sabato 29 marzo 2025

Alle radici della crisi del movimento

Nonostante il titolo, non abbiamo grossi titoli da vantare. Come i bambini, per indicare che qualcosa non va abbiamo ben pochi strumenti oltre al piangere. D'altronde la pretesa di trovare su un blog una mastodontica e rigorosa dissertazione su perché il movimento di Comunione e Liberazione stia andando a rotoli da almeno vent'anni, è un po' da pretenziosi.[1] I quattro gatti che ci leggono comprendono abbastanza bene i motivi del nostro disagio. Colgono fra le righe ciò che non riusciamo ad esprimere nelle righe.[2]

È come quando entri in deposito a prendere un pezzo di ricambio. Ce ne sono vari, uguali, disposti sullo scaffale. Ma da indizi che non riusciresti a descrivere scegli l'unico decente, lasciando al prossimo addetto la fregatura di trovar pezzi non più adatti, infischiandotene di avvisare il responsabile, sordo a ogni osservazione.[3] È stato un odore particolare? È stato un colore più opaco? È stato un sentire al tatto che la confezione non è sigillata? Non sai descriverlo, sai solo che qualcosa non quadra, sai che l'intuito non ti sta ingannando, sai solo che il volantone di Pasqua era nato per far riflettere, non per fare sviolinate.[4]

Da troppo tempo i discorsi del movimento[5] sono stati imbottiti di comodi romanticismi, facili psicologismi, melense citazioni.[6] Al netto di questi, se dalla scuola di comunità ne cavi un'unica espressione che ti sveglia, il tuo tempo e le tue risorse sono state ben spese.[7] Ma da troppo tempo cresce l'idea che le nostre assemblee debbano produrre anzitutto un certo numero di minuti contenenti ognuno un certo numero di parole. Il don Giuss ci diceva che se la scuola di comunità non ti cambia, è inutile. E noialtri ci si sforzava di scoprire questo cambiamento, di restar fedeli in attesa di scovare finalmente i denti bianchi dalla carogna (che magari consisteva solo nell'opportunità, a fine serata, di passare qualche momento più fruttuoso con gente che la fede ce l'aveva davvero).[8] Dopo tanti anni di paziente dentibianchismo abbiamo visto spopolarsi le scuole di comunità e diffondersi la percezione che erano diventate riunioni di un club,[9] con la sua parlantina, il suo gergo, il suo stanco ripetersi.[10]

Per esempio, il caro Pizzaballa, essendo arcivescovo, non parla dei bombardamenti di Gaza, dei morti innocenti, del genocidio in corso. Parla come se i cattolici - anche quelli locali - fossero meri spettatori. «La guerra è sempre una catastrofe»: perbacco, chi l'avrebbe mai sospettato? «L'anno giubilare… [qui in Terrasanta] non poteva arrivare in un momento più opportuno»: perdindirindina, sotto droni, mitragliatrici, bombe e altre armi indicibili, ebbene, i sofferenti, i feriti, quelli che piangono la perdita di casa o peggio di amici, parenti, figli, a suo dire… aspettavano un'opportuna celebrazione giubilare? E non parliamo del Concerto della Speranza (quante bombe avrà evitato?) e del Musical Natalizio (poffarbacco, ora sì che si va a nanna tranquilli). Sta' a vedere che lo fanno Papa (deve prima ricordarsi di augurare Buon Ramadan).[11]

Quando insomma ci arriva parecchio rumore insieme al segnale,[12] ci accorgiamo che qualcosa non va. Quando le omelie - anche di pezzi grossi del movimento - sono troppo farcite di ovvietà (quando non di trite banalità), ci accorgiamo che non ci trasmettono nulla. Quando la virtù della speranza consiste nello sciorinare un baldanzoso e sorridente ottimismo, capisci che il capo o capetto è al capolinea. Ci accorgiamo che i sermoni inflittici dalla gerarchia servono più a nascondere (e confondere) che a chiarire; ci accorgiamo che i sermoni inflittici dai capi del movimento servono più a far passare un congruo numero di minuti che a trasmettere qualcosa di vitale; ci accorgiamo che gli amici del movimento, come il sullodato patriarca, sembrano addirittura contenti di supercazzolarti.[13] Di fronte al sangue innocente vengono normalmente grida di dolore (e preghiera, appunto, come grido più intenso), non i complimenti al laicato del Centro di Formazione. A leggere quel sermone, si avrà l'impressione che lui “la guerra” l'abbia a stento sentita nominare da qualche telegiornale… o che sia talmente nel mirino, da non potersi permettere di dire altro.

