mercoledì 23 agosto 2017

Far soldi giovanili a palate

Ero a cena da amici. La figlia, sui dieci anni, sogna - come ormai tutti quelli della sua età - di diventare una famosa youtuber che guadagna cataste di milioni facendo un po' di smancerie davanti a una webcam. Il sogno di far soldi a palate con zero fatica e massima vanità calato addosso a una ragazzina di dieci anni - e non è il primo caso che mi capita.[1] Vuole consigli. I genitori mi guardano con estatico interesse.[2] Resto lì imbambolato come un pesce surgelato, perché in un istante mi si accavallano diverse immagini in testa.

La prima viene da non ricordo più quale romanzo. Un sacerdote rimedia ad una fanciulla i soldi per realizzare il sogno di diventare ballerina.[3] La fanciulla, come tutte le donne di spettacolo, si rovinerà la vita passando di letto in letto.

La seconda è un amico cineoperatore che mi raccontava amareggiato la foga dei suoi capi nel ricordargli di inquadrare il più frequentemente possibile le curve delle signorine semisvestite impegnate nelle solite mignotterie. Non era per moralismo o per fede: era per la delusione. Sognava di contribuire alla produzione di qualche bel film, di qualche serie di successo, e invece si ritrova a riprendere con la massima tecnologia immaginabile scene di estrema cafoneria e pornografia di fatto.

La terza è quando una praticante non fu assunta perché i suoi social network avevano contenuti un pochino imbarazzanti per una donna della sua età. Ma senza il quotidiano raccolto di Like la signora non riusciva a sentirsi a suo agio. E la quarta è il sottoscritto da bambino a cui qualcosa aveva suscitato la sete di provare tutto ciò che gli fosse stato proibito, specialmente quando senza convincenti e dettagliate spiegazioni.[4]

Così, in un attimo, accetto il compromesso - non posso fare una lezione di teologia e morale a chi ha già eletto di farsi vedere su youtube - e, nella segreta speranza di far leva sulla sua pigrizia mentale, elargisco qualche Importante Consiglio Professionalmente Tecnico: nel girare i video, non avere un background che distrae, non avvicinarsi alla videocamera per evitare di uscire in parte fuori campo, chiudere porte e finestre per non arricchire l'audio di rumori della strada, aver davanti (fuori campo) un testo scritto da recitare in modo da non intervallare con i noiosi "uhm beh allora insomma"...

C'è un che di diabolico nell'evoluzione della vanità giovanile in fissazione di poter fare soldi a palate adoperando la propria immagine. Cioè nell'aver smesso di ricordare - a casa come in famiglia - le lezioni del passato prossimo. Tredici anni fa Youtube non esisteva. Tredici anni. Un soffio.


1) È come per quei ragazzini che credono di diventare ricchi da un giorno all'altro con poche cliccate del mouse investendo la propria paghetta in qualche altcoin e imbroccando il momento magico del mooning, cioè di quando il valore schizzerebbe in alto fino alla luna.

2) Chissà se in quel momento pensavano solo a vantarsi "mia figlia è già un'affermata YouTuber", oppure stavano già calcolando come gestire il tumultuoso fiume di soldi che riceveranno.

3) Il sacerdote in questione, tutto pio e generoso, era talmente convinto di far del bene da illudersi che la donzella avrebbe sempre resistito ai meccanismi perversi di quel particolare ambiente.

4) Per questo mi fu concesso di fumare una sigaretta quando lo chiesi seriamente. Quando ebbi tra le dita quella roba fumogena e puzzolente, istintivamente mi ritrassi. Mai fumato una sigaretta in vita mia.

lunedì 21 agosto 2017

MilanoMilano

Una curiosa malattia della nostra società: la divisione netta tra tempo passato lavorando e tempo passato godendosi la vita. Come se il tempo speso sul posto di lavoro non fosse vita, ma fosse solo il prezzo da pagare per poter sentirsi vivi, per pagarsi tempo "vivibile". Prima lavorano tutto il giorno, e poi la sera devono "esagerare". Dopo tutta la settimana, il week-end in cui si deve "esagerare". Dopo qualche mese di lavoro, in occasione di ogni ponte o di ogni settimana di ferie, occorre "esagerare". Come se la vita finisse in caso di assenza di "esagerazioni".

