domenica 27 maggio 2018

No, non intendo aiutarlo a rovinarsi il lavoro

Una delle cose che più mi mandano in bestia è ricevere una telefonata di domenica pomeriggio che non contenga esclusivamente buone e inattese notizie. La domenica, se non esistesse, bisognerebbe inventarla: quantomeno per abituare mentalmente i lavoratori al fatto che sono lavoratori, non schiavi del proprio lavoro. La domenica è per andare a Messa e per riposare, con o senza partite. La domenica, per carità, il lavoro va tenuto fuori dalla propria scatola cranica, e il cellulare va usato al più per inserire su Facebook le foto dei propri cani e gatti.

Un'altra delle cose che più mi mandano in bestia è quando mi telefonano per chiedermi aiuto su una faccenda di lavoro riguardante altre persone (ed è invariabilmente "una cosa urgente"), come se l'amicizia consistesse nel subappaltare il problema di qualcuno a qualcun altro, finché la catena di subappaltatori si completa perché c'è qualcuno che non sa dire di no e si accolla la questione (e raramente con risultati lodevoli).

Ed un'altra è quando quella faccenda di lavoro consiste nell'incerottare una soluzione già sinistrata, traballante, in guerra fredda con le più elementari norme di sicurezza e del buonsenso. Cioè quando uno desidera essere aiutato a suicidarsi (lavorativamente).[1]

E il peggio è quando tutto questo succede in quella stessa telefonata ricevuta di domenica pomeriggio. Il cellulare esige proprio di essere spento di sabato sera e riacceso solo il lunedì mattina.


1) Bisognerebbe istituire fin dalle scuole elementari corsi obbligatori di educazione a far funzionare il proprio cervello per non farsi guidare dall'ansia ma dalla realtà. Titoli delle lezioni: "rifare tutto daccapo non è sempre un disonore", "il meglio uccide il bene (ma ciò non implica che il bene vada incerottato in eterno)", "una gravidanza dura nove mesi ma non puoi allestire un team di nove mamme per ottenere un figlio in un mese".

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