È arrivato lo spiegone di Prosperi.[1]
Dopo essere stati approvati, incoraggiati, sostenuti da Wojtyła, ci arrivò addirittura un Ratzinger. Facile essere gli ultras del Papa quando sei in grande sintonia con un Ratzinger. Molto meno quando ti piove addosso il papa “Buon Pranzo”. L'errore madornale dei vertici del movimento fu quello di continuare con lo stesso ordine di scuderia, di imbergoglirsi per conservarsi l'etichetta ecclesiale di ultrà del Papa:[2] fummo infatti accolti da una gelida strigliata.[3] Attribuisco ai vertici, cioè anzitutto a Carrón,[4] l'errore di non aver comandato, almeno ufficiosamente, di coprire quell'etichetta fino a nuovo ordine: dopotutto ci interessa più vivere ciò che abbiamo ricevuto attraverso don Giussani,[5] o il consolidarci il posto nella classifica ecclesiale?[6]
Carrón[7] aveva da tempo evidentemente scelto quest'ultimo. Il movimento si era liquefatto in movimentismo, la testimonianza di fede era ridotta a un generico “ehi, guardatemi: io sto dalla parte del Papa, eh!”, si era del tutto impreparati di fronte all'ipotesi di avere un Papa non solo ostile ma indifendibile. Sì, indifendibile, perché la quantità e densità di vaccate bergogliane - fin da quell'inequivocabile “Buonasera”, un vero e proprio programma di pontificato - è tale da stuzzicare addirittura il sospetto che non abbia mai voluto veramente pascere gli agnelli e le pecorelle.[8]
L'ubbidienza è una forma di amicizia, giusto? Ma il vero amico ti usa il bisturi, non ti dà una coltellata alle spalle. Il bisturi è motivato, per quei casi gravi e nel punto accuratamente scelto, con estrema precisione, per il minimo indispensabile. L'autorità non ti fa piovere addosso accuse generiche e fumose dove anzitutto non capisci di cosa sei imputato e perché. L'ubbidienza è una forma di amicizia, sì, ma vale anche per l'autorità (che altrimenti degraderebbe in autoritarismo). Sono debole, insisto a riconoscerti come padre e a volerti seguire,[9] ma se mi sei instancabilmente “mercenario” dandomi continuamente ragioni per non riconoscerti come padre, a una certa m'incazzo e comincio a prenderle sul serio, ed è tua gravissima responsabilità davanti a Cristo l'avermi alacremente dimostrato che non ti sono mai veramente stato figlio.[10]
Dunque qualche giorno fa è arrivato il tanto atteso spiegone di Prosperi[11] che dopo i paragrafi di sviolinata obbligatoria iniziale e qualche timido tentativo di aggiustare il tiro, passa a rielencare a suon di virgolettati le questioni della “successione del carisma”,[12] della confusione fra libertà in Cristo col “hai l'esperienza, giudica tu”,[13] e dell'imprecisato “rilancio missionario” (che sa tanto di rebranding).[14]
Dopodiché gli è inevitabile citare finalmente la legittima domanda «Quali sarebbero gli errori che la Chiesa ci ha fatto notare?», per rispondere che è tutto nelle comunicazioni bergogliane e dei dicasteri, e che «possono forse risultare difficili da comprendere e da accogliere… Ciascuno di noi è chiamato a rispondere personalmente a questa domanda e ha a disposizione gli strumenti per farlo». La mia risposta personale è quella del ragionier Fantozzi riguardo alla Corazzata Potëmkin. Prosperi (ahilui!) non può, o non vuole, rispondere meglio, confermando che siamo soggetti a un regime polpotiano dove tutti devono fare ossessivamente autocritica, lui compreso, e che la «correzione che ci viene fatta riguarda tutti noi, e dobbiamo esserne grati». Tutti noi, non solo chi ha sbagliato, “tutti noi”, non solo i carroniani, i giussanologi, i cielloti, ma proprio “tutti noi”. Una punizione collettiva, con la velata minaccia che se non vi piace qualcosa, la porta è quella (minaccia espressa col solito linguaggio clericale: «…percorrere insieme questa strada, senza perdere nessuno»). Sipario.
1) Avevo già commentato la supercazzola bergogliana un mese fa. In questa pagina sto invece commentando la lettera di Prosperi agli iscritti alla Fraternità, datata 28 febbraio 2025.
2) Abbiamo visto fin troppo spesso come dei Pezzi Grossi™ del movimento, con carriera politica o lavorativa facilitata dal sostegno di tanti ciellini, passano allegramente ad altri lidi, come ad esempio il Lupi. Finché potevo limitarmi a soprassedere o ironizzare, l'ho fatto. Ma quando le questioni hanno toccato direttamente la mia vita, dopo un po' di rospi mandati giù a forza, qualche domandina ho iniziato a farmela: quella stessa voce che ci chiede di applaudire una Bonino o un Napolitano, ci ricorda poi il pagamento del fondo comune e di riconoscere Cristo presente… Bene: Cristo c'entra con tutto, anche con la matematica, ma la mia capacità di ingoiare rospi e di elogiare denti bianchi di carcasse è limitata. E se alle domande oneste e legittime sfuggi, o peggio rigiri la frittata presumendomi in malafede o troppo pigro, sei tu ad aver incrinato il nostro rapporto.
