domenica 26 maggio 2024

La tortura del sonno

Da qualche tempo sono sottoposto a una sorta di “tortura del sonno”[1] dovendo aiutare il nonno in condizioni fisiche piuttosto malmesse. A qualsiasi ora del giorno e della notte reclama la mia presenza per accendere o spegnere il televisore, per aprirgli merendine, per alzarsi e farsi portare in bagno (e dopo diversi minuti esige di farsi alzare dal bagno e riaccompagnare a letto)… E tende talvolta a cadere, lasciar cadere, sversare dappertutto. Difficile stimare quanto ci sia di problema fisico, quanto di desiderio di compagnia, quanto di capriccio infantile, ma sono certamente presenti tutti e tre. Era iniziata come piccola e breve penitenza d'avvento: non è stata breve, è proseguita fino alla quaresima, c'è stato un breve bagliore fioco in fondo al tunnel ma si è spento presto l'ottimismo.[2]

Nel nonno autoridottosi a bambino capriccioso e insolente vedo drammaticamente quanto può essere immiserita una vita dal naturale invecchiamento e che fino ad alcuni anni prima era tutto sommato fatta di successi, di impegni, di compagnie, di soddisfazioni. Vedo quanto ci si può ridurre male e quanto facile venga da mugugnare “voglio morire” quando cominciano a mancare lucidità e forze, e un po' temo per me stesso, per quando sarò io a finire in quelle condizioni e senza la fortuna di una persona che si dà pazientemente e volenterosamente da fare,[3] e col rischio di riuscire a farla pure perdere, quella pazienza. Dopo che per l'ennesima volta mi ha svegliato ha attaccato con una cazziata perché non ho decifrato ed eseguito immediatamente ciò che voleva, e mi ha lanciato uno sguardo di quelli di inequivocabili furia e disprezzo. E allora il cazziatone gliel'ho dovuto fare io, ripetendogli con insistenza che non può permettersi il lusso di trattare così chi lo ha letteralmente tolto dalla merda.[4]

Con l'occasione penso anche al vastissimo branco di coglioni, non solo quelli della mia fascia di età, che hanno orgogliosamente rinunciato alla normale vita “famiglia e figli” per non perdersi le “opportunità” della vita.[5] Facile pensare in grande quando la salute non ti manca e i soldi riesci ancora tutto sommato a intascarli. Poi all'improvviso ti ritrovi bisognoso come quel nonno, e se mugugni “voglio morire” vieni immediatamente preso sul serio perché non sei più utile. Tutti i gadget comprati, le fiction viste, gli apericena, i week-end, le vacanze in posti che non sapevi nemmeno indicare sul mappamondo, non ti ridanno neppure l'ombra di ciò di cui avverti il bisogno.[6]


1) Non è un modo di dire. Non poter usare cuffie o auricolari, non poter pianificare orari, non riuscire a prendere sonno sapendo che all'improvviso - dopo un periodo casuale che varia dal quarto d'ora alle sei ore - occorrerà alzarsi in fretta e furia e fare sforzi da manovale solitario.

2) Non ricordo più l'ultima volta in cui ho dormito per un'intera notte senza interruzioni e senza venir svegliato da un lamento che mette l'ansia di dover decidere se era una richiesta di aiuto o se si può tentare di riprendere a dormire. E che dunque passa un'ora o più prima di poter riprendere sonno.

3) E ci si deve pure considerare fortunati ad avere almeno un tipico badante cinico e scansafatiche.

4) Si dice sempre “non è lui a parlare ma la sua malattia”. È una di quelle belle frasi che non spiega e neppure consola. Il soggetto ce l'ho io davanti. Sono io quello che lo ha visto in azione e che può meglio stimare quanto c'è di malattia e quanto di capriccio.

5) È una vera tortura ascoltarli pontificare sul convivere, sul “diritto” di sopprimere vite, sul diritto di immaginarsi ciò che non si è, e su quanto sia costoso figliare, su quanto importanti siano il prossimo acquisto o la prossima vacanza… Sono gli stessi che si lamentano di come in cinque anni la vita si sia fatta molto costosa e lo stipendiuccio - già misero all'epoca - sia a stento sufficiente a pagare tutte le rate e a restare a galla. Per poi invidiare quelli che stanno scalfendo le ricchezze ereditate per continuare a fare gli irrinunciabili viaggetti, cenette fuori, acquisti online.

