mercoledì 20 giugno 2018

Salvare i semi

Salvini già non mi piace più:[1] ha lanciato il tema "gli zingari" senza dire la cosa più essenziale: che la legge deve valere per tutti, non solo per gli italiani onesti e di reddito medio-basso.[2]

È un vecchio trucco clericale[3] quello del lanciare il tema. È un vaccino contro il vero problema: fatene parlare tutti, se ne parli fino alla nausea, tanto er dibattito nel giro di pochi giorni si sposta altrove e tutto rimane come prima. Anche un politicante di mezza tacca sa che lanciare il tema è un'arma - e sa che la fucilata va sparata lontano dal proprio piede. E sa anche che le armi di distrazione di massa vanno usate con parsimonia, perché provocano dipendenza peggio della droga.

È da molto tempo che la politica non mi stuzzica più. Non si può parlare di politica se la sovranità è stata svenduta da un pezzo e le decisioni che ci riguardano vengono prese a Bruxelles. I nostri governi fanno ordinaria amministrazione, autorizzati a gestirsi le proprie piccinerie, e obbligati a ratificare ciò che ci impone l'Unione Europea. Il triste spettacolo in corso - omosessualismo, distruzione della famiglia, immigrazionismo, perversione dei bambini... - ha una regia che non teme la politica. Porre speranze nella politica significa ormai contentarsi che il Titanic abbia gli oblò ben puliti mentre affonda.

L'ultimo vero atto sovrano dell'Italia non lo ricorda più nessuno: la crisi di Sigonella. Era l'undici ottobre 1985 e i Carabinieri puntarono i fucili contro i militari americani del DEVGRU.[4] Craxi piegò Reagan. Sette anni dopo cominciò Tangentopoli e avvenne la svendita sul Britannia. Il berlusconismo fu poco più che un debole colpo di coda prima di annodare il cappio dell'Unione Europea. Quando la politica era importante, i ciellini venivano gambizzati e la Jaca Book si beccava le molotov, e solo perché la stampa ci accusava di "fare politica", cioè di avere un'opinione non allineata a quella dei comunisti.

Nello sfascio generale la massima urgenza dovrebbe essere quella di salvare i semi da piantare. Come farebbe qualsiasi contadino nell'imminenza dell'alluvione. Affannarsi sulla politica, anche solo per condividere l'ennesima sacrosanta vignetta su Facebook, è una perdita di tempo.


1) Detesto parlare di politica e ancor più fare il nome di un politico e ancor più valutarlo. Ciò infatti scatena i più elevati vertici di frenetica stupidità umana con l'incontenibile foga del "devo assolutamente dire la mia" investendo zelo, tempo, energia e nervi senza fare economia. Sono le stesse persone che sbadigliano quando si tratta di questioni davvero serie e del tutto urgenti. È un paese di politicanti e di allenatori. Con quel cognome in cima a questa pagina, ora il blog otterrà parecchia visibilità e parecchi commenti.

2) L'Italia è già ridotta a una giungla (zingari ed extracomunitari mezzo secolo fa erano meno di una rara nota di colore), poiché ciò che non sei in grado di nascondere e proteggere è in balìa di qualsiasi bestia di passaggio. E prima di emigrare occorre riflettere bene, per evitare di trovare altrove uno scenario simile.

3) Il clericalismo da tempo non è più appannaggio esclusivo dei preti. Penso ad esempio a certe dinamiche nella pubblica amministrazione.

