Le poche parole di don Stefano mi fanno tornare in mente gli auguri di don Carròn ai novelli sacerdoti della San Carlo al termine dell'«Anno Sacerdotale segnato da terribili prove per la Santa Chiesa».
Mi fanno anche ricordare una Messa a cui ho partecipato recentemente: ad eccezione di una bambina, ero la persona più giovane dell'assemblea; al momento della Comunione, ho contato in fila con me ventotto donne e quattro uomini (a parte il sottoscritto e la bambina, erano tutti sopra i cinquanta-sessant'anni di età). Il celebrante aveva la cadenza e la lentezza di una recita per l'asilo infantile, la chiesa stessa mostrava più il colore giallino delle pareti che qualsiasi altra cosa.
Da un lato una Chiesa che stancamente si trascina su sè stessa, una faccenda di anziani e per anziani, una cosa in via di estinzione per cause naturali. Dall'esterno una persecuzione solida, palpabile, incessante, per screditare anzitutto il sacerdozio cattolico. In fondo, in periferia, un manipolo di «innanzitutto uomini» che nella semplicità (e perfino “con un po’ d’imbarazzo, non sapevo che cos’altro dire…”) rende presente Cristo.
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