domenica 20 ottobre 2019

Salmista in salmì

Forse il massimo segno della crisi della Chiesa è quell'aver ridotto la liturgia ad una recita da palcoscenico (in cui peraltro non si ha alcuna voglia di seguire il "copione", cioè i libri liturgici).

Un tale mi si avvicina e con un sorriso idiota mi chiede: «vuoi fare il salmista?»

In quel momento corrono nella mia mente le immagini dei salami, del coniglio in salmì e di altri salumi e salamelecchi. Poi, d'un tratto, il mio intuito brucia tutte le scorte di caffeina rimaste nell'organismo e così, con la faccia più onesta possibile e sommamente sforzandomi di non ridere né proferire turpiloquio, retoricamente gli chiedo: «ehm… cosa?»

Il suo sorrisetto si fa ancora più idiota: «il salmista! oppure la preghiera dei fedeli! ognuno deve fare qualcosa, su!»

Devo aver assunto una faccia da pesce lesso ma per mia somma fortuna uno degli autoimpegnati più volenterosi della parrocchia emerge dal nulla e, più lesto di un vigile urbano che vede la tua auto in quarta fila, grida: «faccio io il salmista!» I due cominciano a battibeccare quel tanto che basta da dileguarmi come un'anguilla accortasi di essere in ritardo.

Partecipare alla Messa è diventata un'arte complessa. La liturgia cattolica, sublime e maestosa, si è quasi ovunque trasformata in un cerimoniale autogestito da buontemponi, con una fittissima selva di regole non scritte.

Ma… cos'è in realtà la liturgia? e perché si è ridotta a questo punto?

Ad entrambe le domande si può rispondere con le parole di Gesù stesso: «fate questo in memoria di Me».

Gesù ha detto queste cose ai suoi apostoli. Ha dato loro non solo l'esclusiva del "fare questo" (munus sacerdotale) ma ha implicitamente garantito che non serve una platea di spettatori-protagonisti. Infatti la Messa è ugualmente valida sia che il sacerdote la celebri con il popolo, sia da solo, sia concelebrando senza popolo, sia col popolo.

Quindi il problema di "cosa far fare al popolo per far riuscire meglio la Messa" è fondato su un equivoco, su un'invenzione di qualche ignorante annoiato. Hanno confuso la "partecipazione" («far parte di») con il "partecipare" («prendere parte a»), cioè hanno confuso l'unirsi spiritualmente al Sacrificio dell'altare… con il fare qualcosa.

Il Messale non è altro che una lista di istruzioni, la descrizione della best practice per fare «questo in memoria di Me». È un librone voluminoso, perché ci sono anche cose facoltative, cose consigliate, cose alternative: non è un software. Ma per qualche misterioso motivo, i preti oggi evitano di seguirlo, prendendosi molta più "libertà" della tanta che già ne concede.

Sembra insomma che i sacerdoti abbiano dimenticato la semplicità del «fate questo» per convincersi che la Messa sia una messinscena, uno spettacolino televisivo, come quei quiz a premi che prevedono la "partecipazione" del pubblico in sala: non a caso, le festicciole parrocchiali prevedono l'imbarazzante obbligo di essere "tutti protagonisti", come se l'urgenza fosse di massimizzare la quantità di parole pronunciate, come se la riuscita fosse proporzionale alla frenesia e alle rumorose risate, come se il successo fosse misurabile col numero di persone che si sono scatenate. Come se l'entusiasmo e l'allegria fossero "partecipazione", come se fossero programmabili.



5 commenti:

Unknown ha detto...

Quante parole! Per combattere la logorrea dei preti si oppone la propria!

Luca Gili ha detto...

Ha mai provato ad andare alla Messa in latino?

JP ha detto...

"ognuno deve fare qualcosa, su!"
A questo hanno ridotto il cristianesimo. Fare,fare,fare.
Ma si fa perché si è o si è perché si fa ?

ciellino ha detto...

Sì, la soluzione è la Messa in latino. Quando possibile. La parrocchia è diventata peggio di un dumpster fire, per dirla all'americana.

Luca Gili ha detto...

la mia priorità nella vita è vivere sempre vicino a una chiesa con la messa in latino quotidiana.