scientifico, e dopo un lunghissimo istante la modesta damigella decide di riassestare con discrezione i lembi dell'indumento, che essendo per sua natura ingegnerizzato per scoprire, non era molto propenso al concedere copertura. Avrei voluto proferire - alla maniera di don Giussani - “ma no, scusi, se non c'è niente di male ad andare in giro combinata così, può anche continuare, eh, non la stavo mica rimproverando”. Ma in quell'ultima frazione di secondo in cui eravamo nei reciproci campi visivi (procedeva in direzione opposta), ho sperato che quel gesto istintivo le tornasse in mente la prossima volta che clicca (o indica alla commessa) uno straccetto sottodimensionato turboscoprente ultravalorizzante.

C'è ancora un po' di residuo di percezione di decenza in questo mondo che ha perso la fede? Sì, ma in quantità “omeopatiche”, tali che è un evento riuscire finalmente a far affiorare un vago indizio. La badante della vicina va lamentando di dover fare un altro regalo di matrimonio, a due che convivono. Ma come, obietta risentita, una volta prima ci si sposava e poi si facevano i viaggi insieme. Ora prima viaggiano (indica due fidanzatini pomicianti) e poi si sposano e pretendono pure il regalo? Eh sì, l'abito bianco indicava una virtù preservata, il bacio alla sposa indicava un inizio di qualcosa “finché morte non vi separi”. Ora invece è solo una gara a sentirsi adulti (non in senso di lavoro e responsabilità, ma in senso di lussi e lussurie). C'è poi il ragazzetto complessato (grazie al divorzio dei genitori) che investe considerevoli quantità di risorse e ansie per raggiungere l'ambita perdita di verginità e che una volta riuscitoci scopre che la vita è uguale o peggiore di prima (e quindi ci chiede se conosciamo una buona psicologa, che ormai da almeno due generazioni la figura dello psicologo ha sostituito quella del direttore spirituale). E poi la ragazzina ancora alle elementari che sfoggia un dizionario da scaricatore di porto e un vestiario da battona di fine carriera, è così perché le sue due migliori amichette son figlie di divorziati. Figlie uniche, drogatissime di attenzioni, “problematiche” quanto al comportamento e alla volontà, si sostengono a vicenda nel zoccoleggiare dimostrando cosa succede a ciechi che guidano altri ciechi. Tra la folla sbuca anche quel vecchio amico che sbaracca all'improvviso da una città (e cerca in fretta lavoro in un'altra) ogni volta che la sua principale amante del luogo lo smolla. Salvo poi vantarsi da me che lui importuna solo le sposate poiché dopo aver ottenuto servigi sessuali è più facile scaricarle, e anche qualora divorziassero sarà più facile defilarsi. Sapessi, mi diceva sgomitando, la faccia che lei aveva quando mi son presentato a sorpresa al suo matrimonio; il marito aveva girato l'invito a tutti quelli che nella rubrica lei aveva marcato come amici, magari c'erano altri amici particolari come me…

Non sorprende che in un mondo così il problema principale sia quello di ammazzare la noia.[2] Gente che lamenta di non aver tempo, e poi si annoia. Gente che compra camionate di carabattole - da palestra, da gita, da collezione, da viaggio, da indossare… - e poi non ha tempo per godersele. E quando glielo ricordi, ancor prima di lasciarti finire la rapida battutina ironica, già stanno rispondendo con stanchezza: sì, hai ragione, dovrei, ma non ho tempo. Hanno tempo per annoiarsi ma non hanno tempo per le cose di cui in teoria sono appassionate. Così, tipicamente, mettono mano al telefono, in cerca di una chiacchierata in compagnia. Il magico rettangolino luminoso, quello da cui accedono all'enorme oceano di pornografia gratuita, ha anche il tastino per la chiacchierata. “Sai, sono in aeroporto”, ed io: scusami, ma se non è una faccenda davvero urgente dobbiamo rinviare la conversazione. Con espressione gentile ma dall'accento risentito, talvolta accettano. Spesso no. “Solo un'ultima cosa… solo un'ultimissima cosa…”: ho dovuto rispondere con fermezza “ora non è il momento, ti richiamo io” e chiudere mentre ancora diceva “dai, solo quest'ultimissimissima cosa e poi concludo…”[3]