La crisi del movimento è tutta da quella stessa radice. La foga di mostrarsi “papisti” in epoca bergogliana, ha prodotto solo supercazzole, snaturamento, decrescita, danni peggiori di quanti non ne potessero fare giussanologi e cielloti. Onore a quanti intendevano donarsi a Cristo e hanno avuto da patire persecuzioni perché l'improvviso ordine di scuderia è stato di donarsi al dialogo e all'avviare processi.[14]


1) Spero non abbiate dimenticato episodi (come quello sulle unioni omosessuali sei o sette anni fa) in cui Carrón e altri pezzi grossi del movimento ci supercazzolarono fortemente. Proprio quando conveniva almeno tacere. Erano evidentemente convinti che l'ubbidienza a costui dovesse essere un servilismo, un'adulazione. A furia di episodi in cui “conveniva almeno tacere”, si finisce per riconoscere che Carrón non è più autorevole, non ti è più “padre”, nulla togliendo alla riconoscenza per il bene ricevuto.

2) Cos'era il movimento di Comunione e Liberazione una volta? «Cl era il movimento cattolico che amava i cardinali Giacomo Biffi, Carlo Caffarra e Joseph Ratzinger, prima che quest’ultimo divenisse papa; era il movimento che sceglieva, come libro dell’anno, “L’ultimo crociato. Il ragazzo che combattè a Lepanto”, di Louis de Whol, non proprio un manifesto filo islamico e pro-invasione; era il movimento che fiancheggiò più di tutti Camillo Ruini, nella battaglia culturale e politica del referendum sulla fecondazione artificiale; era, ancora, il movimento che celebrava senza vergogna il Concilio di Trento, producendo una valida letteratura contro le eresie e le violenze di Martin Lutero… Poi il tempo cambiò, la politica mutò, il papa in carica divenne “emerito” e … e ci trovammo Galantino e Spadaro, mai prima neppure considerati, come ospiti d’onore ai Meeting ciellini di Rimini, al posto di Caffarra e Biffi, divenuti quasi innominabili. […] Povera Cl! Fa molta pena vedere persone che per decenni hanno manifestato pubblicamente, nei loro campi (quello medico, quello universitario, quello giornalistico…) un cattolicesimo militante e ragionato, divenire improvvisamente dei sagrestani, pronti ad omaggiare solennemente gli avversari di ieri, mettendosi in fila dietro le narrazioni di Repubblica e del Corriere!».

3) Triste la situazione quando non riesci più ad avvisare i capi di qualche problema perché si lamenterebbero che sei troppo lamentoso ed esigerebbero dimostrazioni matematiche in carta bollata per riconoscere che il cielo è blu. Forse ci sarà qualcuno che ha paura di perdere prebende, strapuntino, e altri piccoli privilegi?

4) Nel volantone di Pasqua 2025 compare una citazione del Bergoglio in cui - come al solito - si alternano parole care al nostro lessico e parole care al gergo soggettivista-psicologista. Avrebbe fatto meno brutta figura fermandosi alla primissima frase. Sa comunque di tafazziano citare colui che ti ha sempre etichettato sprezzantemente “autoreferenziale”, fatto di tutta l'erba un fascio, e che infliggendoti un lungo commissariamento insiste che le sue accuse kafkiane sarebbero ancora fondate. Quando ci veniva insegnato che un padre lo segui anche se non capisci, che solo chi ubbidisce non sta censurando niente, si dava sempre per scontato che ultimamente ti volesse essere padre.

5) Il servilismo nasce inquinando il rapporto bidirezionale tra padre e figlio. Nel movimento, in questi ultimi vent'anni, il genuino desiderio di essere figli è degenerato in un “certificarsi” figli, cioè un difendere una coerenza: “ehi, sto dalla parte del Papa, io: applauditemi!” Così quando il Bergoglio ha esalato le castronerie che lo fanno passare (in modo ben poco onorevole) alla Storia, per qualche bizzarro motivo i vertici del movimento hanno ritenuto necessario prenderle sul serio: è stato tutto un “non bisogna occupare spazi ma avviare processi”. Dove “processi” è nel migliore dei casi qualcosa di sfumato, anodino, inefficace. Ma fermatevi un attimo a riflettere: con che faccia di bronzo, e ancor più con che coscienza, hanno riconosciuto una supercazzola ma hanno ritenuto necessario somministrarla ai “figli”? Come se tacere non fosser un'opzione, come se il “discorso” restasse incompleto senza la supercazzola.

6) Per carità, basta con le frasi fatte, che per giunta ci rifilate senza il dovuto corredo di cuoricini e buongiornissimi!

7) Quel “Tu solo hai parole di vita eterna” è indirettamente una severa accusa a capi, pastori e Vicari, per tutte le supercazzole che hanno inflitto a noialtri agnelli e pecorelle.

8) Troppe volte il vero risultato della scuola di comunità era consistito nelle poche parole scambiate all'uscita con gente di fede. A volte anche solo una battuta scherzosa era stata preziosa, e addirittura più preziosa di tutto il resto.

9) Che triste fine esser diventati proprio la caricatura che ne facevano i nemici del movimento.