6) Uno può crogiolarsi nei ricordi solo su un comodo divano e a stomaco pieno e temperature confortevoli.

sabato 25 maggio 2024

Frattaglie - 26 - il tempo di twittare mancava ancora

La moda del “proteico” continua ad impazzare fra i 'ggiovani, convinti che sia la nuova pozione magica per avere un corpo statuario, indispensabile per poter primeggiare nei rapporti sociali. Non vedo l'ora che qualche parroco promuova la parrocchia proteica nel sempre più ingrato compito di attirare i giovani.

Il metodo standard femminile di presentare il proprio valore è passato in pochi decenni dal cucinare deliziosi pranzetti all'agitarsi per un balletto idiota davanti a un cellulare.

Ho dovuto stoppare una persona cara che aveva innestato il Pilota Automatico del Dare Consigli. Ho dovuto ricordare che quando hai un'emicrania, c'è bisogno di un'aspirina, non di discorsi sulla testa, non di consigli sulle aspirine, non di spiegazioni mediche, non di “cosa vorrà dirti il Signore con questo”: quando hai una cazzo di emicrania, hai bisogno solo di una cazzo di aspirina, ed è proprio quella stessa emicrania a renderti fastidiosissime le inutili elucubrazioni.

Vive da mesi all'estero e chiede informazioni su cosa preparare in caso di morte inattesa. Funerali? Modo di avvisare i parenti dall'altra parte della Terra? Poi dice che non ha molto interesse a far testamento. E allora, vorrei rispondergli, di che ti preoccupi? Non hai né fede, né affetti meritevoli di ciò che lasci (a parte un generico avvisar gente che evidentemente non ci tiene troppo a te).

Perché tanta cagnara sul Vaticano II? Gli si dia tutto l'onore che effettivamente gli spetta (poco, visto che era un concilio “pastorale” che non ha affermato né condanne, né dogmi di fede, né altro che impegni seriamente la vita dei credenti), e basta; non un pelo di più. Invece è sempre stato solo una scusa per far passare la propria “agenda”, è sempre stato il comodo alibi di chi voleva appiattire e banalizzare, al punto che il don Giussani (persino lui!) si ritrovava a doverlo citare per evitare di essere bersagliato dai Professanti Mentalità Moderna.[1] Ti lamenti del tavolaccio usato come altare? “Eh ma sei preconciliare”. “No, guarda, sono ciellino, e di solito vengo accusato di modernismo dai preconciliari, mettetevi un po' d'accordo su cosa dovrei essere secondo voi”.[2]

Ogni tanto vien voglia di scrivere una paginetta autocelebrativa sul perché uso tante note, digressioni, parentesi, corsivi, incisi… È perché da tanti anni sono abituato ad aver a che fare con dei minus habens, dalla ridotta capacità di comprendonio e ridottissimo attention-span. E quindi ogni singola sillaba si presta ad equivoco, e dunque ogni singola sillaba va precisata, giustificata, contornata di spiegazioni e distinguo e chiarificazioni.

Quando cominciai a frequentare il movimento di Comunione e Liberazione si sentiva - anzitutto dall'ostilità di altri ambienti ecclesiali - che la Cielle era un unicum, che era qualcosa di particolarissimo di fronte a cui non veniva la tentazione di sbadigliare. Oggi invece la percezione è che si tratti di una delle tante aggregazioni ecclesiali, ognuna col suo elevatissimo grado di insignificanza, il suo gergo peculiare,[3] la sua aristocrazia di capi e capetti (con zero importanza fuori dall'ambiente). L'autoriduzione della Cielle alla caricatura che ne facevano i comunistoidi era appena cominciata (ma al sottoscritto occorsero parecchi anni per accorgersene, cioè fino al momento in cui le “eccezioni” e le “coincidenze” cominciarono a risultare davvero troppe).

