lunedì 19 luglio 2010

Intrigo al Concilio Vaticano II

“Gli americani fanno le guerre perché poi ci fanno i film”. Parafrasando, dovremmo dire che la Chiesa cattolica ha fatto il Concilio Vaticano II perché poi se ne facessero libri, articoli e discussioni a non finire. Obiettivo centrato fin troppo bene: a quasi mezzo secolo dall'apertura, nessuno se ne stanca mai di parlarne e di scriverne (il 2012 sarà apocalittico non per i Maya ma per le celebrazioni e contro-celebrazioni del cinquantennale).

Mi dicono che ogni Servizio Segreto è dotato di una Sezione Speciale i cui addetti non fanno altro che compulsare romanzi (soprattutto gialli) perché è noto che ciò che è troppo pericoloso affermare si può sempre romanzare. Chi ha orecchi per intendere intenderà e discernerà fra ciò che è plausibile e ciò che è fantasioso.

Qui, scusate se me la rido, intendo dare una mano ai Servizi Segreti perché non si affatichino troppo nella lettura di Intrigo al Concilio Vaticano II di Rosa Alberoni, edito da Fede e Cultura, casa editrice assai meritevole a cui si può perdonare questo peccatuccio veniale. Il romanzo, infatti, mi pare poco meno che una lettura da spiaggia.

A pagina 4 trovo il solito caveat: «ogni riferimento a fatti e a persone è puramente casuale». In quarta di copertina una netta smentita: «ha detto un anziano funzionario della Curia: “c'è più verità in questo romanzo che in mille opere scritte sul Concilio Vaticano II”». Smentita impegnativa (anche se notoriamente le curie non brillano per intelligenza e verità) ed accompagnata dalle affermazioni dell'autrice in qualche intervista («sono venuta a conoscenza di una congiura ordita contro il Papa durante il Concilio Vaticano II»).

Col recensire un romanzo per stroncarlo, si finisce tutto sommato nel fargli un po' di pubblicità che non meriterebbe. Sarà che sono abituato alla prosa ferrea di una Flannery O'Connor, o allo stile inglese di un Lewis o un Marshall. Sarà che spazio fra Cammilleri (con rigorosa doppia emme) e Dobraczynski, fra Corti e Dostoevskij, fra Grossman e Bernanos. Sarà. Passare da vini di pregio a una gazzosa un po' sfiatata è sempre traumatico.

Lo stile del racconto, infatti, mi pare quello di un'adolescente fiera della sua media alta che si accinge a far cronaca romanzata. La prima metà del libro è una lunga introduzione riassumibile in “ci sono i buoni e i cattivi”: superflua per l'addetto ai lavori, non entusiasmante per il lettore che scorrendo le pagine comincia a domandarsi perché i cattivi sono arrivati così in alto e così organizzati.

Pazienza: non si poteva pretendere un riassunto del monumentale (e introvabile) Complotto contro la Chiesa. Ma ho la netta impressione che per spiegare cosa è successo in quel novembre 1964 la Alberoni abbia speso troppe parole, specialmente sulla protagonista e sulle sue focaccine.

La parte interessante del romanzo è concentrata in poche decine di pagine e non dice molto rispetto a quanto già noto di quei giorni. I motivi della crisi del post-Concilio vengono liquidati in poche righe. La lunga omelia finale non rende giustizia al romanzo e comunque, anche se fosse solo per questa, mi è proprio difficile consigliare una lettura del genere.

Me lo presentavano come il novello Windswept House, e invece era solo uno stucchevole racconto estivo per casalinghe.

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