10) Alle scuole di comunità “che vale la pena seguire”, stranamente quasi nessuno arrivava in ritardo. A quelle “club della logorrea” quasi nessuno arrivava in orario, neppure l'autoincaricato del sermone.

11) Sotto le bombe desideri anzitutto che le bombe cessino immediatamente. Qualsiasi discorso - ad eccezione della preghiera, per i vivi e per i defunti - rischia seriamente di sembrare una considerazione salottiera da gente fisicamente e mentalmente lontanissima.

12) La virtù della sintesi non è quella di accorciare, ma quella di tagliare il superfluo.

13) Il gergo ciellinese moderno serve a mostrarsi adulti e attenti alle istanze del mondo, contentandosi di ficcare a forza il nome di Nostro Signore nell'estemporaneo commento al telegiornale della sera prima, e appuntarsi un'altra medaglia immaginaria. La parabola del carronismo - che sabato scorso a Caravaggio ha radunato appena duemila persone, non proprio una “prova tecnica di scissione” come preannunciavano le malelingue - è tutta qui. E non mi pare un'eredità del Giuss; pare invece un'eredità della sviolinata a quel famoso Napolitano agli esercizi della Fraternità del 2013. Gli amici Memores tuttora “carroniani” hanno infatti sempre fretta di liquidare qualsiasi questione scottante con un “ma dai” o nell'applaudire freneticamente al mondo speranzosi che ciò consenta di star lontani dai guai.

14) Ironia della sorte, entrambe le fazioni gareggiano nel sembrar bergogliane, come se ciò - proprio adesso - servisse ad accreditarsi, come se credessero che la propria esistenza dipendesse dall'adulazione al regime ecclesiastico del momento, dimentichi del fatto che la Cielle è cresciuta proprio grazie all'ostilità di curie e sagrestie, proprio perché non eravamo incasellabili, non eravamo una claque, non eravamo un club.

lunedì 17 marzo 2025

Carrón y Liberación

Accolgo con divertito stupore la notizia delle “prove tecniche di scissione” nel movimento di Comunione e Liberazione.[1] Mi vien da ridere perché la situazione “è grave ma non è seria”: le accuse al movimento (una vera e propria supercazzola), il commissariamento di fatto (blindato fino al 2031), il Prosperi che per spiegare le accuse si limita ad un “arrangiatevi”,[2] la fazione dei “carroniani” (ereditanti carisma), tutti tasselli che sembrano compatibili col grande progetto clerical-curiale di appiattire la Cielle e farla confluire nella zombificata Azione Cattolica.

La crisi del movimento ha radici lontane e complesse ma riconoscerei come tappe principali l'istituzionalizzazione (il periodo 1982-2002, cioè Giovanni Paolo II che riconosce la Fraternità di CL e vent'anni dopo conferma), la carronizzazione (il periodo 2005-2013), e la bergoglieria[3] (2013-oggi).

Dal 1954, da quei passi sulla brevissima gradinata del liceo Berchet, al 1982, i momenti difficili erano stati tanti sia per la furiosa opposizione di clero e vescovi,[4] sia per l'aspetto di movimento - cioè la facilità con cui gli aderenti venivano influenzati da dibattiti e mode politiche del momento (nel 1976 ad Assago don Giussani doveva ancora una volta tirare le redini; nel 1981, in seguito al fallimento del referendum contro l'aborto, gli sfuggiva un “sarebbe bello essere solo in dodici in tutto il mondo”). Lo chiamerei volentieri il periodo d'oro.[5]

L'istituzionalizzazione è stata di fatto una pugnalata[6] perché il fastidiosissimo e prevedibilissimo effetto è stato quello di doversi rendere presentabili nelle curie, nelle sagrestie e negli episcopii (che fino a quel momento ci avevano attivamente perseguitato, ostinatamente boicottato, o almeno trattato come estranei che non meritano neppure una briciola),[7] quello del dover lasciarsi “inserire” in qualche “pastorale”,[8] scendendo a compromessi perfino su cosa si poteva dire e fare.[9] Probabilmente Giovanni Paolo II intendeva solo rimpolpare le stantìe e desertificate parrocchie e dare una strigliata alle devianze di tanti altri movimenti.[10] Il principale (indesiderato?) risultato fu quello di “clericalizzarli”.[11]

S'è detto che il 2013 fu l'annus horribilis per il movimento in quanto fallirono entrambi i sogni di gloria (Scola papa[12] e Formigoni capo del governo). È l'inizio della bergoglieria e anche il momento in cui Carrón finalmente getta la maschera e procede, agli esercizi spirituali della Fraternità, ad una spettacolare sviolinata a favore di un certo Napolitano, eroe per essere rimasto incollato a una poltrona. L'istituzionalizzazione del movimento aveva prodotto solo conformismo e sfascio, mentre il “papismo di maniera” comodamente abituato a un Wojtyła e a un Ratzinger, doveva improvvisamente bergoglizzarsi (don Pino, ma che stracazzo mi combini?).

