venerdì 28 ottobre 2016

Pianista, cioè nato ricco

Da bambino notavo - con invidia e fastidio - come un mio compagno di classe fosse sempre pieno di "giocattoli" da adulti. Strumenti musicali veri, apparecchiature da tecnico elettronico vere, bici da strada vere, enciclopedie e librerie vere, apparecchiature fotografiche vere, una casa adeguatamente climatizzata... Oltre naturalmente ad una vasta quantità di giocattoli che aumentava anno per anno.

La presenza di un vero pianoforte in casa non è garanzia che uno dei figli diventi pianista, ma è comunque una prima indispensabile e irrinunciabile premessa. Se avessi avuto anch'io in casa un violino o un pianoforte, ci sarebbe stata una possibilità per desiderare (e ragionevolmente convincere i genitori) di entrare in conservatorio. Non puoi intestardirti a voler entrare in conservatorio se gli strumenti musicali veri li hai visti solo in televisione: sarebbero anzitutto i tuoi genitori, col loro fondato scetticismo (nonostante l'idea stuzzicante di un figlio musicista), a farti passare l'ispirazione.[1]

Quel compagno di classe è poi divenuto pianista. La storia di ogni pianista, insomma, comincia con un pianoforte vero in una casa adeguatamente climatizzata.[2] La povertà materiale fa regolarmente strage di talenti. Non mi sarei meravigliato se fosse diventato un ingegnere, o un ciclista professionista, o un fotografo. O anche qualcos'altro, vista la varietà di "strumenti" a disposizione per stuzzicare la sua intelligenza fin da piccolo.[3]

A chi sentimentalmente obiettasse che il vero talento non muore e che prima o poi trova un modo per esprimersi, occorre far notare che la vita è breve, e che il tempo perso nella noia e nelle distrazioni e nel desiderare ciò che "non ci si può permettere", non torna più. È agghiacciante notare certuni che, superati i venti o addirittura trent'anni, in qualche modo cominciano ad accorgersi di aver bruciato l'intera infanzia e adolescenza in attività non creative, cioè in ultima analisi noiose (come lo spostare pupazzetti colorati sullo schermo, come il cazzeggio su Facebook, come il seguire telefilm, spettacoli, sport, solo perché non c'era altro di stuzzicante...) e la cosa li manda ancor più in depressione.


1) In una società attratta solo dalla volgarità e dal chiasso, con che prospettiva ci si impegna a studiare per vent'anni in conservatorio per diventare direttore d'orchestra?
2) Se nel passato abbiamo avuto grandissimi talenti provenienti da famiglie non ricchissime, è perché un ambiente "familiare" e imbottito di arte - cioè le parrocchie e i conventi - sopperivano a quella povertà. Oggi, con le chiese-garage, la fede ridotta a intimismo, l'arte ridotta a brutture comprensibili solo da critici specializzati, resta a stento la famiglia. Che ha come principale preoccupazione quello di distrarre i figli. Oggi la massima aspirazione del tipico ragazzino è di diventare youtuber, cioè una star che guadagna soldi grazie all'esibizione della propria ignoranza e della propria cafoneria.
3) Un trapano a percussione non va messo in mano ad un bambino di sei anni: ma se il bambino in questione ti vede usarlo con soddisfazione, prima o poi vorrà provarlo. Quel passaggio da giocattoli (cioè strumenti per distrarti) a strumenti veri (cioè quelli che servono a fare e creare davvero), accompagnato da un adulto che esprime una passione, normalmente segna una vita intera.

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