4) Assecondare il gangsterismo dei "temibili" (stando a Hollywood) DEVGRU Seals Team 6 avrebbe significato ammettere pubblicamente l'inesistenza di una sovranità italiana.

venerdì 15 giugno 2018

Ancora sulla barbarie che avanza

Tra i totem dell'epoca contemporanea c'è il Bambino in quanto Prodotto Perfetto di due genitori,[1] uno dei totem che hanno preso il posto di Onore, Reputazione, Onestà, Affidabilità...[2] Pertanto oggi una delle più terribili "bestemmie"[3] è minacciare un bambino un po' troppo ladruncolo e dispettoso dicendogli: fammi parlare con tuo padre altrimenti le buschi.[4] "Le buschi": le due parole che scatenano un'instancabile escalation.[5] L'immediatamente successiva patetica scena da Cavalleria Rusticana è stata l'utile occasione per battere accanitamente sul tasto dolente:[6] il fatto che "è solo un bambino", lo autorizza ad essere dispettoso?[7] Suvvia, il fatto di essere "solo un bambino" lo esonera dall'educazione?[8] Bastano le parole magiche "è solo un bambino" per dimenticare che noi, alla sua età, le abbiamo buscate davvero quando facevamo qualcosa di sbagliato?[9]

Come i par miei, mi illudo sempre che esporre ragioni serva a qualcosa, che richiamare princìpi induca almeno un pochino a miti consigli, che ad indicare la luna non sia il dito a ottenere attenzione. Macché. I sacri tabù contemporanei sono perennemente assetati di sangue,[10] e lo sport di cui sono campioni i loro adoratori - il chiacchiericcio condito con l'ostinata confusione tra realtà, paure e sogni - farà il resto.[11] Mi quereleranno per "minacce a bambino"? (tipica scena italiota: diversi mesi dopo, ormai dimenticata la faccenda, ricevere una lettera da un avvocato...).[12] Daranno fuoco al cortile o alla macchina o a qualcos'altro che qui riteniamo necessario o affettuoso?[13] (non lo fanno mica solo a Napoli e Detroit).[14] Si vendicheranno creandomi pasticci tra familiari e vicini di casa? (questo insignificante villaggio di selvaggi con telefonino già vanta pluridecennali faide avviate per non si sa più quali bizzarri motivi).[15]

L'esercito di genitori che mi aveva accerchiato mi stava vincendo per estenuazione. Mi sarei contentato di ottenere che uno di loro ammettesse che sì, l'educazione non è un optional, e già non ci speravo più, quando il genitore "colpevole" si lascia sfuggire in un plurale maiestatis una clamorosa ammissione che getta altra benzina sul fuoco: "fummo noi quella volta a..." (a fare un dispettaccio del tutto gratuito ai miei nonni, motivabile solo dall'invidia). Gli rispondo in un lampo, con un'espressione istintiva di sorpresa che da sola vale già mille discorsi: "dunque siete stati voi?!" Peccato non aver avuto le telecamere a far notare, da quel momento, la sua incapacità di guardarmi in faccia e la sua fuga dal capannello un minutino dopo.[16] Anche una persona adulta e ben addestrata a imbottire di sofismi le discussioni può avere un momento di ingenuità, un vero e proprio autogoal.[17] Chi si crogiola in pensieri di vendetta,[18] prima o poi si fa sfuggire qualcosa del genere, riaprendo ferite che erano rimarginate già da un pezzo.

Quello che mi addolora, dunque, è che questa società non è più viva. È un cadavere caldo. È una massa di selvaggi con telefonino, non "barbari" ma selvaggi: il barbaro non ha mai conosciuto la civiltà, il selvaggio è quello che la civiltà l'ha rifiutata, non la vuole più. Il barbaro può ancora lasciarsi educare qualora si imbatta in qualcosa che lo affascina, il selvaggio rigetta gli ultimi brandelli dell'educazione ricevuta sostituendola alle apparenze e alla legge della giungla. Il barbaro dopo non troppo tempo si è convertito: il selvaggio va magari in parrocchia ogni domenica ma è di fatto tornato alla superstizione. Può avere l'iPhone, il SUV, il microonde e la fibra ottica, ma non riconosce più concetti elementari come la dignità del lavoro, la dignità del matrimonio, l'educazione dei figli, il vivi e lascia vivere, la tragedy of the commons... In società imputridite come questa sorsero monasteri per grazia del Signore, ben sostenuti anche dal fatto che "fuori" dal monastero la vita era semplicemente invivibile.[19] Oggi, invece, non si vedono monasteri (e persino i Memores Domini, grande speranza fino a non troppi anni fa, sono tristemente in declino[20]). L'ottimismo dei cattoliconi da salotto, che è più un parlar forbito che non un crederci davvero, ha da tempo attecchito anche nel movimento: pertanto, nei confronti di capetti con la predica ciellina pronta,[21] non resta altro che augurare di vivere momenti di seria emergenza educativa (con annessi ragionevoli timori di rappresaglie) come quello che ho descritto in questa pagina.[22]