E quindi ora ci ritroviamo il movimento “commissariato”[13] da un Prosperi che sta barcamenandosi in attesa che passi la tempesta,[14] mentre la fazione emergente dei bergoglian-prosperiani auspica[15] una scissione di cui già sabato prossimo a Caravaggio intravedrà le “prove tecniche”.[16]

Davanti a tale auspicata scissione sono solo un osservatore. Sono entrato nel movimento non per tesseramento o per pensosa decisione di aderire, ma perché tutti quelli che più mi rappresentavano la vita di fede erano del movimento.[17] Le dinamiche interne (dal gossip alle nomine importanti) non mi hanno mai stuzzicato (tranne qualche motteggio), ancor meno entusiasmato. Ho però avuto sentore che non tutto fosse bellissimo, anche solo per aver dovuto sopportare prediche (quando non interi esercizi spirituali) di gente che del movimento aveva capito solo “platea plaudente, pacchetto di voti, lavoro, appalti”.[18] Dunque da osservatore vedo che fra commissariamento e scissione, in ballo non c'è il santificarsi attraverso ciò che ci ha insegnato il don Giuss, ma un assicurarsi un peso nello scenario ecclesiale[19] (come se fosse urgente) e l'autocertificarsi come papisti (come se dal 1954 ad oggi ciò ci fosse stato almeno una volta necessario). Vale a dire che le fosche nubi che s'addensano su quel che resta del movimento non possono che diventar tempesta e diluvio. Chissà, magari ripartiremo da “solo in dodici”.


1) Scrivo questa paginetta senza che sia minimamente scalfita la gratitudine per aver incontrato il movimento (quei volti, non “quella struttura”), e vedendo ben separati i venti di crisi dall'oggettivo bene ricevuto dagli esercizi degli universitari, dal Meeting di Rimini, fino a vacanzine e incontri con gli amici che vivevano la stessa fede. L'ipotesi di una scissione, sebbene occasionalmente discussa (sottovoce) fin da quando il carronismo cominciava a sgomitare, non cambia ciò che abbiamo vissuto, e non cambia né la “scelta religiosa” carroniana (che -ahinoi!- purtroppo non è consistita nel “curare la vita interna”), né le manovre bergogliane (atte a snaturare il movimento e i Memores Domini a suon di commissariamenti e sinodalizzazioni), nè certe decisioni e prese di posizione di soggetti importanti del movimento (come ad esempio l'invitare la Bonino, o prendersela tragicomicamente contro “il Papa dell'Adriatico”).

2) Sul serio: nel movimento siamo stati educati ad essere allergici alle prediche fumose, alle supercazzole, alle accuse kafkiane. Perciò se lo spiegone ufficiale, alla semplice domanda «quali sarebbero gli errori che la Chiesa ci ha fatto notare?» risponde solo con «Ciascuno di noi è chiamato a rispondere personalmente a questa domanda e ha a disposizione gli strumenti per farlo», cioè con “arrangiatevi”, si deve dedurre come minimo che non sa cosa rispondere… oppure che qualsiasi altra risposta verrebbe usata dal circolo bergogliano contro il movimento. Come se Prosperi volesse solo aspettare che passi la tempesta.

3) Chi accusa Carrón di non aver seguito le indicazioni bergogliane gli sta facendo un favore, gli sta riconoscendo un merito che non è detto che abbia. Infatti per la maggioranza di parroci, curie, prelati, e per lo stesso Bergoglio, la Cielle non è un popolo nato dal prendere sul serio gli aspetti elementari della fede, ma solo una massa di gente con capacità organizzative un po' sopra la media, e quindi comoda da utilizzare una volta che sia stata sinodalizzata e normalizzata, ma che essendo una massa ciellina non merita nulla, nemmeno per le numerose volte che ha già gratuitamente e silenziosamente tappato i buchi della pastorale (vedasi ad esempio la gentile obiezione al Tettamanzi quando nel 2002 s'insediò a Milano). Non siamo visti come gregge da guidare e da confermare nella fede, e veniamo dunque subdolamente invitati a sostituire l'ubbidienza col servilismo.

4) Ai bei tempi gli aspiranti sacerdoti provenienti dalla Cielle venivano rifiutati dai seminari, tra cui gli stessi Negri e Scola, checché ne dicano certi giornalisti azzeccagarbugli che non sono stati né nel movimento, né vicini ai fatti, né adeguatamente documentati; la cieca ostilità contro seminaristi ciellini perdurerà in tante diocesi italiane almeno fino ai primi anni Duemila.

5) Pur avendo aderito al movimento solo molto tempo dopo, riuscii comunque a goderne dei buoni effetti. Se ti si spegne il motore mentre sei in autostrada, prosegui comunque per un bel tratto prima di fermarti.

