lunedì 19 settembre 2016

Strategie didattiche

Una volta, nelle scuole, c'erano solo il preside, gli insegnanti e gli studenti. I termini dicevano esattamente tutto: al preside tocca presiedere, agli insegnanti tocca insegnare, agli studenti tocca studiare. Oggi invece è tutto un valzer di super presidi, registri elettronici, corpi docenti, sostegni e tutoraggi, debiti formativi, interdisciplinarietà, personale ATA,[1] corsi di aggiornamento, anni di prova, collegi docenti, lavagne elettroniche e strategie didattiche...

Una volta, se lo studente si beccava un'insufficienza, era colpa sua: o incapace di studiare, o svogliato. Oggi invece l'insufficienza è colpa del docente che non ha saputo attuare una strategia didattica[2] adeguata a promuoverlo.[3] Il diciotto politico dei sessantottini è diventato legge nelle scuole di ogni ordine e grado.

La scuola italiana in pochi decenni si è ridotta ad un triste e affannato teatrino appestato dalla burocrazia. Insigni docenti si affannano in stupidi progetti d'istituto e attività extrascolastiche (a cominciare dall'immancabile spettacolino teatrale, naturalmente "interdisciplinare") per guadagnare una sorta di premio produttività di poche centinaia di euro[4] (con ampie scorrettezze e fratricidi di contorno: il premio è solo per la minoranza dei "migliori" docenti e ATA). Senza contare quegli insulsi "scambi culturali" consistenti, se va bene, nel farsi la gitarella all'estero spacciandola per attività di lavoro. E attenti alla suprema cazziata dal preside: perché le lezioni devono limitarsi rigorosamente e asetticamente al libro (ma allora a che serve pagare un insegnante visto che la lezione frontale può essere eseguita con un registratore e le interrogazioni con questionari prestampati?). Il tutto condito dallo strapotere dei presidi che possono far fuori chi vogliono, tranne... i docenti più meschini e inutili.

Proprio mentre veniva meno l'educazione di popolo invocata dal don Giussani, la scuola ha rinunciato a educare per limitarsi a istruire, dopodiché ha rinunciato a istruire per limitarsi a diplomare. A suon di elaborate "strategie didattiche" (con un rateo di successi da far ridacchiare Wyle E. Coyote), la scuola dovrebbe far diventare entusiasta, acculturata e intelligente questa pigra gioventù di selvaggi con telefonino. E noialtri ci si meraviglia che i 'gggiovani giungano alla maggiore età conoscendo un vocabolario di appena trecento parole.


1) Amministrativo, Tecnico, Ausiliario: la versione moderna dei bidelli e della segretaria.

2) Le strategie didattiche sono vincenti - per quantità e qualità - come il Gratta e Vinci.

3) Una non trascurabile percentuale di studenti ottiene miracolose promozioni dovute a fattori esterni, come ad esempio il far quadrare le statistiche della scuola.

4) In certe scuole l'entità del premio dipende dalle attitudini al leccapiedismo dei docenti.

Nessun commento: