Grazie a Facebook ho appreso in modo del tutto casuale della morte di una compagna di liceo. L'ho appreso dai commenti costellati di frasette genericamente religiose e di "RIP" a margine dell'ultima vignetta che aveva condiviso sulla sua "bacheca" poco più di due anni fa.
Non ricordo di aver scambiato con lei più di qualche banalità negli anni del liceo, dopo i quali ognuno prese la sua strada. Una morte così, per un tumore, a quell'età, ti lascia senza parole, e ti ritrovi a rifletterci e a pregarci anche settimane dopo. Tanto più che la sua bacheca Facebook diceva qualcosa dei suoi ultimissimi anni.
Diceva il solito elenco di trite banalità. Le solite vignette acchiappa-Like. Le solite foto delle riunioni. Le solite foto dei dolci. I soliti commenti degli amici. Insomma, il solito affannarsi a dire al mondo - tramite la piattaforma americana - "ehi, ci sono anch'io", e l'aver trasformato questo grido di solitudine in un passatempo quando si aspetta il treno, in un'urgenza, in un gesto di galateo... mentre la vita vera, quella che nelle "bacheche" raramente si nota scorrere perché al più se ne vedono i risultati finali, sta continuando.
Ricordo tante bacheche Facebook come la sua improvvisamente ferme da qualche anno, improvvisamente abbandonate. Potrebbe essersi guastato il computer o il cellulare, e il proprietario aver perso la password della sua bacheca, o perso l'abitudine e l'interesse a usare Facebook, o la sua vita scossa da qualche evento tale da considerarlo inutile per qualche tempo. Oppure può darsi che sia morto. Non è che Facebook, i blog, i forum, vengano avvisati di un infarto, di un incidente stradale, di un cancro. Come ad esempio il blog di Ritina, che è ancora lì, molti anni dopo la sua morte. Prima o poi Facebook potrebbe cambiare policy riguardo agli account su cui non si registrano più attività da diversi anni (ma non credo che lo farà presto, visto che chiudere utenze è contro i suoi interessi commerciali).
Da un po' di anni Facebook ha cambiato rotta di 180 gradi e spinge verso impostazioni di privacy paranoiche punzecchiando coloro che continuano a riempire la propria bacheca di contenuti in modalità "visibile a tutti". Questo significa che se il proprietario muore e tu non eri nella sua lista amici, non vedrai neppure i commenti RIP. Vedrai solo pochi rottami di quella sorta di suo testamento informatico fatto di frasette mielose, banalità che vorrebbero sembrare argute, cibo, riunioni, animali domestici, vacanze, e altre frivolezze (sono da considerare tali anche i proclami politici, religiosi, sportivi, che quando espressi su Facebook non hanno mai fatto cambiare idea a nessuno). Come se davvero vivessimo anzitutto per questo. Come se quella bacheca fosse sfogliabile in eterno in ogni pagina dall'inizio alla fine, e i Like valessero come punti di bonus in paradiso.
Scherzo spesso sul fatto che grazie a Facebook e Google è possibile, con buona probabilità, conoscere tante cose di persone con cui non sei più in contatto e di cui probabilmente ti interessa restare alla larga, volendo solo soddisfare una curiosità momentanea. Il tuo piccolo mondo non si rimpicciolisce col passare degli anni, non si limita a famiglia, attuali vicini di casa e attuali colleghi di lavoro: ed è una gran cosa, dal momento che pochi anni dopo aver lasciato un ambiente (scuola, sede di lavoro, abitazione) non riesci più a ricordare i nomi di coloro che ti erano stati accanto pressoché ogni giorno. Tanto più quando si tratta della loro morte.
Io e lei abbiamo speso cinque anni di adolescenza nella stessa aula. Ricordo il timbro della sua voce pur non avendo mai avuto da dirle altro che le solite banalità ambientali. Mi resterà il ricordo della sua bacheca Facebook tristemente identica a tutte le altre. Pur non avendo avuto molto a che fare con lei mi resterà il magone di qualche sera fa, nel riflettere sul senso della vita dopo aver appreso di quella morte, e di essermi rigirato nel letto per un po' incapace di prender sonno.
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