venerdì 13 ottobre 2023

Frattaglie - 22 - ciò che non ebbi tempo di twittare

Il soggetto tipico che vedo passare per strada mentre stendo il bucato cammina guardando i Tiktok in vivavoce nel gracchiante cellulare. Dev'essere una droga talmente potente da dover essere consumata al minimo segno di astinenza, cioè anche camminando. In compenso, quando sono in bici e qualche automobilista mi sorpassa in modo azzardato a distanza ravvicinatissima o addirittura mi taglia la strada, lo vedo quasi sempre con una mano sul volante e l'altra ad armeggiare col cellulare. Bonus points se dall'altra corsia c'è un cretino con gli abbaglianti accesi o peggio un anabbagliante “starato” verso l'alto, cioè che abbaglia.

Domenica scorsa una donna si è sentita male durante la Messa. Era seduta fra i banchi, è crollata a terra. Ho pensato subito al famoso Elisir di Lunga Vita e Prosperità. Le hanno portato un po' d'acqua da bere, si è rimessa su, visibilmente affaticata, e uno che le faceva sempre tante feste (si è adolescenti anche sopra i 50, specie se single) l'ha sorretta con un braccio dietro la schiena offrendosi di accompagnarla a casa. Mi chiedo se domenica la rivedrò, o se ne apprenderò il nome da qualche manifesto funebre, aggiungendolo alla crescente lista di parenti e conoscenti che senza motivo, e in largo anticipo rispetto alle statistiche, hanno lasciato questo mondo.[1]

Ieri si è sentito male uno nel bed'n'breakfast di fronte. Ambulanza a sirene spiegate. Mai sentite tante ambulanze come in questi ultimi tre anni. Sono ormai un suono quotidiano. Una volta quelle sirene erano l'evento del mese, di cui si parlava e straparlava in piazza davanti al baretto per ammazzar la noia del venerdì sera.

Da molti anni ho una connessione internet orribile. È lenta,[2] cambia indirizzo diverse volte al giorno (per cui navigando risultano all'improvviso pagine “appese” e tocca ricaricarle o rifare qualche login), ogni tanto si “inceppa” e va resettata a mano, in certe ore della giornata è talmente lenta da rendere frustrante qualsiasi operazione, ogni tot settimane per qualche ora è impossibile navigare. Non c'è video che possa guardare senza dover fare pause per attendere il caricamento dei pochi secondi successivi. Tutto questo ha influito sul mio modo di navigare, alimentandomi da un lato il disincanto per ciò che c'è su internet (nel senso che devo ritenere davvero interessante qualcosa prima di cliccarci anche solo svogliatamente), e dall'altro un fastidio per la quantità crescente di materiale insignificante (pubblicità, testi copiaincollati, pagine tanto pompose e graficamente ricercate quanto vuote e stupide). Installai Instagram solo perché ce l'hanno amici che non usano quasi altro, non sono mai stato tentato di installare Tiktok, il mio tempo giornaliero su Youtube raramente supera il mezzo minuto totale, Twitch non so neppure come si usa, men che meno i vari Spotify, Netflix, Dazn, Prime… Sarà per questo che ancora resisto su un blog.

Ah, quei momenti in cui ti rispondono “ma che è?”, e vorresti controbattere con: deficiente d'un imbecille, abbiamo fatto anni di scuola di comunità insieme, interminabili e ripetutissime spiegazioni di termini che dovrebbero far parte del normale lessico cristiano, su questioni per cui ci siamo tanto scaldati in passato e su cui mi hai tu stesso entusiasticamente segnalato articoli da leggere per capirne di più, e reagisci come il porco davanti alle perle? Non è mica obbligatorio rispondere subito a un messaggio, non siamo mica a scuola dove per guadagnare tempo devi preparare la Domanda Intelligente™? Ma allora tutte quelle interminabili chiacchierate al telefono, in macchina, in fila, ti erano solo un passatempo? E sì che per carattere mi secca moltissimo spendere anche solo dieci secondi per arieggiare (e far arieggiare) corde vocali, quando non c'è nemmeno il benefit dell'alleviare la tensione che ci si porta dentro. Mi secca dover avere a che fare con gente per cui il tempo va passato con lo small-talk o con una sterile ripetizione di formule per manifestare ad una platea immaginaria un'appartenenza a un qualche club.

