lunedì 30 aprile 2018

Hype

Il giornale annuncia una nuova fermata della metropolitana in prossimità dell'aeroporto. Oh, certo, è solo un progetto appena discusso, occorre solo aspettare che si trovino i fondi, sperare che bastino a non far modificare il progetto, sperare che venga approvato e che le date vengano rispettate.[1] Il giornale annuncia una nuova cura per la sclerosi multipla o il tumore o cos'altro. Oh, certo, un nuovo studio parrebbe contenere qualche scoperta positiva, ma da qui a trasformarlo in una cura passeranno molti anni, sperando che non si scoprano effetti collaterali, sperando che le case farmaceutiche non lo trasformino nel solito business miliardario utile solo a chi non sa come sperperare i propri fantastilioni.[2] E quindi il giornale annuncia nuove soluzioni tecnologiche che ci "cambieranno la vita": intelligenza artificiale, auto che si guidano da sole,[3] missioni marziane[4] e quant'altro.[5] Oh, certo, solo che le vere innovazioni sono sempre arrivate sul mercato senza preavviso.[6]

Quel genere di roboanti annunci che "ci cambieranno la vita" vengono definiti hype. Che è il nome elegante dell'aria fritta. La cagnara conseguente è intesa solo a far circolare soldi, attrarre investitori ignoranti ma danarosi,[7] fabbricare false speranze utili al più a riempire le pagine (cartacee e non). Dopotutto il popolo bue è così assetato di notizie...[8]


1) E che il contraccolpo ambientale che chiamiamo degrado non renda pressoché vana l'opera.

2) Il business della chemio è qualcosa di infernale. Anzitutto per i pazienti. Idem quello dei vaccini, e tanti altri. Ma è vietato interrogarsi onestamente, pena etichette infamanti.

3) Diventerebbe tutto più facile se si aggiungesse alla rete stradale sufficiente infrastruttura elettronica (sembra costoso, ma a lungo termine ripaga ampiamente). E invece no: pretendono di farlo usando quella nata oltre cent'anni fa - fatta di strisce disegnate sull'asfalto e cartelli posti su pali.

4) Spedire payload in orbita è estremamente più facile ed economico del lasciare l'orbita pulita. Ma probabilmente si comincerà a parlarne sul serio solo quando ci sarà un incidente "Kessler syndrome" come nel film Gravity.

5) Qui nel nostro piccolo ci permettiamo sempre di sognare un computer che sia pronto a lavorare un attimo dopo aver premuto il tastino di accensione, che non vada pasticciando con aggiornamenti o pretendendo connettività internet nel momento in cui dobbiamo solo lavorare su un documento e stamparlo, che non abbia bisogno di essere riformattato ogni tot mesi, che non esiga decine di operazioni per aggiungere una singola funzionalità...

6) Uber, Facebook, Airbnb, la stessa internet, tutte cose che all'improvviso "c'erano già" e hanno scatenato la corsa all'utilizzo.

7) Da mezzo secolo la ricerca sull'intelligenza artificiale continua ad arrancare ma la Silicon Valley - massima produttrice di hype nel mondo - è riuscita ad attrarre investimenti per sei miliardi di dollari.

8) Spesso ho l'impressione di essere circondato da gente che brama di sapere se Batman riuscirà a sconfiggere il Pinguino e a che punto sia la lotta tra Spiderman e il dottor Octopus. Al punto che anche quando ci si appassiona su notizie serie - come la sorte dei vari Alfie, Charlie, ecc. - è come un domandare ardentemente ai media: su, dai, cosa mi proponi da pensare oggi?.

venerdì 20 aprile 2018

Analfabetismo funzionale e tastino magico

Il vicino di casa si è lamentato del rumore notturno del climatizzatore inverter. E sì, il nonno di notte ha pensato: "oh, che freddo", ha pigiato il tastino del telecomando e ha ripreso a dormire. Il clima è andato a millemila perché la porta del bagno era aperta e la finestra pure. Per cui presto arriverà una bolletta da imprecazioni contundenti e a breve termine potrebbe seguire la prematura morte dell'apparecchio per eccesso di fatica o per improvvisi attacchi di isteria risparmiosa. Da più di qualche anno e con grande sforzo ho tentato di far capire al nonno che il tastino in questione non è magico. Per far funzionare l'aggeggio occorre preventivamente chiudere tutti i boccaporti, d'estate come d'inverno. Niente da fare. Manca proprio l'ABC più elementare del riconoscere la realtà, quello che in genere si insegna ai bambini di tre anni: non esistono tastini magici che appena premuti ti fanno star bene.

Ma nel suo caso non è una regressione, non è demenza. È una mentalità acquisita negli anni recenti. È la "cultura" di chi è approdato dagli anni del dopoguerra (da ragazzino dormiva su tre sedie accostate, le scarpe se le passavano tra fratelli per decenni, si cenava con l'acqua pazza, cioè pane raffermo inzuppato in acqua e olio bolliti) agli anni della tecnologia in cui con un tastino apre il cancello, con un tastino fa il caffè, con un tastino vede le bollette arretrate, con un tastino arriva il pacchetto... finendo per credere che nell'epoca Super Tecnologica sia impossibile che non esista un tastino etichettato "per star bene".