1) L'aborto, la fecondazione "assistita", ecc., sono solo un mercato che poggia su quella mentalità. Eccolo: il Prodotto Perfetto, che non è più da educare ma è da lasciar indottrinare da televisione, videogiochi, internet, e da lasciar autoeducarsi nel branco (scolastico, di quartiere, da clan o altro gruppo on-line...) Avete saputo dimostrare di saper avviare una gravidanza: oh, come siete onorevoli, perbacco, avete passato i vostri geni, che bravi, è un figlio Prodotto Perfetto ("e ora stop: non ce n'è mica bisogno di altri"): applausi, applausi! (preregistrati, ma comunque ambìti anche da coppie gay), ormai ci siamo abituati. Intanto, in qualche sperduta scuola di comunità, per la millesima volta si elucubra sull'imprevisto e imprevedibile incontro con Cristo: anche un cafone può incontrare, certo, anche un barbaro può, ma non è una cosa magica, tanto meno è facile dire di sì. Quell'imprevisto va sostenuto da noialtri - pregando, educando, lottando contro le tentazioni -, eppure persino ai vertici del movimento certe volte si lascia passare l'idea che robacce come quella mentalità anti-educativa vadano più "ascoltate" (in fin dei conti incensate, e comunque non hanno nulla di serio da dire) che combattute con l'insegnamento e con l'agire in controtendenza ("mandateci in giro nudi ma lasciateci libertà di educare").

2) Quei valori erano l'ultimo residuo di una società che un tempo è stata cristiana. Una volta, anche il sedicente agnostico/ateo riteneva urgente dire pane al pane e vino al vino.

3) L'esistenza dell'inferno è massimamente documentata da vita e atti di questa genìa di persone apparentemente buone e normali e che però sotto sotto dedica con inspiegabile zelo tutta la propria vita e le proprie risorse a piccinerie micragnose, ultimo traguardo dell'imborghesirsi. Magari li vedi anche tra le persone tutte casa e parrocchia, in fila per la Comunione, dopo aver aggredito la vicina di casa ferendola seriamente, mentre il loro avvocato riesce ad impressionare il giudice scovando che l'aggredita, quarant'anni prima, aveva fatto un corso di kung-fu e pertanto era "pericolosa" oltre che "minacciosa".

4) Che tradotto dal bambinese alla lingua italiana diventa: "hai fatto qualcosa di grave e pertanto ho sia l'obbligo di fartelo notare, sia l'obbligo di invocare l'autorità, e la tua miglior opzione è collaborare con l'autorità". Un padre ha certamente motivo di allarmarsi alla notizia che uno sconosciuto minaccia di pestare suo figlio, ma in qualità di adulto dovrebbe avere anche l'urgenza di capire le circostanze: potrebbe darsi il caso che suo figlio abbia davvero compiuto qualcosa di pericoloso per sé e per gli altri. La furiosa discussione che ne è nata, invece, ha dimostrato quanto i genitori credano ciecamente nell'impunibilità dei rispettivi Figli Perfetti e quanto abbiano colpevolmente subappaltato l'educazione a soggetti esterni.