Come facilmente prevedibile, c'è tutto un mercato che specula sulla solitudine e la noia. Un amico eroicamente compra una bici elettrica per poter fare passeggiate: mi vanta le caratteristiche tecniche come se fossero stangate alla noia. Problemuccio alla batteria, sostituzione in garanzia, rimontaggio, test, funziona, ci mancava solo che dicesse “non vedo l'ora di provarla”. Ed infatti la mette a prender polvere. Anni a prendere polvere (con il contachilometri che ancora non ha raggiunto le due cifre) solo perché non aveva mai tempo, e perché abitando in collina prende sempre l'auto, sia mai che la bici lo tradisca proprio a inizio salita. O quell'altro amico che ha comprato un glorificato monopattino elettrico, dopo tre brevi uscite la prima banale caduta e si rompe il polso e dimentica tutti gli infiniti discorsi che mi aveva fatto sullo scorrazzare in libertà. Ha l'auto ma si stufa di usarla per qualcosa che non sia lavoro. Mi telefona per sentirsi raccontare delle passeggiate che faccio. Si autoinvita, perfino!, per poi dare buca perché “troppo stanco, rimandiamo”.

Nella folla che si accalcava alla festa paesana, bramosa di ammazzare la noia[4] tutta compita e ligia nell'eseguire il rituale del “compriamoci qualcosa da mangiare” (o quello tutto femminile dell'esibire la propria mercanzia[5] aspettandosi di essere notate solo dal principe azzurro), vedevo tanto agitarsi e gridare (come se ciò fosse efficace per sconfiggere la noia e la solitudine). Si può essere soli anche allo stadio, con decine di migliaia di persone attorno a te che condividono la tua passione per il calcio e le tue emozioni per il goal, senza che quell'agitarsi e quel gridare scalfisca quella solitudine.


1) È innegabile la crisi profonda in cui versa la Chiesa fin dagli anni '60. Una delle prove è che gli anticorpi a quella malattia - come il movimento di Comunione e Liberazione - è stato ossessivamente ostacolato e boicottato dalla gerarchia ecclesiale finché Giovanni Paolo II ne preparò l'elegante bara con il riconoscimento istituzionale. Nella foga di mostrarci ubbidienti, abbiamo acconsentito a farci ridurre ad altro, a farci omologare a organizzazioni chiesastico-dopolavoristiche, a nascondere e sminuire ciò che eravamo pur di inseguire un'immaginaria pax ecclesiale. Nella foga di mostrare un'ubbidienza al Papa - che c'era sempre stata ma che non necessitava di essere sbandierata come il Plus Che Gli Altri Non Hanno - abbiamo finito per diventare papisti ultrà. Fu facile esserlo con Wojtyła, ancor più con Ratzinger, per poi infine non poter scappare dalla doccia gelata di Bergoglio, “il Papa Buonasera”, col Carrón che si arrabbattava in full damage control, finendo poi lui stesso per diventare esattamente ciò che il Papa gratuitamente criticava, cioè autoreferenziale. Non fu lungimiranza bergogliesca ma solo il frutto di quel manierismo papista, di quell'aver pagato l'istituzionalizzazione con l'omologazione, di quel sostituire la compagnia guidata al destino con un attivismo di etichetta.

2) Il tragicomico tentativo di azzeccagarbugliare con espressioni al confine fra teologico e smielato (come “gioia del vangelo”) da parte di certi cattoliconi da salotto è solo la ciliegina su tale torta. Don Giussani ci ha ripetutamente messo in guardia da ogni riduzione sentimentalistica e buonistica, fin dai primi capitoli de Il Senso Religioso. Codesti campioni del sospirare beatamente - con aria melanconica se si tratta di tragedie, o con aria giuliva se si tratta di banalità -, mentre pasteggiano un elegante vermouth o fumano un ricco cubano dopo il lauto pasto, credono di poter etichettare come cinismo, misoginia, omofobia, qualsiasi cosa non segua la loro vera religione, che è quella del politicamente corretto.

3) È il classico caso di chi desidera qualcosa (nel caso specifico una relazione stabile e duratura) ma fa di tutto per impedirsi di raggiungerla.

4) Bernanos in uno dei suoi romanzi diceva che la noia è come la polvere sui mobili, non ci fai caso, si accumula, non riesci a spazzarla via che si sta già accumulando di nuovo, fino a diventare insopportabile, e che più ci si agita e più è garantito che si depositi di nuovo, tutta, dovunque.

5) Uno dei più invincibili dogmi della nostra epoca è la confusione tra bella e sexy. Fin da bambine vengono “educate” a credere che l'apparenza esterna sia tutto, e che anche la più frivola delle racchie possa urlare con arroganza: “io valgo!”.

Nessun commento: