martedì 1 maggio 2018

Twitter e la dignità del lavoro

Qualche annetto fa ironizzavo sull'utilizzare Benedetto XVI come strumento pubblicitario per l'allora imminente ingresso in borsa di Twitter. Ad avvenuto trionfale ingresso, sui giornali fu tutto un coro di peana che ignorò alcune questioni fondamentali che provo qui a riassumere in ordine sparso.[1]

La prima è che l'operaio è degno della sua mercede. Ma perfino nella Chiesa cominciamo a dimenticare che la dignità del lavoro è infinitamente più grande dei successi della speculazione tanto bramati dal mondo. L'entusiasmo generale per quella quotazione in borsa sembra dovuto all'inconfessabile desiderio riassunto da quell'espressione siciliana: fatt'a nomina e va' cùrcati, fatti un nome e poi puoi pure andartene a dormire. Cioè al sogno di vivere di rendita: basta farsi un "nome", basta imbroccare l'occasione giusta, riempire i granai e poi dire alla propria anima: hai da campare di rendita per tanti anni, datti dunque al riposo e all'allegria. Quanto sia diffuso lo notiamo continuamente, dal nonnetto che brucia la sua pensione comprando gratta-e-vinci al negoziante che simula un furto tentando di frodare l'assicurazione, passando per il maldestro improvvisato rapinatore che pensa che arricchirsi sia facile come in quei film, e poi l'imprenditore che alla riuscita del suo primo investimento fa di tutto per chiudere la produzione e trasformarlo in una rendita...

La seconda è che in Italia il mondo del lavoro si trova accerchiato da sei diverse mafie, e non per modo di dire. Per anni agli incontri con la Compagnia delle Opere ed al Meeting ci siamo sentiti ripetere l'incessante mantra della passione per il proprio lavoro e della positività del reale, applaudendo ubbidienti agli ospiti invitati ad illuminarci con le loro insignificanti omelie. Certe volte perfino qualche grosso esponente del movimento si lasciava prendere la mano profetizzando, se non un avvenire radioso, almeno un presente sopportabile. Decenni di fatica a educare alla realtà e quei signori s'ingolfavano nelle proprie fantasie, dimenticando che il secondo miracolo italiano (cioè la non ancora totalmente riuscita devastazione del mondo del lavoro) non era destinato a durare all'infinito. Confondono la speranza con l'ottimismo: è per questo che nessuno li etichetta come lamentosi, è per questo che vengono ancora stancamente applauditi.

Cioè commettono per analogia lo stesso errore di coloro che pensano di vivere di rendita. Come la signora che ha costruito la sua piccola fortuna sul boom della compravendita di immobili e non ha fatto in tempo a ritirarsi dal gioco quando il mercato immobiliare ha avuto una battuta d'arresto. Come l'operaio che aveva costruito il suo tesoretto giocando in borsa negli anni d'oro e scoprendo troppo tardi di aver già bruciato nel mercato azionario l'eredità ricevuta dai suoi. Come il rappresentante che gabba tutti i clienti per raggiungere il bonus e poi licenziarsi e scappare. Il pattern è sempre lo stesso: la speranza ridotta a ottimismo, nella forma dell'idea che basti un colpetto di fortuna per vivere di rendita il resto dei propri giorni.

La terza è che un'azienda quotata in borsa non diventa migliore. E nemmeno più ricca. Le azioni di un'azienda "salgono" quando la speculazione le fa salire, per esempio quando l'azienda annuncia l'intenzione di licenziare personale, oppure quando annuncia la fusione con un'altra. Sui giornali si parla troppo del mercato azionario e troppo poco di lavoro reale: e a furia di sentir parlare di borse, azioni, finanziamenti, nessuno si chiede più cosa produca materialmente l'azienda e quanti posti di lavoro[2] esattamente crei il fatto che le sue azioni salgano del venti, cinquanta, ottanta per cento.[3] Incredibile sentir vantare i Tanti Milioni di Follower del Papa su Twitter (diverse volgarissime cantanti pop ne hanno dieci volte tanto), cioè dei milioni di iscrizioni ad un database privato (oggi quotato in borsa) che "seguono" l'iscrizione del Papa sullo stesso database privato diventando così involontario sponsor aziendale.

Una volta erano i preti a spiegare certe cose alla povera gente. Il contadino diffidente di ogni Grande Novità in Arrivo, lo era perché in quella parrocchietta di campagna c'era un prete che spiegava la dignità del lavoro - proseguimento dell'opera creatrice di Dio -, che ridicolizzava il sogno del vivere di rendita, che faceva notare che l'avidità è anche quella in giacca e cravatta con depliant pieni di numeretti colorati, che il gioco d'azzardo è utile solo al demonio, e che il senso della vita non consiste nel bruciarla per accumulare improbabili ricchezze che provocano la sindrome del "roba mia, vientene con me". Abramo, il Qoelet, Mosè e altre spremutine di Bibbia, per carità, lasciamole come passatempo per i monaci in pensione: per chi va elucubrando di diete, borsa, oroscopi, e non sa neppure come si fa il segno della croce e a cosa serve esattamente la confessione, c'è bisogno di una robusta dose di dottrina cattolica. A cominciare dalla passione per il lavoro e dalla dignità del lavoro.


1) Da allora ad oggi le azioni di Twitter hanno perso più della metà del loro valore, nonostante la continua crescita di Twitter.
2) La tragedia della diffusa disoccupazione ci ha fatto lentamente mettere in secondo piano la dignità del lavoro rispetto ai proclami sul numero di posti di lavoro.
3) Segreto indicibile: il valore delle azioni non influisce per nulla sulla qualità dell'azienda e sul suo andamento. È vero il contrario, e solo nei casi in cui qualche giornale può sbattere un titolone in prima pagina.

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