5) È pur vero che era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. La sola minaccia di buscarle è talmente efficace che nei cartoni animati per bambini potete assistere alla tipica scena dove il super cattivo della settimana sequestra e minaccia la bimba coprotagonista puntandole un coltello alla gola, ma non vedrete mai un bambino ricevere un ceffone (o altra punizione di quelle che non può non capire: quella corporale), nemmeno quando totalmente meritato. È tabù, è un tabù difeso quotidianamente da ogni fiction animata, scritta, disegnata, recitata: montessorismo de noantri elevato a sistema. L'ultimo baluardo dell'educazione, oggi, è quello di insegnare ai bambini - anche con le cattive se necessario - a distinguere il bene dal male. È già una grande notizia sapere che un ragazzetto le abbia prese per aver tirato il proprio smartphone in faccia al fratello: significa che in futuro ci sarà qualche accoltellamento in meno, qualche omicidio in meno.

6) Come il tizio che mi entra in scena per dire "io non c'entro ma vorrei dire la mia": da antologia del variety pomeridiano. L'esprimere un'opinione aspettandosi un applauso preregistrato e l'inquadratura di immaginari spettatori interessati, ha preso il posto del difendere qualcosa di vero per sé come per tutti. In questa società televisionata l'imperativo è quello di aprir bocca, mentre il silenzio è disonore, vigliaccheria, o furba convenienza. Se fossi stato un soggetto di quelli un po' pericolosi si sarebbe limitato a guardare la scena dalla finestra da un forellino della persiana totalmente chiusa.

7) Uno degli astanti mi chiedeva retoricamente se io avessi figli. Cioè spostava l'asse della discussione dal principio dell'educare alle opinioni sull'educazione (stante la sempre più forte confusione fra esperienza e opinione). Se c'è qualcosa in cui la scuola americana supera di gran lunga quella italiana, è il fatto di insegnare a riconoscere le fallacie logiche, un utilissimo fallacy shaming contro i furbetti.

8) È spaventosa la quantità di occasioni in cui si cede alla tentazione di chiedere esoneri anche alle norme più ragionevoli. Quando affonda l'educazione, emerge l'anarchia.

9) Dice il proverbio: le cosiddette questioni di principio non lo sono. Ma a costo di sembrare uno di quelli che vogliono per forza farne una questione di principio, non potevo tacere: per uno come me che da piccolo le ha buscate e da adolescente e adulto ha avuto continuamente a cuore la questione educativa, sarebbe stato profondamente ingiusto contribuire a diseducare anche gli adulti lì presenti.

10) Quod licet Iovi, non licet bovi. Cioè qui sanno tutti che il sottoscritto non è dotato di certi mezzi di dissuasione (non proprio morali) che rapidamente chiudono parecchi discorsi.

11) Nei minuti immediatamente successivi già ho scorto la mancata educatrice (che si era precedentemente distinta per un tentativo di corruzione: "quant'è? vi rimborso", col sottinteso di esser disposta a pagare pur di non andar contro il tabù e di non farsi riconoscere come renitente a educare) a conferire con l'impiccione chiacchierone del quartiere: mi vien da ridere a pensare che anch'io, se avessi voluto fare escalation, sarei stato tentato alla stessa tattica. Se la miglior battaglia è quella vinta senza combattere, la miglior lite è quella che non viene fatta nascere. Per cui la prima tentazione di chi viene coinvolto è quella di mettere subito in moto qualcosa che poi il proprio stesso buonsenso non riesca più a ridimensionare. "Capite? C'è di mezzo una babbina!" gridò tutto rosso alla vigilanza il soggetto al supermercato che non trovava sua figlia. Doveva costringere sé stesso a creare una situazione da cui non fosse autorizzato ad uscirne (e la foga fu tanta che la bambina divenne "babbbina" con innumerevoli "b").