Così, abbiamo questa vecchia conoscenza che una quindicina d'anni fa ha lasciato il paesello per andare a lavorare a Milano. Per conquistare quella che considerava la sua libertà. E la prima cosa che ha fatto lì è stata adeguarsi a quella moda: da un lato lavoro senza sosta, e dall'altro esagerazioni senza sosta.

Alle soglie dei quarant'anni, si iscrive al corso di canto. Moderno. Canzonette anni ottanta. Prima lezione, il maestro super esperto la rimprovera... senza sosta, perché a Milano è tutto senza sosta. Severissimo, dicono che sia bravo, in realtà lo fa per togliersi dalle balle gli sfaccendati che credono di comprare un talento senza altro impegno che pagare la tariffa. Invece di mandarlo a cagare, lei prenota le lezioni successive, e l'esimio professore assegna anche i compiti per le vacanze: esercitarsi sulla Donna Cannone, che dovrebbe essere un brano famoso (non fatemelo cercare con Google). Ma forse ha prenotato solo perché a quel corso - al pari del corso di ballo, della piscina, del club - si possono conoscere dei single.

Single, sì. La menopausa incombe, e dopo aver passato tutta la vita fertile a evitare di diventar mamma, decide che le occorre trovare un compagno con cui fare un figlio. Unirà l'utile e il dilettevole, prenotando una vacanza a Rimini. Mi chiede se conosco Rimini. Certo che la conosco, ci andavo almeno due volte l'anno - per gli esercizi spirituali e per il Meeting del movimento. Ma no, tu non la conosci, tu a Rimini non vai mai per divertirti. Oh, cielo, divertirsi a Rimini: e cosa c'è di tanto divertente? Girare per negozietti e localini in mezzo a un fiume di gente in attesa di occasioni di peccare contra sextum?

Mi confida che intende tornare a una certa vacanza per single, una cosa organizzata per far incontrare la domanda e l'offerta. La tanto agognata libertà della donna ha prodotto solo una catasta di attempate ultratrentenni single che lavorano per pagarsi il tempo "vivibile" (quello dove si "esagera") e che nel frattempo avvertono con con crescente allarme l'avvicinarsi dell'ultimo rintocco della fertilità.

Ha ripetuto liturgicamente il solito discorso sulla necessità di una reciproca attrazione fisica e mentale (come se questi due ingredienti, una volta apparsi, fossero garantiti a vita... e come se avesse dimenticato di essere già da troppi anni nella fase declinante della propria vita fisica). Ha setacciato la comitiva di amici, il gruppo del corso di canto, i compagni di classe del liceo, per accorgersi che gli unici single sono solo i soliti rimasugli stantìi del fondo del magazzino. I principi azzurri hanno già tutti moglie e figli - e quelli divorziati hanno già sottomano qualcuna più appetibile. E sullo sfondo, questa società del "guadagna-consuma-crepa" si sta estinguendo.

Intanto il suo "ex" fidanzato col quale da giovane spese sette o otto anni di fidanzamento lavora presso una stazione di servizio col terrore di essere prima o poi sostituito da un extracomunitario. L'età e la forza di gravità lo hanno trasformato: il palestrato di una volta vede sbiadire e trasformarsi in modo goffo i suoi primi tatuaggi, non riesce a liberarsi della pancia da bevitore, ha una pelle che sembra una giacca spiegazzata, sembra un sessantenne in ogni dettaglio - salvo il fatto di avere appena 45 anni. Vive in perenne attesa del giorno di paga: qualche tempo fa è stato ridotto al lastrico dalla ex moglie che sposò convinto della reciproca "attrazione fisica e mentale". È già tanto che abbia ancora una vecchia Hyundai usata, che costituisce l'oggetto delle sue preghiere-imprecazioni mattutine finché non si accende il motore. Talvolta riesce perfino a chiedersi cosa sia andato storto nella sua vita.[1]


