mercoledì 6 novembre 2019

Posso, dunque voglio - anche la bomba atomica

E quindi capitò la notizia di quel paesetto sperduto dove il distributore automatico di simulacri sessuali registrava il tutto esaurito dopo ogni notte. Non avevo tempo per vagliare i pro e i contro di tutte le possibili strategie per sfuggire all'imbarazzante discussione davanti a anime innocenti che non meritavano quella pubblicità virale. La prima idea che mi è venuta in mente è stata di accusare un leggero malore per distogliere l'attenzione, per poi -parte recitando, parte raccontando- rivelare qualcosa di me (che avevo sempre taciuto), allo scopo di tenere abbastanza a lungo spostata altrove la sua attenzione. Presto o tardi capita a tutti i pescatori di dover tappare una falla solo gettando il prezioso pescato del giorno: pazienza.[1]

Il meccanismo perverso più in voga nell'epoca moderna è il "si può, dunque si deve". L'affievolirsi della morale, consistito anzitutto nell'affievolirsi della capacità critica, dell'intelligenza critica, della capacità di guardare la realtà "criticamente" (cioè secondo tutti i suoi fattori) è ben riassunto nel modo di dire: "quando hai un martello, tutto sembra chiodo". Che si tratti di sesso, di droga, o di qualsiasi cosa riconducibile ai peggiori istinti umani, il solo fare il nome di una possibilità scatena un meccanismo irrefrenabile di curiosità (cioè di sottinteso desiderio) che può durare anche decenni. Cioè, in fin dei conti, fare il nome di qualcosa di cattivo significa evocarlo.

Il colpire ripetutamente civili inermi con una bomba atomica e l'ubriacarsi solo perché in frigo ci sono abbastanza bottiglie, sono azioni che hanno in comune lo stesso padre: "io sono in grado di farlo: dunque lo faccio". È quel sentirsi "in grado" a facilitare la messa da parte di senso morale, intelligenza, buon senso, e di aprire la strada al corto circuito tra l'accorgersi di potere e il volerlo fare a tutti i costi: "chi sei tu per vietarmelo? in questo momento ho deciso che lo ritengo necessario, sono in grado di farlo, dunque lo faccio". E se tenti anche minimamente di ragionare, "tu vuoi limitare la mia libertà, tu mi giudichi, tu non capisci cosa ho in cuore, sei il solito bacchettone". Per le birre come per l'atomica.

Una enorme percentuale di mali viene evitata dall'ignoranza. Il semplice non sapere che accanto alla mano c'è un martello è spesso più che sufficiente a non scatenare le tempeste del "tutto sembra chiodo".[2] Il non conoscere l'esistenza di certe grandi perversioni, evita materialmente a tantissime persone di compierle.[3] Paradossalmente, nel momento in cui scrupoli e morale scompaiono assieme all'intelligenza e alla memoria, ci tocca benedire l'ignoranza selettiva e addirittura coltivarla (è un paradosso solo perché abbiamo già dimenticato la lezione della Genesi: "conoscere il male" significa in fin dei conti averlo compiuto ed essersi posti nella condizione di poter continuare a compierlo).[4]


1) In quel momento non vedevo altra scelta; a distanza di qualche settimana sono ancora convinto che tutto sommato sia stato il modo migliore per salvare la situazione, anche se non posso essere certo che quella notizia pruriginosa, in mia assenza, non sia transitata di nuovo all'attenzione di quelle deboli anime che col mio strano comportamento ho inteso proteggere.

2) In genere è un processo piuttosto lungo. Dall'evocazione all'accarezzare l'idea, e fino al compiere una determinata malvagità, potrebbero passare anche parecchi decenni (motivo per cui già nel Salmo si domanda umilmente: "assolvimi Signore dalle colpe che non vedo" - non le vedo perché sono in fase di gestazione in qualche scomparto della mia testa, non sono ancora del tutto cosciente di aver cominciato a gironzolare attorno a certe idee, è una china ancora non sufficientemente ripida da destarmi allarme nella coscienza).

3) La rivoluzione pornografica accelerata dall'internet è stata talmente veloce che è ancor oggi sottovalutata.

4) Aveva dunque senso la "damnatio memoriae": il male non ha bisogno di pubblicità, non ha bisogno di essere conservato, non ha bisogno di essere studiato e compulsato da autori che prima o poi finiscono per provare un'invincibile simpatia per il male. Come quel ridicolo gesuita che a furia di respirare l'aria polverosa della propria biblioteca, nel corso degli anni aveva finito per infatuarsi un eretico del V secolo che, a suo dire, andava assolutamente "riscoperto" e "rivalutato". Ecco, ora cominci a provar curiosità anche tu per questo innominato eretico, conoscerne il nome, sapere cosa andò proclamando. È così che funziona l'evocazione.

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