12) Le lungaggini della giustizia nostrana, insieme ad un corpus di leggi di una complessità bizantina e alla debolezza delle norme sulle "cause temerarie", divide il popolo italiano in classi: quelle che possono permettersi un buon avvocato (tale da poter opprimere gli avvocati assoldati dalle classi inferiori), e quelle che non hanno tempo e soldi per permetterselo. Il buon senso e il buon cuore possono bastare solo se sei un eremita ben isolato. È una società in cui devi fare estrema attenzione a qualsiasi cosa che abbia anche solo un vago nesso con i rapporti sociali e con l'affollatissima foresta di totem pubblicamente adorati (riconoscibili tipicamente dal concerto di sviolinate necessarie prima di nominarli). Le trite banalità chiesastiche - come il moralismo del diluviarti di "devi pregare, devi interrogarti, devi perdonare", che contiene l'implicita accusa che staresti cercando ogni alibi per non farlo - sono solo uno degli artifici oratori per significare "cambiamo discorso".

13) C'è chi sbollisce la rabbia con una buona dormita, e chi invece ci gira e rigira attorno, nelle conversazioni a tavola con la moglie, col vicino di casa, col collega di lavoro, col cognato, facendo deliberatamente crescere dentro di sé il desiderio di vendetta e accorpando sogni di gloria e paure altrui nella propria rappresentazione mentale della Grande Sfida Avventurosa Come in Quei Film Col Processo al Cattivone. Una scena in tivù, il colore di una maglietta, il suono di un clacson, mille piccole cose riporteranno alla memoria quello scenario che era nato con l'idea del "gliela farò pagare cara" contribuendo ad aggiungere sempre nuovi particolari a quel divorzio con la realtà, possibilmente fino a tragiche conseguenze.

14) Un giorno dovrei scriverlo, un pamphlet intitolato "Elogio di don Abbondio". Il suo unico vero errore è stato quello di non riuscire a spedire i promessi sposi da qualche altro parroco, magari più pavido di lui (al clero di oggi fischieranno parecchio le orecchie, per tutti e sette i sacramenti). Dev'essere stato penoso esalare tutto quel latinorum pensando con apprensione a quei bravissimi bravi. Una società dove le forze dell'ordine ti guardano con commiserazione per un esposto che non riguardi un fattaccio grave e televisionabile (a meno che tu non sia un pezzo grosso), dove devi mobilitare - con moneta sonante e sovrabbondante - avvocati, fiscalisti, burocrati di ogni stirpe, per dimostrare di essere innocente, dove a distanza di tempo dai fatti ti piovono lettere di avvocati e "cartelle pazze", dove devi calibrare con circospezione le parole che dici e scrivi, anche in privato su Whatsapp, non è una società civile, nonostante le apparenze, nonostante i traguardi scientifici e industriali (mica tanti, in epoca recente). Qualche tempo fa sono stato aggredito e spintonato da un tizio perché allontanandomi dallo sportello Bancomat non gli avevo segnalato che andavo via perché era guasto (occasio facit furem, and a guappo as well). Tirai fuori il cellulare minacciando di chiamare il 113, e lui urlò: "sono io la polizia!", esibendo per una frazione di secondo - con elevatissima dimestichezza - un tesserino da guardia giurata. Uno dei passanti che aveva finto di voler intervenire si è poi dileguato in un vicolo - pure con elevatissima dimestichezza - per evitare, qualora la faccenda degenerasse, di venir chiamato a testimoniare. Sì, don Abbondio, non avevi tutti i torti. Noi vasi di coccio - cioè non dotati di pistole, avvocati, amici potenti che senza sporcarsi le mani possono mettere nei guai chi ci risultasse antipatico - dobbiamo stare attentissimi su questo carro traballante che è la società di selvaggi di ferro. Presi il numero di targa del soggetto, ma ho sempre avuto abbastanza motivi per non cimentarmi a denunciare l'aggressore: ci si imbarca in un'impresa solo quando si ha qualche ragionevole speranza di portarla a termine, solo quando il gioco vale la candela. Mi sono limitato a scegliere uno sportello bancomat diverso.