6) Giovanni Paolo II, esigendo che i movimenti ecclesiali avessero una regolazione statutaria, li ha di fatto sterilizzati. Sebbene nella gran maggioranza dei casi c'è solo di che applaudire - a causa delle loro derive settarie e del culto della personalità dei propri fondatori -, in qualche caso (come anche il nostro) è stata - suo malgrado? - una pugnalata alle spalle. Il tanto desiderato riconoscimento dall'autorità, che per noi era praticamente l'agognata autorizzazione a continuare ad esistere, a continuare a promuovere le cose buone che don Giussani ci aveva estratto dall'infinito tesoro spirituale della Chiesa, all'improvviso diventava un'etichetta su un prodotto inscatolato, con codice a barre e arbitrarie date di scadenza e indicazioni burocratiche. Diventavamo una pedina variamente colorata da far spostare spocchiosamente qua e là sulla scacchiera delle manovre curiali. Avevamo sperato in una carezza paterna, ci ritrovammo solo gratuite pedate negli stinchi. Nelle sagrestie e curie non ci era più vietato l'accesso, ma annotavano minuziosamente le nostre presenze e assenze. A nulla valse far buon viso a cattivo gioco, e il darsi da fare per parrocchie e diocesi fu sempre un frustrante constatare che il marchio d'infamia “ciellino” era ancora valido, e che al massimo anziché taglienti parole di disprezzo provocavamo risatine e diffidenza. Qualcuno è stato più fortunato, magari anche spesso, ma non al punto di non aver mai dovuto strozzare in gola risposte cielline ai clericalismi, come quella al Tettamanzi nel 2002.

7) Tutti quei vescovi che ti avevano sempre boicottato o almeno aristocraticamente ignorato, erano poi gli stessi che per ordine di Giovanni Paolo II dovevano in qualche modo valorizzarti (e liberi di non scegliere mai il modo migliore). Non fa meraviglia che anche decenni dopo ci considerassero solo un club dotato di alcuni inutili libri, di un po' di melensi canti, di rognose posizioni politiche.

8) Finché i ciellini erano per le curie emeriti sconosciuti, sconosciuti anche di consistenza numerica, si era più liberi. Finita quell'epoca, ora sinodalmente va più o meno così: “Sei ciellino!” “Sì, ma non praticante” “Non è vero, tu leggi Tracce, eri agli Esercizi!” “Ma sono miei gesti personali, non ho mica coinvolto…” “No, questa cosa non va bene! Bisogna essere aperti a tutti! la Chiesa in uscita! avviare processi! eleggere delegati! cammino sinodale!…” E a quel punto stai valutando se è il caso di mandarlo a Fanculo™ o se una professione di fede nel Dialogo ti salverà. Opti per la seconda e scopri che non basta. In qualità di ciellino - non importa di quale risma, non importa quanto carroniano o prosperiano, non importa se giussanologo o ciellota, non importa se fresco entrato o col numero di tessera della Fraternità a due o tre cifre - sei marchiato a vita.

9) Una scena tipica di tale istituzionalizzazione: il pellegrinaggio Macerata-Loreto passò dall'essere un'iniziativa “del movimento” ad un'iniziativa in cui il movimento era solo uno dei 157 ingredienti pur curandone l'organizzazione, dove gli altri 156 infaticabilmente sgomitavano per i posti d'onore. Da un lato, l'onore che un'iniziativa del movimento venisse “fatta sua” dall'istituzione, cioè dalla diocesi; dall'altro, il vederla ridurre a folklore canterino, a show trascinato perché bisogna pur riempire i notiziari. L'inventore fu poi premiato con l'episcopato, e a sua volta si “istituzionalizzò”.

10) Grandissima parte degli altri movimenti ecclesiali, grandi e piccoli, parte dal neanche troppo celato presupposto che la Chiesa sbaglia e che loro sono la correzione. In realtà la crisi ecclesiale è una crisi di fede (oggettivamente constatabile anche solo dallo squallore liturgico postconciliare), ed era proprio tale crisi ad aver reso accattivante l'idea di fondare qualcosa di nuovo. Ad eccezione di don Giussani (che non intendeva fondare alcunché ma solo ribadire aspetti elementari della fede) il boom dei movimenti è stato una risposta fai da te alla crisi, per lo più nel senso di un avvantaggiarsi del momento propizio per costituire qualcosa che la Chiesa “dovrà riconoscerci”, di un ubriacarsi per non sentire la fame.

11) Per clericalismo deve intendersi anche la sostituzione dell'autorità con l'autoritarismo, la distinzione tra figli e figliastri, il trattarti a pesci in faccia solo per onorare il capo-capetto del momento, il non indicare i fatti concreti che danno sostanza alle accuse…

12) Quella degli auguri della CEI a Scola per essere stato eletto Papa è una delle storie che non ci si stancherà mai di raccontare ai propri nipotini. Scola aveva occupato entrambe le massime rampe di lancio per il pontificato - Venezia e Milano - e si era ulteriormente accreditato con gli auguri per il Ramadan (come se nel conclave entrassero più imam che cardinali), aveva persino ottenuto la maggioranza nei primi scrutini. Poi è successo qualcosa di tuttora poco chiaro - in cui “rivalità” e “Comunione e Liberazione” non sono spiegazioni ragionevoli - per cui ci ritrovammo l'impresentabile papa Buonasera.

