mercoledì 26 aprile 2017

La morte nell'epoca Facebook

Grazie a Facebook ho appreso in modo del tutto casuale della morte di una compagna di liceo. L'ho appreso dai commenti costellati di frasette genericamente religiose e di "RIP" a margine dell'ultima vignetta che aveva condiviso sulla sua "bacheca" poco più di due anni fa.

Non ricordo di aver scambiato con lei più di qualche banalità negli anni del liceo, dopo i quali ognuno prese la sua strada. Una morte così, per un tumore, a quell'età, ti lascia senza parole, e ti ritrovi a rifletterci e a pregarci anche settimane dopo. Tanto più che la sua bacheca Facebook diceva qualcosa dei suoi ultimissimi anni.

Diceva il solito elenco di trite banalità. Le solite vignette acchiappa-Like. Le solite foto delle riunioni. Le solite foto dei dolci. I soliti commenti degli amici. Insomma, il solito affannarsi a dire al mondo - tramite la piattaforma americana - "ehi, ci sono anch'io", e l'aver trasformato questo grido di solitudine in un passatempo quando si aspetta il treno, in un'urgenza, in un gesto di galateo... mentre la vita vera, quella che nelle "bacheche" raramente si nota scorrere perché al più se ne vedono i risultati finali, sta continuando.

Ricordo tante bacheche Facebook come la sua improvvisamente ferme da qualche anno, improvvisamente abbandonate. Potrebbe essersi guastato il computer o il cellulare, e il proprietario aver perso la password della sua bacheca, o perso l'abitudine e l'interesse a usare Facebook, o la sua vita scossa da qualche evento tale da considerarlo inutile per qualche tempo. Oppure può darsi che sia morto. Non è che Facebook, i blog, i forum, vengano avvisati di un infarto, di un incidente stradale, di un cancro. Come ad esempio il blog di Ritina, che è ancora lì, molti anni dopo la sua morte. Prima o poi Facebook potrebbe cambiare policy riguardo agli account su cui non si registrano più attività da diversi anni (ma non credo che lo farà presto, visto che chiudere utenze è contro i suoi interessi commerciali).

Da un po' di anni Facebook ha cambiato rotta di 180 gradi e spinge verso impostazioni di privacy paranoiche punzecchiando coloro che continuano a riempire la propria bacheca di contenuti in modalità "visibile a tutti". Questo significa che se il proprietario muore e tu non eri nella sua lista amici, non vedrai neppure i commenti RIP. Vedrai solo pochi rottami di quella sorta di suo testamento informatico fatto di frasette mielose, banalità che vorrebbero sembrare argute, cibo, riunioni, animali domestici, vacanze, e altre frivolezze (sono da considerare tali anche i proclami politici, religiosi, sportivi, che quando espressi su Facebook non hanno mai fatto cambiare idea a nessuno). Come se davvero vivessimo anzitutto per questo. Come se quella bacheca fosse sfogliabile in eterno in ogni pagina dall'inizio alla fine, e i Like valessero come punti di bonus in paradiso.

Scherzo spesso sul fatto che grazie a Facebook e Google è possibile, con buona probabilità, conoscere tante cose di persone con cui non sei più in contatto e di cui probabilmente ti interessa restare alla larga, volendo solo soddisfare una curiosità momentanea. Il tuo piccolo mondo non si rimpicciolisce col passare degli anni, non si limita a famiglia, attuali vicini di casa e attuali colleghi di lavoro: ed è una gran cosa, dal momento che pochi anni dopo aver lasciato un ambiente (scuola, sede di lavoro, abitazione) non riesci più a ricordare i nomi di coloro che ti erano stati accanto pressoché ogni giorno. Tanto più quando si tratta della loro morte.

Io e lei abbiamo speso cinque anni di adolescenza nella stessa aula. Ricordo il timbro della sua voce pur non avendo mai avuto da dirle altro che le solite banalità ambientali. Mi resterà il ricordo della sua bacheca Facebook tristemente identica a tutte le altre. Pur non avendo avuto molto a che fare con lei mi resterà il magone di qualche sera fa, nel riflettere sul senso della vita dopo aver appreso di quella morte, e di essermi rigirato nel letto per un po' incapace di prender sonno.

domenica 2 aprile 2017

Solo un altro prestitino, per una giusta causa...