15) Ho parecchi motivi per tenere a freno l'ottimismo da cattoliconi da salotto perché ho visto con quale instancabile accanimento lungo innumerevoli anni certa gente apparentemente civile - così ti sembrano quando sono vestiti a festa nelle grandi occasioni e nella festa parrocchiale - ha molestato il vicino o il parente a cui segretamente aveva giurato vendetta, tremenda vendetta. E no, non è una dinamica esclusiva delle giungle metropolitane: anche il paesetto nella periferia delle periferie, televisionato come gli altri, si pregia di esibirla.

16) La moglie gli farà pagare caro lo scivolone e contemporaneamente contribuirà a sputare benzina sul fuoco. È un altro di quei casi in cui il singolo peccato, non essendovi seguito alcunché in controtendenza, fa fiorire a distanza di tempo altre occasioni di peccato, dirette e indirette, locali e remote, in un groviglio sempre più inestricabile. E i diretti interessati non riescono ad apprendere la lezione che anche il singolo peccatuccio è ultimamente un'aggressione all'intero creato oltre che a Dio. Eppure non dovrebbe essere complicato, visto che non hanno difficoltà a credere che per alterare il clima basta un battito d'ali di un gabbiano.

17) Se fosse capitato a me, per certi versi sarebbe persino stato un bene: dando loro l'impressione di averla avuta vinta su tutta la linea, avrebbe concluso la discussione limitando i danni. E avrebbe contribuito a diseducare.

18) Il pensiero precede l'azione. Ma per quanto ci si può tentare di ingannare sull'importanza del coltivare certi pensieri, prima o poi senza accorgersene si segue uno dei piani tanto amabilmente accarezzati nel retrobottega delle proprie fantasie. Con esito tipicamente del tutto diverso da quello che si pianificava. Non a caso Nostro Signore fece capire che si può peccare anche coi pensieri: lezione poco appresa, oggi, dove comunemente si confonde il peccato con il reato legalmente perseguibile.

19) Il monastero aveva una biblioteca perché fuori del monastero la cultura era disprezzata. Aveva campi coltivati e officine perché fuori era speculazione, spreco e svacco. Aveva una vita ordinata e civile - sorretta dalla vita religiosa - perché fuori non c'era ordine, c'erano solo selvaggi. I monasteri, più o meno involontariamente, produssero in breve tempo quell'educazione di popolo che rende civile la società.

20) Alla radice del declino non c'è un calo di "qualità" dei consacrati ma il sottile equivoco del ridurre l'ubbidienza a sequela cieca, che incrina la solidità dell'essersi donati a Cristo e fa affiorare il dubbio dell'essersi donati al Dialogo.

21) Al di là del prezzo che in futuro mi toccherà pagare per aver solo battuto sul tasto dell'educazione, è stato istruttivo da diversi punti di vista, inclusi strategia e tattica. Ma alle orecchie di cielloti e giussanologi amanti delle Alte Disquisizioni e che infilano aneddoti su misura delle prediche preconfezionate - persino nel tono di voce e nella cadenza - e sostanzialmente rispettosissime dei tabù (indovinate il motivo per cui i ciellini non vengono più bersagliati da bombe molotov e pistolettate?), rimarrò dipinto come il furioso minaccioso incapace di perdonare e allergico alla domanda "cosa ti sta dicendo il Signore con tutto questo?" Scusate la risatina sarcastica, ma mi sta dicendo chiaramente che in una società di selvaggi è pericoloso essere uno che ci tiene all'educazione. Magari la prossima volta tirate fuori una domanda retorica meno cretina per dire che non sapete cosa dire.

22) La doccia fredda della realtà non sempre è convincente. Uso il termine sprezzante "prediche" perché mi danno l'impressione di essere innamorati del timbro della propria voce e dell'immagine "modello Mulino Bianco" - ahimé, perorata persino dalla rivista Tracce - al punto da considerare fumo negli occhi qualsiasi intoppo alla precostituita narrativa ciellina. Ma forse lo fanno solo per l'ancestrale paura di lettere di avvocati e di decenni di perfide e accanite molestie.