13) Ironia della sorte, il commissariamento è stato uno degli ultimi atti del Bergoglio prima di dipartire, perfetta sintesi della famigerata “misericordia” gesuitica del colpire duramente gli innocenti affinché i colpevoli possano provare un pochino di dispiacere. Pur di fronte a tre problemi seri - “cielloti, giussanologi e carroniani”, cioè la riduzione del movimento ad attivismo, a un club culturale, o a un culto della personalità -, il Pachapapa è riuscito a scegliere la strategia più funesta (sarà magari per l'innata ostilità gesuitica verso il movimento). E a quanto pare è riuscito a lasciare in pace qualche altro movimento il cui fondatore è alla guida da oltre sessant'anni. Come sempre, il Potere è forte con i deboli (e ubbidienti), e debole con i forti (e disubbidienti).

14) Bene ha fatto il caro Martinelli (che è stato ai vertici dei Memores Domini) qualche giorno fa a ricordare che le foglie sono verdi in estate, cioè che «…mancano i fatti concreti che diano sostanza a queste affermazioni… Del resto, non è la ripetizione continua di preoccupazioni e richiami a renderli più veri, ma la conoscenza dei fatti che li motivano… il rischio è di creare situazioni di falsa obbedienza e sottomissione che possono diventare la premessa per situazioni di abusi… finché le questioni non si chiariranno fino in fondo, non sarà possibile nel caso correggersi, e rimarrà un alone di sfiducia sul cammino fatto e che si sta facendo, con il rischio che queste affermazioni non chiarite vengano usate per demonizzare alcuni…».

15) “Teme”, cioè auspica: come nelle partitelle fra ragazzini in cui ci si accorda per non passare mai la palla all'antipatico, sperando che si stufi e se ne vada spontaneamente (possibilmente dando di matto), per poter ponziopilatescamente lavarsene le mani: “è stato lui il problematico, è stato lui lo scismatico”.

16) Riuscirà il nuovo movimento Carrone e Liberazione a conservarsi un po' di rilevanza ecclesiale e i comodi strapuntini qua e là? Riusciranno i carroniani a continuare a considerare accettabili le napolitanate e le boninate?

17) Dopo tanti anni di militanza nel movimento, qualcuno può essersi ritirato dietro le quinte, i più sono invecchiati (nel senso che hanno scelto un percorso più da poltrona che da battaglia - come persino certi Memores che si accontentano di distribuire graziose citazioni del Gius e di cardinali e santi, per poi ruggire solo quando qualcuno fa notare l'ambiguità degli strali di Bergoglio e Farrell) mentre non avveniva un ricambio generazionale.

18) Tanto più quando applausi e altri tipi di sviolinate erano principalmente intesi a garantire una poltrona a qualche amico del movimento o qualche appalto o permesso.

19) È pur vero che molte “opere del movimento” sono a rischio di sequestro e snaturamento da parte di curie e clero. Quando però sono in gioco posti di lavoro, spese consistenti mai rientrate, buone attività di lungo corso su cui molti fanno ancora affidamento per il futuro, è purtroppo non illegittimo tentare di acquisire “peso ecclesiale” al solo scopo di difendere quelle opere dagli elefanti vogliosi di farsi una cavalcata nella cristalleria. Ma è esattamente il motivo per cui si evitava il più possibile di coinvolgere anche solo indirettamente gli elefanti curiali. Mandateci pure nudi, ma lasciateci la libertà di educare: persa quella, possiamo anche essere ben vestiti, ma non ha più senso di spendersi.

martedì 4 marzo 2025

Negli ultimi "dieci anni"...

È arrivato lo spiegone di Prosperi.[1]

Dopo essere stati approvati, incoraggiati, sostenuti da Wojtyła, ci arrivò addirittura un Ratzinger. Facile essere gli ultras del Papa quando sei in grande sintonia con un Ratzinger. Molto meno quando ti piove addosso il papa “Buon Pranzo”. L'errore madornale dei vertici del movimento fu quello di continuare con lo stesso ordine di scuderia, di imbergoglirsi per conservarsi l'etichetta ecclesiale di ultrà del Papa:[2] fummo infatti accolti da una gelida strigliata.[3] Attribuisco ai vertici, cioè anzitutto a Carrón,[4] l'errore di non aver comandato, almeno ufficiosamente, di coprire quell'etichetta fino a nuovo ordine: dopotutto ci interessa più vivere ciò che abbiamo ricevuto attraverso don Giussani,[5] o il consolidarci il posto nella classifica ecclesiale?[6]

