Avvenne qualche tempo fa. Una coppia di sposi perde il suo unico figlio. Un dolore grandissimo, inimmaginabile per chi non lo ha vissuto.
Ma una volta lontani dal condividere il loro dolore, riemergono nel cuore certe strane domande. Un solo figlio. Figlio unico. Per lui sempre il meglio: dal più blasonato pannolino al miglior giocattolo di marca: mica stracci, mica giocattoli cinesi (tossici!), mica dentifrici non raccomandati “dall'associazione medici dentisti”. La tata certificata non meno che culle e passeggino, le frequenti visite mediche specialistiche (quelle normali sono per i plebei), merendine e bibite a basso contenuto di zuccheri, palestre importanti per uno sport intelligente, feste di compleanno con animazione professionale, corso di pianoforte e di lingua inglese, mica a giocare a palla, mica con la coperta del supereroe che andava di moda fino all'anno scorso, mica lo zainetto quello che stanca le spalle, e poi mille rimbrotti alla maestra perché non lo affaticasse, lite furiosa con la vicina di casa che ha usato il trapano proprio durante le ore di studio del prezioso pargoletto... Strana domanda: perché è capitato proprio a noi?
Sì, l'incidente. Banale, assurdo, inspiegabile: gli aggettivi per definire un incidente sono sempre gli stessi, perché tutti sono profondamente convinti che gli incidenti possano capitare solo agli altri.
Un incidente infatti attiva tutto un insieme di procedure non scritte ma uniformemente riconosciute. Costringe a far di tutto per non sembrare più gli stessi. Fingere di cercare ragioni e riuscire a non trovarne mai. Cercare qualcosa contro cui vendicarsi, invocare regole dallo Stato, protezione dalla società, sostegno dai conoscenti, solidarietà dagli sconosciuti. Reclamare, con ogni scusa possibile, soldi, soluzioni, memoria, fama. Fingere di accollarsi responsabilità ma con la pretesa di essere immediatamente e universalmente riconosciuti innocenti. Cercare perennemente qualcuno o qualcosa a cui affibbiare la colpa, accusando di “cinismo” chiunque non solidarizzi a norma di galateo moderno.
Insomma: è il passaggio dall'aver fabbricato un figlio “di successo” al ritrovarsi improvvisamente senza figlio e senza “successo”. Ci si sente come derubati di un enorme investimento ancora in corso, come quando il cane va a leccarsi per un momento l'impasto della torta vanificando due ore di preparazione e consegnando al nulla il calore del forno acceso.
Ecco: ci si sente derubati. Consideravano il proprio figlio come una loro proprietà, un loro progetto, su cui hanno investito tempo e denaro per la messa a punto, impegnandosi a rispettare i più elevati standard del momento... ed un incidente li priva del loro Unico Figlio. Sì, un incidente, proprio ciò che non avevano mai (dico: mai!) previsto nemmeno come remota possibilità.
Inutile parlare a chi non vuole ascoltare. Inutile parlare di speranza a chi ha perso un investimento per un incidente “imprevisto”.
Nei tempi bui (fino a mezzo secolo fa) avevano un figlio unico solo coloro che per problemi fisici non erano riusciti ad averne altri. Un incidente era qualcosa che non riguardava solo “gli altri”. La morte di un figlio, fosse anche il figlio più amato, non riduceva i genitori a due professionisti disperati per essere stati derubati del loro investimento.
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