Da bambino avevo sete di storie. La scatola magica in cucina era l'unica a raccontarmene. Con tanto di sigle, personaggi tutto sommato credibili, jingle adeguati nei momenti topici, storie tutto sommato coinvolgenti, e perfino qualche product placement che ispirava. Non avendo altri divertimenti (i compagni di scuola più ricchi avevano giocattoli, bici e motorini, o venivano portati in gita dai genitori), la scatola magica finì per assorbire tutto il mio tempo libero. Fino al punto in cui per scherzare con un compagno di classe tirai fuori una battutina che lui non capì perché non aveva seguito religiosamente entrambi i telefilm a cui alludevo. Ci restai un po' male: com'è possibile che qualcuno non sappia ciò che è avvenuto in quelle due storie così importanti? Tornato a casa, mi accinsi liturgicamente a seguirne le puntate successive. Provai un vuoto dentro. Erano solo pupazzetti nella scatola magica, vestiti come sempre, dicevano le stesse cose di sempre, in piedi, seduti, per strada, in casa, sempre le stesse cose, per di più cose lontane dalla mia cultura, uscivano, spendevano, mangiavano, socializzavano in modi preconfezionati e totalmente diversi da ciò che avveniva qui al paesino. Ogni puntata era profondamente uguale a tutte le precedenti, lo show si trascinava solo perché il produttore aveva firmato per un certo numero di episodi e non aveva più idee su come riempirli. Fu così che cadde uno dei principali pilastri della mia dipendenza dalla scatola magica: i compagni di scuola non erano abbastanza credenti, e avevo cominciato ad esserne ateo anch'io. Anche quando vi dedicavano più ore di me, non erano credenti, e non lo erano nemmeno quelle volte che si professavano sinceramente seguaci di qualcuna di quelle storie.[3]

Quanto vorrei aver l'arte di spiegare a grandi e piccini che è inutile avviare liti coi vicini se non ci sono né grossi ed evidenti motivi, né documenti legali. Come direbbe Sun Tzu, un buon generale non è quello che consegue cento vittorie in cento battaglie, ma quello che vince una battaglia senza combatterla. Ma tanto chi ha deciso di infognarsi in stupidi contenziosi non vorrà comunque ascoltar ragioni. Un popolo regredito alla barbarie ha come hobby pricipale il litigare coi vicini, anche se non fosse necessario per affermare (almeno davanti allo specchio) una qualche superiorità.

È defatigante fare slalom tra gente impegnata da tempo immemorabile in una faida all'italiana, fatta di reciproci dispettini calibratissimi per essere costosi e fastidiosi, schivando fendenti e aggirando trabocchetti. Ma avverto bene quando tirano troppo la corda, strattonano, insistono, tentano di coinvolgermi in questioni tutt'altro che urgenti, ma che per tanti motivi non posso fingere di ignorare. Ieri sera, l'ennesima liturgia delle chiacchiere, quella dell'imbonitore che fra un sorriso ed un'espressione di circostanza si lascia sfuggire un termine tecnico che una volta tornato a casa ho cercato in rete. E ho chiesto a qualcuno. E ho scoperto l'ennesimo trabocchetto da cui dovrò tirarmi fuori, per evitare non tanto quella valanga di spese inutili ma quella valanga di rogne da gestire.


1) Uno dei miei vecchi compagni di scuola è morto di “infarto fulminante”. E sì che bisogna specificare che è fulminante, perché in tanti casi di infarto normale, cioè prima della Prima Grande Offensiva Vaccinale, spesso la vittima riusciva a cavarsela. Così come vedo fra amici, parenti e conoscenti uno stillicidio di “spopolamenti” vaccinali, allo stesso modo suppongo che lo stiano vedendo tutti quelli che a suo tempo hanno gareggiato a farsi l'Elisir di Lunga Vita e ancor più a ridicolizzare, aggredire, emarginare, gli scettici come me. Per fortuna avevo tagliato i ponti coi compagni di liceo praticamente il giorno stesso della maturità, senza cadere nelle esche buoniste e nelle compagnonerie che occasionalmente venivan fuori.

2) La “lentezza di internet” non è tanto nel throughput (“quanti bytes transitano in un secondo”) ma nella user experience, “quant'è farraginoso completare il caricamento di una pagina o inviare una risposta”. C'è una specie di corsa degli asini: da un lato connessioni sempre più veloci (cioè con caratteristiche di throughput eccezionali), dall'altro una gara ad abbellire (cioè appesantire) la user experience. Che però è un viziaccio ineliminabile perché uno dei problemi fondamentali di chi sviluppa servizi su internet è assicurarsi che dall'altra parte ci sia un essere umano anziché un robot.

3) Nonostante fossero poco credenti della Scatola Magica, erano spesso molto praticanti, al punto da farsi influenzare scelte di vita, stile nel parlare, vestire, mangiare… e così non ne sono diventati mai veramente “atei”. Anche quando hanno sostituito la Scatola Magica con lo Streaming Magico, facendosi raccontare storie da altre piattaforme simil-televisive.