Carrón[7] aveva da tempo evidentemente scelto quest'ultimo. Il movimento si era liquefatto in movimentismo, la testimonianza di fede era ridotta a un generico “ehi, guardatemi: io sto dalla parte del Papa, eh!”, si era del tutto impreparati di fronte all'ipotesi di avere un Papa non solo ostile ma indifendibile. Sì, indifendibile, perché la quantità e densità di vaccate bergogliane - fin da quell'inequivocabile “Buonasera”, un vero e proprio programma di pontificato - è tale da stuzzicare addirittura il sospetto che non abbia mai voluto veramente pascere gli agnelli e le pecorelle.[8]

L'ubbidienza è una forma di amicizia, giusto? Ma il vero amico ti usa il bisturi, non ti dà una coltellata alle spalle. Il bisturi è motivato, per quei casi gravi e nel punto accuratamente scelto, con estrema precisione, per il minimo indispensabile. L'autorità non ti fa piovere addosso accuse generiche e fumose dove anzitutto non capisci di cosa sei imputato e perché. L'ubbidienza è una forma di amicizia, sì, ma vale anche per l'autorità (che altrimenti degraderebbe in autoritarismo). Sono debole, insisto a riconoscerti come padre e a volerti seguire,[9] ma se mi sei instancabilmente “mercenario” dandomi continuamente ragioni per non riconoscerti come padre, a una certa m'incazzo e comincio a prenderle sul serio, ed è tua gravissima responsabilità davanti a Cristo l'avermi alacremente dimostrato che non ti sono mai veramente stato figlio.[10]

Dunque qualche giorno fa è arrivato il tanto atteso spiegone di Prosperi[11] che dopo i paragrafi di sviolinata obbligatoria iniziale e qualche timido tentativo di aggiustare il tiro, passa a rielencare a suon di virgolettati le questioni della “successione del carisma”,[12] della confusione fra libertà in Cristo col “hai l'esperienza, giudica tu”,[13] e dell'imprecisato “rilancio missionario” (che sa tanto di rebranding).[14]

Dopodiché gli è inevitabile citare finalmente la legittima domanda «Quali sarebbero gli errori che la Chiesa ci ha fatto notare?», per rispondere che è tutto nelle comunicazioni bergogliane e dei dicasteri, e che «possono forse risultare difficili da comprendere e da accogliere… Ciascuno di noi è chiamato a rispondere personalmente a questa domanda e ha a disposizione gli strumenti per farlo». La mia risposta personale è quella del ragionier Fantozzi riguardo alla Corazzata Potëmkin. Prosperi (ahilui!) non può, o non vuole, rispondere meglio, confermando che siamo soggetti a un regime polpotiano dove tutti devono fare ossessivamente autocritica, lui compreso, e che la «correzione che ci viene fatta riguarda tutti noi, e dobbiamo esserne grati». Tutti noi, non solo chi ha sbagliato, “tutti noi”, non solo i carroniani, i giussanologi, i cielloti, ma proprio “tutti noi”. Una punizione collettiva, con la velata minaccia che se non vi piace qualcosa, la porta è quella (minaccia espressa col solito linguaggio clericale: «…percorrere insieme questa strada, senza perdere nessuno»). Sipario.


1) Avevo già commentato la supercazzola bergogliana un mese fa. In questa pagina sto invece commentando la lettera di Prosperi agli iscritti alla Fraternità, datata 28 febbraio 2025.

2) Abbiamo visto fin troppo spesso come dei Pezzi Grossi™ del movimento, con carriera politica o lavorativa facilitata dal sostegno di tanti ciellini, passano allegramente ad altri lidi, come ad esempio il Lupi. Finché potevo limitarmi a soprassedere o ironizzare, l'ho fatto. Ma quando le questioni hanno toccato direttamente la mia vita, dopo un po' di rospi mandati giù a forza, qualche domandina ho iniziato a farmela: quella stessa voce che ci chiede di applaudire una Bonino o un Napolitano, ci ricorda poi il pagamento del fondo comune e di riconoscere Cristo presente… Bene: Cristo c'entra con tutto, anche con la matematica, ma la mia capacità di ingoiare rospi e di elogiare denti bianchi di carcasse è limitata. E se alle domande oneste e legittime sfuggi, o peggio rigiri la frittata presumendomi in malafede o troppo pigro, sei tu ad aver incrinato il nostro rapporto.

3) A suo tempo definii “meritata” quella strigliata perché pur riconoscendola gratuita speravo che scuotesse coloro che avevano ridotto il movimento a un club culturale o a un attivismo frenetico.

4) Vedo una connessione teologica (oltre che ironica) fra la carroniana sviolinata a Napolitano del 2013 e la sferzata bergogliana del 2015. A dispetto del dottor Faust, i patti col diavolo non comportano mai veri vantaggi.

