lunedì 2 maggio 2011

Non do soldi alla parrocchia

Non sono uno zio Paperone: in vita mia non ho mai sguazzato tra le monete d'oro. È da sempre che devo stare attento anche all'ultimo centesimo, per cui i termini “donare”, “contribuire”, “regalare”, alle mie orecchie suonano in modo alquanto diverso rispetto a chi può liberarsi di qualche euro senza avvertirne seriamente la mancanza. Non avendo molto “superfluo” di cui liberarmi, potrei essere considerato “povero”, se questo termine oggi non fosse così melensamente abusato.

Non ricordo più quando è stata l'ultima volta che ho lasciato qualche moneta durante l'offertorio della messa parrocchiale. Mi ripugna l'idea di contribuire alle brutture parrocchiali, per giunta proprio qualche istante dopo il celebrante ha trovato modo di terminare la sua noiosa omelia sui luoghi comuni dettati dal telegiornale della sera prima. Sogno (posso solo sognarlo) che un giorno tutti diventino come me, e diano le proprie offerte solo laddove il crocifisso sembra davvero un crocifisso, laddove i paramenti non sembrino spezzoni di tendaggio dozzinale, laddove non si sprechino centinaia (o migliaia) di euro per amplificare certe patetiche esibizioni canore... sogno cioè di vedere che le offerte dei fedeli diventino proporzionali al modo in cui viene curata la chiesa[1], proporzionali all'ortodossia[2].

In parole povere, non riesco a donare “con gioia” quando vedo sprechi.

Al contrario, altrove “dono con gioia”. Come qualche giorno fa. Metto volentieri mano al pur magro portafogli, e poco dopo mi trovo spesso a chiedermi se e come potevo dare di più. Molto di questo “altrove” è diretto alle opere del movimento, perché ho ben presenti certi volti e certe opere, ho visto con i miei occhi quella “ingenua baldanza” quali frutti ha già portato. Aver già visto come vengono ben spesi i miei due spiccioli liberamente donati loro, mi induce a donare ancora.


1) Sul blog Fides et forma c'è una gran quantità di testimonianze sulle brutture architettoniche spacciate per “nuove parrocchie”, costruite con i soldi raccolti con l'«otto per mille». Tra i peggiori esempi di spreco delle offerte dirette dei fedeli spicca purtroppo l'orrore eretto a San Giovanni Rotondo.

2) Il grande Rino Cammilleri, un po' scherzando e un po' no, suggeriva l'idea di “tassare” l'eterodossia, ossia colpire alla scarsella i preti che liberamente scegliessero di deviare dal tradizionale insegnamento della Chiesa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

scusa sai, ma mi sembra un po' infantile questo criterio: c'è un'oggettività nell'offerta in chiesa (il soldo sia di metallo che di carta) che risponde innanzitutto ad un'altra oggettività: le spese per la luce, il riscaldamento, le particole (!), ...
Oggettività uguale a quella particola trasformata di cui vai a cibarti in un brutto edificio. Non c'è qualcosa di più dietro ai paramenti, ai crocifissi, ecc ? E se c'è, non merita i tuoi 50cents ?

ciellino ha detto...

Interessante parola: "meritare".

L'offerta dei fedeli è il pagamento di un servizio?

Oppure è solo la riconoscenza del fedele?

E prima di inserire il tuo elucubrante commento, avevi letto solo il titolo della pagina del blog, oppure tutta la pagina fino all'ultimo paragrafo?