1) A questo scenario manca solo il giovane parroco che durante la predica dica che bisogna farsi tutti evangelizzatori e leggere una pagina di Vangelo ogni giorno e commentarla in famiglia. Se gli va bene, i due soggetti citati in questa pagina si limiterebbero a indirizzargli un'occhiataccia interrogativa: da quale remoto pianeta sei appena arrivato?

domenica 20 agosto 2017

Fantozzi aveva improvvisamente capito di doversi dare al ciclismo

La seria crisi del movimento di Comunione e Liberazione era già cominciata da anni ma fu ufficializzata da quella sferzata a piazza san Pietro due anni fa, che dai piani alti ci comandarono fin da subito di spacciare per carezza. La recente intervista di don Carrón conferma quell'ordine perentorio di scuderia insistendo nel sostenere la teoria dei Grandi Cambiamenti Radicali Senza Precedenti[1] che forse non sono tanto grandi, e ancor meno radicali, e ancor meno senza precedenti, visto che noialtri popolino bue veniamo ossessivamente considerati incapaci di notare.

Ho sempre diffidato di coloro che ad ogni questione replicano cambiando discorso e infilando le parole "ben altro". Me lo ha insegnato il movimento, a diffidare di chi declassa questioni teologiche a pastorali, psicologiche, politiche, quando non addirittura a slogan e sofismi. Me lo ha insegnato don Giussani, specialmente per ciò che riguarda la fede, il riandare agli aspetti essenziali piuttosto che crogiolarsi nel benaltrismo. Per questo mi addolora leggere don Carrón paragonare le esternazioni del Papa al linguaggio sì duro, ma non imbarazzante, usato da Cristo. La fedeltà al Suo Vicario andrebbe intesa come tifoseria? Quando il Papa fa un pasticcio, occorre in verità tacere e pregare perché si ravveda e confermi i suoi fratelli, non ostentargli appoggio incondizionato, non tentare di far sembrare sacrosanta e infallibile l'imbarazzante esternazione.[2] Quando dice che Bergoglio sarebbe la "radicalizzazione" di Ratzinger, restiamo a bocca aperta pensando che si tratti di una barzelletta di cattivo gusto.[3]

Ed è imbarazzante perché il Papa non si rivolge a qualche novello Zaccheo - che, ricordiamolo anzitutto a Carrón, già desiderava vedere il Signore e ha cambiato vita ancor prima che il Signore entrasse in casa sua. Ed è imbarazzante che Carrón ci ammannisca un discorso su un'imprecisata libertà, imprecisati conflitti, imprecisati confronti, imprecisato ottimismo... ma scusate, Carrón è il capo del movimento o è l'ultimo arrivato in Azione Cattolica? Non è che a un discorso fumoso si appiccica l'etichetta "Cristo ha incontrato" e improvvisamente il tutto diventa ciellinissimo e cattolicissimo.[4] Un sazio perbenismo non si combatte con un perbenismo imborghesito, e ancor meno un donchisciottesco attaccare nemici pressoché inesistenti, come il presunto moralismo dei presunti fanatici delle regole, sostituito da un incontrismo senza regole in cui magicamente l'incontrarsi fa diventare tutti più buoni.[5]

Ma forse Carrón, dopo due sessenni alla guida del movimento, ha in agenda qualcos'altro.


1) Per parlare di "cambiamenti" occorre precisare rispetto a cosa. E perciò dare anche un giudizio. Mancano nelle scuole di comunità sia il primo che il secondo. Un cambiamento di cui è vietato parlare è -ad esempio- l'avere un Papa di cui vergognarsi. Un altro tabù è l'autoriduzione del movimento a ciò che avevamo sempre criticato, a partire dalle alte sfere. Ma non sono questi i "grandi cambiamenti epocali" di cui parla Carrón.