3) A suo tempo definii “meritata” quella strigliata perché pur riconoscendola gratuita speravo che scuotesse coloro che avevano ridotto il movimento a un club culturale o a un attivismo frenetico.
4) Vedo una connessione teologica (oltre che ironica) fra la carroniana sviolinata a Napolitano del 2013 e la sferzata bergogliana del 2015. A dispetto del dottor Faust, i patti col diavolo non comportano mai veri vantaggi.
5) Nota per i diversamente sagaci: non è in discussione la fedeltà a Pietro ma il capire quando è necessario ribadirla, poiché “niente è tanto incredibile quanto la risposta a una domanda che non si pone”, e niente è più cringe di una tifoseria interessata. Dunque quando il “magistero liquido” esalava fumose banalità come «dobbiamo avviare processi e non occupare spazi», occorreva avere il cattolico coraggio di tacere (passare ad altro argomento) anziché ripeterle a pappagallo agli universitari e alle scuole di comunità, perché quando vieni supercazzolato abbestia crolla irreparabilmente la fiducia: “in quel momento ho perso un mito e ho perso un tic”.
6) Qualcuno mi spieghi per quali concreti motivi nel 2013 il movimento che tanto piaceva a Ratzinger improvvisamente diventa per Bergoglio “autoreferenziale” e “chiesa in entrata” e “spiritualità di etichetta”. Magari anche per quali concreti motivi siamo cresciuti tumultuosamente quando ecclesialmente eravamo dei paria e perché la decrescita e l'imborghesimento son giunti insieme ai riconoscimenti dei dicasteri, e il crollo in concomitanza col bergoglismo.
7) Carrón fu scelto personalmente da don Giussani e nei primi anni ci sembrò che fosse stata la scelta migliore…
8) Considerate non le mie argomentazioni da blog di sperduta periferia, ma i solidi argomenti presentati da gente più preparata e qualificata di me, come ad esempio nella Correctio Filialis. E cercate di ricordare se dal 2013 ad oggi ci sia stata almeno una singola espressione del Bergoglio che abbia confermato la vostra fede (e sottolineo confermato la vostra fede). Con un Ratzinger o un Wojtyła, poteva ancora succedere. Col Bergoglio abbiamo dovuto ostinatamente cercare “denti bianchi” come la battutina contro la “frociaggine” (a proposito, quali cambiamenti ha prodotto concretamente nei seminari?).
9) Quando ti si accumulano dubbi e incertezze e per tutta risposta ottieni praticamente un sarcasmo - “ma secondo te cosa ti sta dicendo il Signore con questo?” - devi sforzarti di resistere alla tentazione di prenderlo a pedate mentre gli ripeti quella stessa espressione insulsa.
10) Vale per la “paternità” di un pastore, vale anche per la “paternità” di chi ci guida nel movimento. Tanta urgenza di incensare una Bonino e tanto aristocratico disprezzo a noi che eravamo le anime sotto la loro responsabilità.
11) Nello spiegone prosperiano, coi virgolettati al posto giusto, sembra che la crisi ciellina sia solo di questi ultimi “dieci anni” - cioè coincida di fatto con l'imbarazzante epoca bergogliana. Come se anche lui aspettasse che si levi qualcuno a dire ciò che va detto.
12) Per poter campare di rendita in senso ecclesiale, cioè conservarsi lo strapuntino nel club dei VIP chiesastici, c'è stato chi ha ritenuto utile bergoglizzarsi, chi ha ritenuto utile personalizzarsi la propria mandria di seguaci, e chi ha pensato a entrambe le cose. Per quanto ci sia non poco di vero nell'accusa che Carrón si riterrebbe erede esclusivo del “carisma di don Giussani”, l'accusa continua a conservare un che di caricaturale. Come se lo scopo delle manovre in corso fosse qualcosa di più complesso, e riguardasse lo snaturare il movimento proprio durante il suo declino, e giocando la solita carta-jolly del richiamo all'ubbidienza. Nell'epoca postbergogliana che sta per iniziare sarà interessante, per chi ha buona memoria, commentare le contraddizioni e la doppiezza dei bergoglizzati di oggi.
13) Devo essere onesto: mi pare piuttosto improbabile che ci sia stata gente - e addirittura fra i Memores - che abbia inteso quell'espressione in senso davvero soggettivista. Sarà che io nelle case dei Memores ci sono stato. Ho visto l'aria che si respira, in quelle maschili come in quelle femminili. Li ho avuti come compagni di stanza nelle grandi occasioni a Rimini, li ho avuti a tavola, e in lunghe telefonate, e in lunghi percorsi in auto e autobus. Ho udito, insomma, quanto basta per capire che l'accusa di “soggettivismo” - passata addirittura come “eresia”, perbacco, la faccenda è grossa - è alquanto campata in aria, e sarà dovuta forse a qualche lettera di qualcuno che doveva vendicarsi del non essere riuscito ad aderire alla società dei Memores.
14) Quando in ambienti ecclesiali ti si dice di “rilanciare”, l'accusa è che non stai facendo nulla. Quando ti si dice di “riscoprire”, l'accusa è che non avresti capito nulla. La missione, fin dai tempi in cui s'andava a far caritativa nella Bassa, era un risultato di un'esperienza già vissuta, non una casellina da marcare in un immaginario foglio Excel della Bontà del Carisma.