5) Nota per i diversamente sagaci: non è in discussione la fedeltà a Pietro ma il capire quando è necessario ribadirla, poiché “niente è tanto incredibile quanto la risposta a una domanda che non si pone”, e niente è più cringe di una tifoseria interessata. Dunque quando il “magistero liquido” esalava fumose banalità come «dobbiamo avviare processi e non occupare spazi», occorreva avere il cattolico coraggio di tacere (passare ad altro argomento) anziché ripeterle a pappagallo agli universitari e alle scuole di comunità, perché quando vieni supercazzolato abbestia crolla irreparabilmente la fiducia: “in quel momento ho perso un mito e ho perso un tic”.

6) Qualcuno mi spieghi per quali concreti motivi nel 2013 il movimento che tanto piaceva a Ratzinger improvvisamente diventa per Bergoglio “autoreferenziale” e “chiesa in entrata” e “spiritualità di etichetta”. Magari anche per quali concreti motivi siamo cresciuti tumultuosamente quando ecclesialmente eravamo dei paria e perché la decrescita e l'imborghesimento son giunti insieme ai riconoscimenti dei dicasteri, e il crollo in concomitanza col bergoglismo.

7) Carrón fu scelto personalmente da don Giussani e nei primi anni ci sembrò che fosse stata la scelta migliore…

8) Considerate non le mie argomentazioni da blog di sperduta periferia, ma i solidi argomenti presentati da gente più preparata e qualificata di me, come ad esempio nella Correctio Filialis. E cercate di ricordare se dal 2013 ad oggi ci sia stata almeno una singola espressione del Bergoglio che abbia confermato la vostra fede (e sottolineo confermato la vostra fede). Con un Ratzinger o un Wojtyła, poteva ancora succedere. Col Bergoglio abbiamo dovuto ostinatamente cercare “denti bianchi” come la battutina contro la “frociaggine” (a proposito, quali cambiamenti ha prodotto concretamente nei seminari?).

9) Quando ti si accumulano dubbi e incertezze e per tutta risposta ottieni praticamente un sarcasmo - “ma secondo te cosa ti sta dicendo il Signore con questo?” - devi sforzarti di resistere alla tentazione di prenderlo a pedate mentre gli ripeti quella stessa espressione insulsa.

10) Vale per la “paternità” di un pastore, vale anche per la “paternità” di chi ci guida nel movimento. Tanta urgenza di incensare una Bonino e tanto aristocratico disprezzo a noi che eravamo le anime sotto la loro responsabilità.

11) Nello spiegone prosperiano, coi virgolettati al posto giusto, sembra che la crisi ciellina sia solo di questi ultimi “dieci anni” - cioè coincida di fatto con l'imbarazzante epoca bergogliana. Come se anche lui aspettasse che si levi qualcuno a dire ciò che va detto.

12) Per poter campare di rendita in senso ecclesiale, cioè conservarsi lo strapuntino nel club dei VIP chiesastici, c'è stato chi ha ritenuto utile bergoglizzarsi, chi ha ritenuto utile personalizzarsi la propria mandria di seguaci, e chi ha pensato a entrambe le cose. Per quanto ci sia non poco di vero nell'accusa che Carrón si riterrebbe erede esclusivo del “carisma di don Giussani”, l'accusa continua a conservare un che di caricaturale. Come se lo scopo delle manovre in corso fosse qualcosa di più complesso, e riguardasse lo snaturare il movimento proprio durante il suo declino, e giocando la solita carta-jolly del richiamo all'ubbidienza. Nell'epoca postbergogliana che sta per iniziare sarà interessante, per chi ha buona memoria, commentare le contraddizioni e la doppiezza dei bergoglizzati di oggi.

13) Devo essere onesto: mi pare piuttosto improbabile che ci sia stata gente - e addirittura fra i Memores - che abbia inteso quell'espressione in senso davvero soggettivista. Sarà che io nelle case dei Memores ci sono stato. Ho visto l'aria che si respira, in quelle maschili come in quelle femminili. Li ho avuti come compagni di stanza nelle grandi occasioni a Rimini, li ho avuti a tavola, e in lunghe telefonate, e in lunghi percorsi in auto e autobus. Ho udito, insomma, quanto basta per capire che l'accusa di “soggettivismo” - passata addirittura come “eresia”, perbacco, la faccenda è grossa - è alquanto campata in aria, e sarà dovuta forse a qualche lettera di qualcuno che doveva vendicarsi del non essere riuscito ad aderire alla società dei Memores.

14) Quando in ambienti ecclesiali ti si dice di “rilanciare”, l'accusa è che non stai facendo nulla. Quando ti si dice di “riscoprire”, l'accusa è che non avresti capito nulla. La missione, fin dai tempi in cui s'andava a far caritativa nella Bassa, era un risultato di un'esperienza già vissuta, non una casellina da marcare in un immaginario foglio Excel della Bontà del Carisma.