2) Che il Papa abbia sempre bisogno di "ravvedersi" per confermare i suoi fratelli non è un'opinione. C'è qualcuno che si è ravveduto di più, qualcuno di meno. Questi due punti dovrebbero essere sufficienti a capire che è un errore madornale l'atteggiamento di tifoseria, e lo sapeva anche don Bosco, e lo sapeva ancor più l'Apostolo delle genti.

3) A chi si rivolge esattamente Carrón? Nonostante la collaudata abilità dialettica, ad un lettore più attento non sfuggirà che il suo papismo di maniera è stato inserito a forza nell'intervista per farlo apparire compatibile con la terminologia in voga nel movimento. Dico terminologia perché ho l'impressione che Carrón abbia annacquato i termini quanto basta, come se l'intervista fosse mirata a spacciarsi - dentro e fuori del movimento - per tifoso ultrà di papa Bergoglio. Ma a che serve esattamente?

4) Questo metodo funziona solo al contrario. Prendi una torta di qualsiasi qualità, appiccicale sopra una defecazione del tuo cane, e il risultato è sempre uguale qualsiasi torta tu abbia scelto.

5) È anche peggio di quando a furia di parlare di avvenimento i ciellini dimenticano che se avvenimento c'è stato, c'è poi anche l'invincibile sete di conoscenza delle verità di fede.

domenica 6 agosto 2017

Presto! Prepara una domanda intelligente!

Un problema fondamentale della scuola italiana è l'aver sempre promosso la mentalità del mettersi in mostra. Come se contasse non la capacità di analizzare e risolvere i problemi, non la capacità di sintesi e lo spirito critico, non la capacità di vedere anche ciò che il libro non mostra, ma solo l'indovinare la rispostina prima degli altri, per trasformarsi da spettatore a protagonista e guadagnare invidiosi applausi. "Presto, presto! prepara una domanda intelligente!" Cioè: diamoci da fare per metterci in mostra. La scuola-telequiz non è un fenomeno recente, anche se certi intrattenimenti televisivi dell'ultimo mezzo secolo hanno pesato moltissimo nel consolidare la mentalità.

Al sottoscritto brucia ancora il ricordo degli anni spesi nell'assecondare gli insegnanti nel loro sterile nozionismo.[1] E fa ancora sorridere il ricordo dello sguardo avvelenato di certi compagni di classe, esperti della risposta rapida e della "domanda intelligente", quando con aria annoiata li battevo sul tempo: il danno e la beffa.

Un vecchio proverbio americano dice che educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco. Nella scuola italiana - e soprattutto nella burocrazia scolastica italiana - lo scopo ultimo è di riempire un secchio, litigando al più su come lottizzare lo spazio disponibile nel secchio.[2] Un insegnante di mia conoscenza è stato redarguito dal preside perché bisogna essere indifferenti rispetto ai contenuti, e i contenuti vanno rispettati secondo il piano prestabilito. Vietato esprimere giudizi, vietato guardare più in là. Mi chiedo, a questo punto, a che serva pagare un insegnante visto che per la lezione frontale può essere sostituito da un registratore e per le interrogazioni può essere sostituito da questionari prestampati. Ma poi chi farà la "domanda intelligente" per mettersi in mostra e surclassare gli altri?

Il risultato di quest'intelligentismo è che quando parli non ti ascoltano. O hanno una "domanda intelligente", o devono farti capire che loro sapevano già come si fa. Cioè un'ignoranza piena di sé.


1) Fu paradossalmente una vera fortuna cominciare il lavoro e gli studi universitari con tutta l'ignoranza che aveva saputo darmi la scuola. Appresi con passione, con sete di conoscenza, partivo dall'idea di essere ancora ignorante. I colleghi "secchioni" proseguirono nel metodo del riempire un "secchio" di nozioni, ma nonostante i centodieci-e-lode e tutti gli extra, non riuscivano a sviluppare né l'intuito, né la creatività, né la passione, e nemmeno quel saper esprimersi in modo frizzante tale da attrarre l'interesse sia dell'esperto che del principiante.