Ho perso il conto di quante volte mi son sentito dire dai nonni che i soldi "non si prestano nemmeno agli amici più cari". Ma in diverse occasioni, pur in perenni ristrettezze economiche, ho prestato, perché è difficile dir di no a un amico in difficoltà. Certe volte ho rivisto i soldi, altre volte non ho più rivisto né i soldi né l'amico. Ed al prossimo candidato alla sparizione non ho saputo dir di no. Come si fa a dir di no ad un amico d'infanzia, di fede, di studi e lavoro?

La vecchia saggezza dei bisnonni non dava spiegazioni perché sono troppo lunghe: chi pretende di capire tutto ha bisogno di finirci dentro fino al collo. Per capire occorre aver prestato ripetutamente ad un caro amico pur avendolo sentito giurare sempre che è "l'ultima volta" che bussa a denari, pur avendolo visto mandare a monte matrimonio, casa, lavoro, dopo essersi inimicato - sempre per soldi - amici e familiari. Ci si rende conto di quella "vecchia saggezza" solo quando finalmente si cominciano a notare le discrepanze - sottili ma significative - nel lungo fiume di convintissimi discorsi che l'amico ha fatto per prepararsi a chiedere un altro prestitino.

Dato che la mia vita è stata un'interminabile catena di complicazioni, tendo a prendere sul serio chi torna da me con una faccia desolata a dirmi che c'è un imprevisto in più. E poi "il denaro non dorme mai": anche se non ho mai nuotato nei soldi come zio Paperone, mi secca lasciarlo fermo. A costo di prestarlo ad un amico che non si sa quando potrà rendermelo, quasi come se fosse un dono che a sorpresa, imprevedibilmente, potrebbe un giorno fruttare.

L'amico ha infatti finalmente trovato lavoro nella Grande Città. Dove tutto costa il triplo rispetto che al paesetto. Dove però le opportunità sono tante, dove un caffè o una breve telefonata cambiano il destino. Senonché la scorsa notte, per l'insonnia dovuta ad una cattiva digestione, mi è capitato di riflettere su quelle "discrepanze". Ho avuto un sussulto quando non sono riuscito più a scacciare l'ipotesi che i soldi che non volevo far "dormire" sono finiti nelle mani di un abilissimo raccontaballe. Donare è una forma di investimento: ma si dona quando si ha una ragionevole speranza che tale investimento non sia uno spreco. Sono disposto a donare, ma detesto veder sprecato anche un solo centesimo.

In diverse occasioni della mia vita, di fronte a situazioni complicate e avendo davanti persone che esigevano in tre secondi un completo ragionamento in bianco e nero con buoni da una parte e cattivi dall'altra, ho dovuto rinunciare a spiegarmi perché avrei fatto la figura del contaballe. Per questo, quando sto dall'altra parte della barricata, non mi insospettisco subito di fronte a chi non riesce a spiegare tutto in poche, chiare e semplici parole. Col risultato - purtroppo - che l'apertura mentale rischia di degenerare nell'ingenuità. E che il vecchio amico di una vita intera, lì nella Grande Città, magari non sta lavorando ma sta solo stancamente aspettando che gli piova magicamente addosso qualche Grande Occasione (o almeno qualche occasioncina per tirare a campare anche il mesetto successivo).

Una menzogna può essere costituita anche dal 99 per cento di verità e dall'un per cento di aspettative spacciate per realtà concrete. Un mentitore non è necessariamente un professionista dell'inganno: il più delle volte è in buona fede convinto di poter infilare qualche aspettativa nel discorso dandola per dato acquisito. Salvo poi subire la doccia fredda della realtà. È possibile che lasciando lo stabile, l'ultima sera, sia andato a nanna pensando "per i mobili domani si vedrà". E invece ha visto solo la dipartita di un altro mese di fitto, inutilmente pagato per consentire ai mobili di raccogliere polvere. Oppure quando ha deciso che non può rimanere senza auto, e perciò ha rinnovato l'assicurazione al vecchio catorcio che continuamente ha bisogno del meccanico. Oppure quando ha deliberato che una certa spesa è passata a sorpresa dalla categoria del frivolo a quella del necessario, e che bisogna subito approfittare dello sconto altrimenti cambierà di nuovo categoria.

Sono poche le persone che non si fanno istupidire subito dai miasmi dello "sterco del demonio", la cui principale caratteristica è quella di cortocircuitare ragionamenti, osservazioni, ideali, decisioni.