lunedì 31 gennaio 2011

Riconoscenza

Il don Carròn ha scritto a tutti noi una lettera di due pagine, sintetizzabile secondo me in una sola parola: “riconoscenza”. Strana parola, nel mondo di oggi, utilizzata raramente e quasi soltanto per accusare qualcuno di esserne incapace.

È con un sincero sentimento di riconoscenza a Giovanni Paolo II (che in due pagine il don Carròn mi ha soltanto confermato essere più che giusto) che farò la grande maratona a fine aprile, cioè esercizi della Fraternità a Rimini e poi a Roma per la beatificazione.

venerdì 21 gennaio 2011

Quella Madonnina rimasta in piedi

La foto della statuetta della Madonna che ha “fermato” con le mani la piena dell'alluvione... è un irresistibile invito alla speranza.

martedì 18 gennaio 2011

Innamoratevi! Su, forza!

Cercando notizie sul don Massimo mi imbattevo in un noioso articolo sulle prediche che dice delle cose che a chiunque (me compreso) sembra di aver letto già diecimila volte.

Ma ad un certo punto c'è un'esortazione che mi fa sobbalzare rumorosamente: «Volete annunciare Gesù Cristo? Innamoratevi di Gesù Cristo!»

Premio Colossale Castroneria 2011 per aver utilizzato l'imperativo del verbo innamorarsi, per di più avendo come target Nostro Signore.

domenica 9 gennaio 2011

Non ho mai visto nessuno vivere così

Lo dico senza troppa diplomazia: quell'articoletto di Tat'jana[1] sembra scritto per un giornalino parrocchiale. Descrive qualche attività del CLU[2], riporta qualche espressione, elenca cose che normalmente fanno sbadigliare chiunque (“lezioni, riposo, gite, canti, giochi e serate insieme”: e che è? un villaggio vacanze? peggio: un ospizio? molto peggio: un campo scuola parrocchiale?)

Di gruppi di giovani più o meno religiosi se ne contano un po' ovunque. Magari può già colpire il fatto che il CLU conti parecchie centinaia di studenti: vederne 300-400 riuniti solo per dire l'Angelus fa un certo effetto (specie se arrivi lì e non riesci ad entrare perché non c'è più nemmeno un centimetro libero)... Di solito i gruppi “religiosi” raramente raggiungono qualche decina, e raramente condividono così tanto (caritativa, scuola di comunità, vacanze, CUSL e quant'altro). Ma c'è qualcosa di molto più grande di quei numeri.

Quel che rende significativo l'articoletto è ciò che la Tat'jana tenta approssimativamente di precisare nelle ultimissime righe: quel “piccolo” (si fa per dire) gruppo di ragazzi vive assai più intensamente di quanto i suoi amici in terra russa siano in grado di immaginare. Lì la fede non è un orpello per il tempo libero. Tat'jana ha visto, ha capito, e tenta di descriverlo. Facendolo si è probabilmente resa conto di non aver detto niente di inaudito. Nello scrivere «riposo» avrà magari pensato “quanto sono banale”. E poi avrà lasciato lì quel sostantivo, per amor di precisione, perché non riesce più a cancellare dagli occhi ciò che ha visto, non riesce a diminuire neppure un particolare secondario, perché ciò che normalmente suona banale, lì tra quei ragazzi del CLU è vissuto in modo diverso, nuovo, più intenso.

Tat'jana ha visto e non riesce a fare a meno di trasmetterlo a chi le sta intorno, a costo di guadagnare l'ostentata indifferenza degli esperti di cose religiose. Mentre scriveva che vale la pena di «guardare con attenzione alla loro esperienza», si sarà certamente chiesta come fare a portarla nella sua terra.[3]


1) «Non ho mai visto nessuno vivere così», su Tracce di dicembre 2010.

2) CLU: Comunione e Liberazione Universitari.

3) A ben guardare, quella di Tat'jana è esattamente l'esperienza di coloro che hanno incontrato Cristo. Dal lebbroso che non riesce a fare a meno di lodare Dio a gran voce per la guarigione, all'apostolo Paolo all'areopago (con gli esperti che “su questo ti sentiremo un'altra volta”), agli evangelisti così minuziosi nel riportare particolari secondari (“erano le quattro del pomeriggio”)... I soloni di oggi ridicolizzerebbero l'articolo di Tat'jana, senza capire che non conta ciò che lei esattamente dice, ma conta perché lo sta dicendo con tanta passione.

sabato 8 gennaio 2011

Esisto anch'io!

Leggo su un muro una fiera scritta: «scission». E la firma.

Scissione da chi? Da che cosa? Perché? A che pro?

Scission. C'è bisogno di scriverlo in simil-inglese, perché sembri più importante, perché abbia più enfasi. Riguarda una “scissione” tra gruppi di tifosi della stessa squadra. Quindi il messaggio è comprensibile solo a loro, alle due fazioni, qualla “scissa” e quella originale, sempre che quest'ultima si sia davvero accorta della scissione e ne provi orrore. Sempre che.