2) Come in tutte le lottizzazioni, bramano di infilare dodici o tredici litri in un secchio da dieci, e c'è sempre qualcuno che non vuol rimanere in disparte e pretende di aggiungere un quattordicesimo litro.

sabato 5 agosto 2017

Effetto cobra

Secondo un diffuso aneddoto, durante il protettorato inglese sull'India, i governanti inglesi a Delhi, preoccupati per la diffusione dei serpenti velenosi cobra, stabilirono una ricompensa per chiunque avesse consegnato un cobra morto. Dopo il successo iniziale, gli indiani si diedero da fare per allevare cobra da consegnare per riscuotere il premio. Il governo, venutone a conoscenza, ovviamente smise di pagare, col risultato che gli allevatori di cobra si sbarazzarono delle ormai inutili bestie... senza ucciderle. Il risultato fu che i cobra in circolazione risultarono molti di più rispetto alla situazione iniziale.

Secondo un altro aneddoto, storicamente più documentato, durante il protettorato francese in Vietnam, i governanti francesi stabilirono una ricompensa per ogni topo ucciso, da pagarsi dietro la presentazione della coda. Non ci volle molto a vedere Hanoi infestata da topi con la coda mozzata: i vietnamiti non uccidevano i ratti perché altrimenti non si sarebbero riprodotti e sarebbe terminata la fonte di guadagno.[1]

Fra il 2000 e il 2005 negli Stati Uniti venne approvata una legge per alleggerire il carico fiscale ai proprietari delle ferrovie che avessero "ammodernato le linee". I diretti interessati subito ne approfittarono, smantellando le linee poco usate (presentando la cosa come prima fase dell'ammodernamento) e vendendo i metalli avanzati alla Cina. Che era in pieno boom e disperatamente a caccia di acciaio, anche usato. Pochi anni dopo - già dal 2009 - le compagnie ferroviarie lamentavano di non trovar più posto dove parcheggiare vagoni. Negli stessi anni, in Italia, ugualmente partiva un ammodernamento che ha "snellito" la rete, cioè l'ha impoverita.

Ma è fin dagli Atti degli Apostoli che abbiamo notizia di storpi che temendo il miracolo della guarigione (cioè la fine dei propri guadagni, miseri ma comodi perché l'elemosina non è un lavoro) preferirono nascondersi. L'avidità umana fa dimenticare - o considerare tutto sommato tollerabile - qualsiasi problema: Franza o Spagna, purché se magna. Anzi, una volta associato il problema al guadagno, l'uomo tende a far permanere il problema pur di non perdere il guadagno. Ai vietnamiti che più soffrivano il problema dei ratti, suonava più importante un topo vivo (capace di generare nuovi topi dotati di coda) che uno morto. Agli indiani che rischiavano ogni giorno la morte per un morso di cobra, venne non solo l'idea di allevarli (come se il denaro degli inglesi fosse infinito e aspettasse solo loro), ma anche di sbarazzarsi dei cobra non più riscattabili... lasciandoli vivi (troppa fatica uccidere le pericolose bestie, e poi un dispettino agli inglesi tirchi ci sta bene, no?).

Questa dinamica funziona ovunque - scuola, lavoro, giochi, frivolezze, perfino affetti - e se ne teorizza perfino lo sfruttamento a proprio vantaggio - schemi Ponzi, pubblicità virale, ecc.


1) La prima volta che ho osservato personalmente un "effetto cobra" fu diversi anni fa, quando le compagnie telefoniche italiane offrivano minuti gratis e autoricariche: un conoscente si vantava di aver lasciato nel cassetto della scrivania due telefonini accesi e sotto carica, col primo che riceveva una telefonata dal secondo per ore intere, estraendo "autoricarica" a danno di due canali cellulari perennemente occupati. Oppure un altro, che avendo scoperto che all'epoca la TIM fatturava le telefonate circa undici minuti dopo l'inizio della chiamata, faceva solo mini-ricariche in modo da arrivare con pochi centesimi di credito, e approfittare lì per telefonare a sbafo per undici minuti alla tariffa super costosa.