Il vicino di casa si è lamentato del rumore notturno del climatizzatore inverter. E sì, il nonno di notte ha pensato: "oh, che freddo", ha pigiato il tastino del telecomando e ha ripreso a dormire. Il clima è andato a millemila perché la porta del bagno era aperta e la finestra pure. Per cui presto arriverà una bolletta da imprecazioni contundenti e a breve termine potrebbe seguire la prematura morte dell'apparecchio per eccesso di fatica o per improvvisi attacchi di isteria risparmiosa. Da più di qualche anno e con grande sforzo ho tentato di far capire al nonno che il tastino in questione non è magico. Per far funzionare l'aggeggio occorre preventivamente chiudere tutti i boccaporti, d'estate come d'inverno. Niente da fare. Manca proprio l'ABC più elementare del riconoscere la realtà, quello che in genere si insegna ai bambini di tre anni: non esistono tastini magici che appena premuti ti fanno star bene.
Ma nel suo caso non è una regressione, non è demenza. È una mentalità acquisita negli anni recenti. È la "cultura" di chi è approdato dagli anni del dopoguerra (da ragazzino dormiva su tre sedie accostate, le scarpe se le passavano tra fratelli per decenni, si cenava con l'acqua pazza, cioè pane raffermo inzuppato in acqua e olio bolliti) agli anni della tecnologia in cui con un tastino apre il cancello, con un tastino fa il caffè, con un tastino vede le bollette arretrate, con un tastino arriva il pacchetto... finendo per credere che nell'epoca Super Tecnologica sia impossibile che non esista un tastino etichettato "per star bene".
Che poi le specifiche dicano che l'apparecchio è per stanze di venti metri quadrati, poco importa: "lascia la porta un po' aperta, così scaldiamo anche la cucina". Nonno, con la cucina arriviamo a trentasei metri quadrati, praticamente il doppio del carico di lavoro massimo ammesso per quell'aggeggio. Niente da fare, appena vado via si apre la cucina. Ed il compressore della pompa di calore urla di disperazione strangolato dal dogma del Tastino Magico che ti fa Star Bene anche in Cucina. Non è stupidità. Non è ignoranza. È la fervida credenza nel Magico Tastino, cioè il disconoscere la realtà, proprio in quei pattern che lui stesso - forgiato dal lavoro - aveva sempre convintamente raccomandato ("mai caricare il serbatoio a più di tre quarti, mai utilizzare contemporaneamente le due leve, stringere le viti in modo incrociato anziché circolare...": tutti consigli dettati dall'esperienza, dalla realtà stessa delle cose).
La convinta fede nel Tastino Magico trascende tutti gli aspetti della vita e degenera in fatalismo. In un attimo passa dalla modalità guerrafondaio alla modalità "quanto devo pagare?", lamentandosi in modo inversamente proporzionale all'entità del problema, restando sbigottito e alterato quando il Magico Tastino sembra non funzionare. Il nonno si sta adeguando alla mentalità tipica dell'Italiano Moderno, quello che sdegnato si chiede retoricamente: "ho comprato il telefonino, perché non mi permette di chiamare chi voglio? Ho comprato casa qui, com'è possibile che i vicini non siano paradisiaci servitori delle mie fissazioni? Ho comprato il SUV, com'è possibile che non si trova un parcheggio? com'è possibile che non posso sorpassare chiunque?" Ed un pizzico di pigrizia mentale più un pizzico di stanchezza producono quel fatalismo del "mi hanno fregato": è colpa della burocrazia, dell'euro, del governo, dei disonesti, delle banche... e finisce lì. L'esistenza del Magico Tastino postula il diritto di lamentarsi, ma solo col prossimo e solo a parole, perché da qualche altra parte esisterà un altro Tastino Magico da comprare e da premere per risolvere una volta e per tutte quei problemi e finalmente Star Bene.
Non è un problema di galateo o di cultura, ma di mentalità, di educazione a riconoscere la realtà. Se ci fosse un'educazione di popolo... ah, se ci fosse.
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