giovedì 16 aprile 2015

Venticinquemila euro, ti rendi conto?

Per un osservatore esterno il tifoso è quello che si dedica con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l'anima ad un determinato tipo di spettacolo. Lo sport, infatti, è uno spettacolo: gli attori, debitamente preparati e addestrati, si danno da fare per la riuscita della rappresentazione (“vincere”). Vengono regolarmente pagati - la loro compagnia teatrale si chiama “società sportiva” - e sulle loro performance c'è tutto un mercato editoriale e televisivo, oltre che di merchandising di gadget e perfino di scommesse. Il tassello più importante del mosaico è che tali attività “sportive” non producono nessun cambiamento della società, e gratificano il tifoso solo di emozioni autoindotte dal tifoso.

In misura minore ci sono altre rappresentazioni che si propongono alla libertà dei singoli, come ad esempio quei quiz televisivi in cui si vedono i partecipanti vincere somme di denaro assurdamente alte rispondendo a ridicole domandine di cultura generale e tentando la sorte. Anche lì, come nello sport, c'è una scenografia elaborata su misura degli spettatori, c'è quel po' di tensione della decisione da cui dipende “la vita o la morte”, anche lì c'è la socializzazione indotta (la nonna che mi chiede: “hai visto? ha sbagliato la domanda da 25.000 euro, ti rendi conto?”), l'idea di fuga dalla realtà (“ah, se li avessi vinti io quei 25.000 euro...”).

È come sempre il panem et circenses, col solito corredo di lotterie e modi per rovinarsi la vita.

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