mercoledì 29 novembre 2023

Frattaglie - 23 - altre cosucce che non ebbi tempo di twittare

Il prete indiano che gesticola, agita le braccia, cerca contatto visivo, sembra non trovar mai il bandolo per terminare l'omelia personalizzata che mi sta infliggendo. Mi fa qualche domanda di quelle consigliate dai libercoli di psicologia spicciola per richiamare l'attenzione dell'interlocutore (“se uno chiama: Giancarlo!, tu cosa rispondi? appunto, perché non ti chiami Giancarlo”). Nel mentre mi dico mentalmente che quel fiume di parole da subire è parte della penitenza. Finalmente esco dal confessionale, una sensazione di sollievo perché nel mio campo visivo non c'è nessuno che mi inondi di parole.

Poi c'è invece quell'anziano signore che vuol compagnia. Cioè vuole infliggermi una predica. Fa fatica a parlare, tre quarti della sua favella è composto da “quella cosa, ma come si chiama, quella cosa che lì, insomma, c'era quella cosa…”. Una fatica immane per svincolarmi.

E poi c'è quella noia di vivere della gente del quartiere. Che cerca occasioni di lite, perché vuol contartela come si deve. Sembra bramare il momento in cui trionfalmente annuncerà che il suo avvocato te la farà pagare cara. Così, il cinquantenne con la Mondeo è sceso dall'auto per accusarmi furioso di stare a osservarlo (il sottinteso è che avendo comprato un'auto così larga, avrebbe automaticamente acquisito il diritto di usufruire del nostro vialetto d'ingresso per far manovre, e se io lo osservo lo sto accusando di qualcosa). Sembrava davvero cercare lo scontro fisico, mi si è avvicinato per urlarmi in faccia. In applicazione del proverbio “se vuoi scontentarli accontentali troppo”, mi sono avvicinato anch'io, di più, per urlare ancora più forte di lui, sputacchiandolo involontariamente. La sua compagna polaccucraina è scesa dall'auto per “calmarlo” (avrà capito che anche se ero di minor statura e salute, non gli sarebbe rimasto un felicissimo ricordo dell'evento), e han finalmente deciso di tornare nell'auto e ripartire. Mi aspetto la solita ondata di dispettucci e dispettini, spero che anche stavolta si limitino a gettarci solo lattine, saponette, noccioli di frutta. Mi aspetto anche che qualcun altro ne approfitti per creare nuove occasioni di lite.[1]

Molta dell'arroganza dei barbari abitanti nei dintorni sembra esser piovuta insieme ai soldi che hanno accumulato negli anni '90. La congiuntura favorevole terminò piuttosto presto, tanto più che ognuno si tuffava ad approfittarne. E così, da vent'anni a questa parte, la desolata periferia è tornata ad essere tale. Ma con qualche macchinone grosso in più, per dare a vedere di essere uomini di successo, e magari anche sfoggiando la compagna straniera (“l'unica che gliel'ha data”, venduta a caro prezzo).[2] La quale ha immediatamente portato qualche suo zio, nipote, cugino e parente, da far abitare nei dintorni. Al punto che ogni tanto vedi quel crocchio di gente che parla in un dialetto dell'est-Europa incomprensibile. E tutta la fulgida bellezza e disponibilità sessuale con cui aveva conquistato il soggetto, sono sfiorite molto rapidamente, nonostante il tanto impegno della vecia a imbellettarsi.

La giustizia italiana è un tritacarne osceno. Un amico viene coinvolto in una faccenda penale per la quale ha pure dimostrato di aver agito nei termini di legge e di aver avuto via libera dall'ente competente. Nonostante ciò è stato condannato. Dovrà fare ricorso, cioè dimostrare di nuovo la propria innocenza. Anche in famiglia ho sentito storie del genere. Perfino di un caso in cui un parente che aveva torto marcio, la ebbe inspiegabilmente vinta. Fisco e giustizia sono i due mostri che sorreggono le vergogne italiane.

L'indole dei mezzi uomini: vorrebbero essere ringraziati per la loro paura, spacciata per buonsenso, e per la loro insignificanza, spacciata per un non mettersi nell'occhio del ciclone. Neppure don Abbondio aspirava a tanto.

Quei momenti in cui in cattedrale vedi lo stuolo di preti, e ti chiedi come mai sembri un ospizio.

Il dramma di certi pretuncoli moderni è usare espressioni enfatiche (o ambigue per evitare di dover dare precisazioni) senza rendersi conto del danno fatto. Per esempio quando di qualcosa dicono “si esprime anche attraverso la liturgia”, non si rendono conto che quell'anche ha staccato la liturgia dalla vita reale, ha reso la liturgia un'aggiunta a qualcos'altro. Non si rendono conto di aver involontariamente affermato che prendere sul serio la vita non implica aver preso sul serio anche la liturgia. Non si rendono conto di aver ridotto la liturgia ad un'attività pretesca per chi non ha altro da fare la domenica. Non hanno vissuto quegli interminabili periodi - come quel maledetto lockdown - in cui la liturgia venne frettolosamente ridotta a commediola guardabile su Youtube.[3]


1) Se X detesta Y e Y litiga con Z, per X è una ghiotta occasione di fare un dispettuccio a Z in modo che questi tenti di vendicarsi su Y. Seminare discordie sembra sempre convenientissimo.

2) L'invasione straniera consiste anche in vecchi marmittoni che si infatuano di una donna di mezz'età proveniente dall'est, che finge attrazione sessuale e sentimentale, che qualche annetto dopo ha le carte in regola - pazientemente allestite fin dal primo giorno - per divorziare e tenersi casa, attività commerciale e figlio.

3) È anche stato uno dei limiti del movimento, l'aver dato per scontato nelle assemblee che a furia di temi di attualità e di introspezione si sarebbe giunti alle giuste conclusioni riguardo alla vita sacramentale. Posso facilmente supporre che ciò non fosse esattamente intenzione di don Giussani.