Era solo nel movimento che ci veniva ripetutamente chiarito come l'arte parlasse (mostrare la bellezza, cioè “mostrare Dio”), salvo poi indulgere negli sgorbi di un Congdon o nel “valorizzare” sinistre figure (sinistre non solo politicamente) e sentirsi à la page, anzi, valorizzarle di più proprio per essere ancor più à la page. Ricordo ancora il brivido che provai quando assistei per la prima volta ad un triduo pasquale in Vetus Ordo: erano quegli stessi testi del De Victoria che il movimento ci aveva abituato ad ascoltare e anche ad usare nelle liturgie. Il Vetus Ordo era letteralmente la risposta sottintesa a tutte le volte che il movimento ci aveva insegnato quel “mostrare Dio”. Curiosamente, i sacerdoti del movimento “un po' tradizionalisti” erano dei soggetti isolati. Come se il movimento ti facesse assaggiare la lasagna ma contestualmente proibendoti di cucinarla o di richiederla. E tutto perché vigeva la legge non scritta dell'essere talebani del merdosissimo Vaticano II.

Per i comunisti sovietici la vergogna peggiore dei nazisti era il giustificare la propria malvagità con “la nazione lo vuole” e di voler ignorare che la “nazione” (qualcosa di impersonale) è fatta di persone. Sottinteso: “quando noi sovietici diciamo che il Partito lo vuole, devono esser per forza le persone a volerlo”. Che è la stessa cosa, perché anche il “Partito” è qualcosa di impersonale e fatto di persone. Ma questo non importava al dipartimento sovietico di Agitazione e Propaganda. Dopotutto il popolo parla per bocca dei suoi rappresentanti, i quali parlano per bocca del Partito, il quale parla per bocca del suo leader, cioè il segretario del Partito. I sovietici criticavano il nazismo per l'essere una malvagità senza un volto a cui associarla. Ma in risposta avevano il volto del leader a giustificare ogni malvagità.[4]


1) Checché ne dicano i più esperti giussanologi, l'entusiasmo di don Giussani per il Concilio - che non è solo un insieme di documenti ma un'intera mentalità - era dovuto alla speranza di poter cavalcarlo come alibi per poter cambiare qualcosa in meglio. Così come gli altri lo cavalcavano come alibi per imporre robacce impresentabili nella direzione opposta. Senza dubbio gli sarà stato frustrante, gli sarà stato un inseguire il carro che rotola giù dal pendìo. Del Concilio, “quel ch'era buono non era nuovo, e quel ch'era nuovo non era buono”. Non è arditissimo ipotizzare che Giesse, Cielle e tutto il resto potessero tranquillamente nascere anche senza il Concilio, perché le intuizioni del Giuss, per quanto “ubbidienti” alla gerarchia, non avevano né bisogno, né origine dai testi conciliari, dai loro sedicenti interpreti, dai fanatici del cambiamento. Magari un giorno si potrà ammetterlo anche nelle biografie di don Giussani.

2) L'accusa di modernismo a Giussani e al movimento (intendo il nocciolo duro del movimento, non il vasto strato movimentistico che lo ricopre) può essere dovuta o a pedanteria semantica (riassumibile ironicamente in “se uno dice barca deve per forza essere un marinaio”), o a pignoleria professorale (riassumibile in “se non esibite il gagliardetto di Pio V siete collusi col Nemico”).

3) Quando s'aveva qualcosa da dire, si usavano termini specifici - “avvenimento”, “imbattersi in una presenza”, “sguardo leale”… -, proprio per far meglio chiarire ciò che s'aveva da dire. Oggi, invece, sembra che anche i capi e capetti abbiano confuso il “qualcosa da dire” col gergo con cui lo si esprimeva. Cioè si sciorina il solito insalatone di paroloni, e in virtù di ciò ci si sente speciali e (auto)convalidati.

4) Da questo si capisce come i russi di oggi abbiano ancora la convinzione che i nazifasci propugnano qualcosa di impersonale e perciò possano essere telecomandati.