Che poi le specifiche dicano che l'apparecchio è per stanze di venti metri quadrati, poco importa: "lascia la porta un po' aperta, così scaldiamo anche la cucina". Nonno, con la cucina arriviamo a trentasei metri quadrati, praticamente il doppio del carico di lavoro massimo ammesso per quell'aggeggio. Niente da fare, appena vado via si apre la cucina. Ed il compressore della pompa di calore urla di disperazione strangolato dal dogma del Tastino Magico che ti fa Star Bene anche in Cucina. Non è stupidità. Non è ignoranza. È la fervida credenza nel Magico Tastino, cioè il disconoscere la realtà, proprio in quei pattern che lui stesso - forgiato dal lavoro - aveva sempre convintamente raccomandato ("mai caricare il serbatoio a più di tre quarti, mai utilizzare contemporaneamente le due leve, stringere le viti in modo incrociato anziché circolare...": tutti consigli dettati dall'esperienza, dalla realtà stessa delle cose).

La convinta fede nel Tastino Magico trascende tutti gli aspetti della vita e degenera in fatalismo. In un attimo passa dalla modalità guerrafondaio alla modalità "quanto devo pagare?", lamentandosi in modo inversamente proporzionale all'entità del problema, restando sbigottito e alterato quando il Magico Tastino sembra non funzionare. Il nonno si sta adeguando alla mentalità tipica dell'Italiano Moderno, quello che sdegnato si chiede retoricamente: "ho comprato il telefonino, perché non mi permette di chiamare chi voglio? Ho comprato casa qui, com'è possibile che i vicini non siano paradisiaci servitori delle mie fissazioni? Ho comprato il SUV, com'è possibile che non si trova un parcheggio? com'è possibile che non posso sorpassare chiunque?" Ed un pizzico di pigrizia mentale più un pizzico di stanchezza producono quel fatalismo del "mi hanno fregato": è colpa della burocrazia, dell'euro, del governo, dei disonesti, delle banche... e finisce lì. L'esistenza del Magico Tastino postula il diritto di lamentarsi, ma solo col prossimo e solo a parole, perché da qualche altra parte esisterà un altro Tastino Magico da comprare e da premere per risolvere una volta e per tutte quei problemi e finalmente Star Bene.

Non è un problema di galateo o di cultura, ma di mentalità, di educazione a riconoscere la realtà. Se ci fosse un'educazione di popolo... ah, se ci fosse.

mercoledì 18 aprile 2018

Il buonismo favorisce solo i prepotenti

Due soggetti fanno il giro del circondario per raccattare qualcosa da mangiare. La nonna si lasciava sempre commuovere, e nei primi tempi anch'io. Neanche a dirlo, l'incombenza è rimasta a me.

Davo qualcosa in più al soggetto più anziano, per l'anzianità e per la salute malmessa. Ma poi ho visto quest'ultimo aggredire l'altro, con gesti intesi a far male, far male sul serio. E quest'ultimo ha subìto pressoché senza difendersi.

Se ho accuratamente scelto momenti e luoghi in modo da dar qualcosa solo a quest'ultimo, sarà stato per quella parabola in cui il debitore dei diecimila talenti, pur vedendosi condonato il debito, "trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi!"

Quando il soggetto anziano torna di nuovo a mendicare, lo allontano dicendogli che i violenti qui non ricevono niente. Per qualche giorno resta a distanza di sicurezza, senza prepotenza, senza pretendere nulla. Infine gli do qualcosina, ma non ho ancora del tutto dimenticato quelle aggressioni. Si accontenta placidamente, al punto di farmi pensare che ha capito la lezione. Ma qualche attimo dopo aver chiuso la porta, un sospetto mi assale: apro di nuovo e lo vedo aggredire il debole. Lo scaccio via, e mi dico che da oggi solo il debole riceverà qualcosa.

Racconto alla nonna il fattaccio per evitare che si lasci impietosire domani, e puntualmente l'indomani lei è lì al posto mio già decisa a lasciarsi impietosire (maledetto buonismo, nemico giurato della giustizia divina). Non appena vede il soggetto arrogante gli dà con abbondanza, come per rimediare al danno che teoricamente gli avrei arrecato.

Faccio alla nonna una di quelle solenni cantate polifoniche per ricordarle che se io faccio il pompiere e lei l'incendiaria, diventa lei la responsabile delle pedate che il soggetto arrogante presto riceverà con larga generosità dai miei stivali. Si lamenta che sono troppo calcolatore, e io le rinfaccio che quel patetico buonismo produce solo ingiustizie. Lo stato di necessità non giustifica la prepotenza, il buonismo non porta in paradiso, e una robusta suonata di pedate la meriterebbe anche il parroco per aver sempre lasciato intendere il contrario.