Tutte queste scritte sui muri rappresentano un unico grido, quello della solitudine che si è evoluta prima in paura e poi in terrore: il grido dell'«ehi, esisto anch'io!»

venerdì 7 gennaio 2011

La bruttezza è solo il sintomo

Quando mi sposto per lavoro e non ho fretta entro in ogni chiesa che trovo. Un po' per gratias agere al Santissimo e un po' per curiosità. Talvolta con qualche bella sorpresa, come quella chiesetta nella curva del vicoletto: fuori annerita e scrostata, dentro linda e ordinata e con un maestoso ostensorio sull'altare. Ma all'adorazione eucaristica c'era solo una giovane, inginocchiata al secondo banco. Il clero, depositato Nostro Signore nell'ostensorio, aveva altro da fare in sacrestia.[1]

Di solito, nell'entrare, il primo penoso impatto è con quel pesante odore di alito di anziani. Contemporaneamente ti accorgi di una quantità di luci al neon che illuminano tutte le cose meno necessarie. Scopri nello stesso tempo che la chiesa è tappezzata di oggetti pressoché inutili: avvisi, altoparlanti, cartelloni, microfoni, espositori, lampadine (al posto delle candele), faretti, poggiachitarre, stufe, cesti, piante...

Le cassette per le offerte sono messe in posti importanti tanto più quanto la chiesa è brutta. Una chiesa a forma di garage non ti fa venir voglia di contribuire al decoro: sarebbe come regalare soldi a un drogato nella speranza che non si droghi più.[2]

Ieri sera entravo in un'altra di quelle chiese insignificanti fuori ma belle dentro. Decorosa e senza troppi ammennicoli. Nei primi banchi erano sedute due suore, una vestita di bianco[3] ed una di un colore molto scuro. Ma non erano in preghiera, erano lì per le “prove di canto”: vedo purtroppo affiorare il manico di una chitarra, la suora in abito scuro comincia a dar sulle corde.

Le schitarrate in chiesa sono come i cartelloni e gli espositori. Vorrebbero ravvivare e abbellire, invece esaltano le brutture e fanno emergere il vuoto. Vorrebbero animare la liturgia e invece sortiscono l'effetto opposto. Il più grande handicap oggi è l'essere pressoché totalmente incapaci di distinguere il bello (e perciò di riconoscere il vero). Col risultato che si mescola il brutto e il bello, l'aceto scadente col vino d'annata, la grettezza moderna tra le vestigia di quei tempi in cui la fede era una cosa tremendamente seria anche per chi non credeva.

No, suor Chitarra non era affezionata al brutto. È per obbedienza che faceva così. Le hanno sempre detto che la fede è quella, che per rendere gloria al Signore occorre scanzonettare quelle nenie cretine, che per lodare l'Altissimo occorre rimestare fino alla nausea sempre lo stesso parolame veterotestamentario. Le hanno sempre detto che la messa è bella solo se “animata” in quel modo e che anche una bella chiesa deve essere “animata” da schitarrate, battimani e cartelloni; le hanno sempre fatto capire che la chiesa può essere usata come sede per le “prove di canto” come se fosse un garage; a quella puzza di alito stagnante ci ha fatto l'abitudine perché sono tutti pronti a piazzare un nuovo cartellone ma nessuno ha voglia di aprire i finestroni per dieci minuti. E lei ci ha creduto, perché vede che tutte le chiese moderne sono fatte così, hanno bisogno di “animazione”: si è adeguata, ha obbedito, si è piegata al brutto perché non voleva inimicarsi il mondo intero, non aveva la forza di farlo.


1) Un'altra scenetta molto recente: un fedele, appena entrato, si dirigeva verso il confessionale ed il sacerdote (che molto probabilmente lo aveva visto) sgattaiola via nella direzione opposta, come fuggendo dall'uscita di emergenza. Il primo col cuore sanguinante, mendicante perdono, e il secondo che di gran carriera abbandona il suo posto di combattimento perché ha altro da fare. Che strana, quest'epoca moderna, fatta di preti indaffaratissimi.

2) E dire che i nostri beneamati pastori sprecano milionate e milionate di euro per chiese che gareggiano in bruttezza.

3) L'abito di certe suore sembra un camice da vecchia badante extracomunitaria: quest'epoca verrà ricordata come il trionfo del dozzinale.

mercoledì 5 gennaio 2011

Visto uno, visti tutti

C'è dunque anche quest'ultimo filmetto d'azione, con tutti i soliti ingredienti.

Materiali: aerei, automobili di pregio, case da pascià, treni da favola, potentissime tecnologie a portata di mano... e naturalmente pistole, mitra e fucili (altrimenti non sarebbe un film d'azione).

Scene: corteggiamenti, inseguimenti, spiagge da sogno, cene... e naturalmente baci appassionati.

Trama: ci sono i buoni e i cattivi che si contendono un oggettino di valore (di dimensioni tascabili); i cattivi tentano di trafugarlo, i buoni si difendono nonostante gli equivoci e alla fine non solo ammazzano tutti i cattivi ma coronano anche una romanticissima storia d'amore, giacché i buoni sono sempre bellissimi e innamoratissimi.

Personaggi: il bello e la bella sono i buoni, mentre tutti gli altri sono o personaggi secondari o sono cattivi cattivissimi irrecuperabili che meritano solo di fare una brutta fine.

Sesso: se non è esplicitamente rappresentato allora vi si allude ripetutamente.

Quiz: non chiederei di quale film si tratta... chiederei piuttosto di quale film non si tratta, visto che ho perso il conto di quanti hanno questo stesso stampo. Anche tra quelli dove al posto delle pistole ci sono le spade.