domenica 9 febbraio 2025

Una collezione di libretti delle ore

Qualche tempo fa sul trenino che fermava al Gemelli c'era una tipa con la borsa blu pastello a recitare sommessamente le Lodi da un libretto che sembrava proprio quello del movimento.[1] Ogni tanto eventi del genere mi ispirano nostalgia di quando il movimento incideva così spettacolarmente nelle nostre vite da farci prendere in giro dagli stessi familiari, movimento che oggi sembra un cadavere tiepido (e non solo per le strigliate e la burocrazia bergogliane,[2] per la carronizzazione sistemica di cui sembra ancora lontana la guarigione, e per l'ordine di scuderia di far buon viso a cattivo gioco).[3]

Non ho mai pregato la liturgia delle ore da solo: il libretto delle ore e quello dei canti ce li ho avuti solo per portarli agli Esercizi spirituali e alla Vacanza della fraternità. È come se avessi sempre percepito che certe tradizioni del movimento avevano come unica ragione qualche remoto diktat curiale che nessuno ricordava più e che il Giuss aveva accolto con ubbidienza sorprendendo magari lo stesso curiale che l'aveva esalato solo per arieggiare l'ugola. La liturgia delle ore è roba per preti e consacrati, e noialtri non eravamo né gli uni né gli altri (ma si era in tempi postconciliari, cioè tempi in cui la semplice preghiera comunitaria del rosario avrebbe scatenato molta più furia rabbiosa clericale). Oppure potrei immaginare che qualche prete “moderno” a cavallo degli anni '70 abbia rimproverato i ragazzi del Giuss di non essere abbastanza adulti nella fede, col sottinteso che gli adulti celebrano la liturgia delle ore proprio come i preti[4] con un libretto della liturgia delle ore largamente semplificato[5] (ma con imprimatur della curia), e la forza dell'abitudine l'ha tenuta in vita nonostante nessuno ricordi più né il nome del rimproverante, né l'anno del rimprovero. Poi magari mi si dirà che don Giussani ci teneva e ci credeva (ma non saprebbe dire in che misura il don Giussani stesse solo ubbidendo ai superiori).[6]

In quei formidabili primi anni '70 - quando Luigi Negri era solo un laico impegnato in Azione Cattolica - e fino ad almeno i primi anni '80, l'universitario ciellino si distingueva per avere sempre in mano[7] il libretto delle ore e quello dei canti, particolarmente malridotti dal continuo utilizzo.[8] Il secondo, inutile, perché dopo pochi anni a ripetere i canti da quel libretto li hai già imparati tutti a memoria. Il primo, invece, una sorta di dichiarazione di appartenenza, di quella che faceva rosicare i veri comunisti, che con tutto il proprio genuino impegno non riuscivano a farsi vedere in giro tutto l'anno con sempre in mano il libretto di Mao[9] (o le massime marxiste-leniniste).[10]

L'ondata successiva di giovani del movimento era già in via di disarmo. Fu quella che don Giussani chiamò “effetto Chernobyl”: fuori sembravano uguali, dentro erano completamente svuotati, senza più ideali, nemmeno gli ideali sbagliati.[11] Fu quella che anni dopo, cresciuta, incontrai io, quella in cui i due libretti apparivano raramente, per lo più in occasioni cielline, quella che ancora aveva un po' di casi di ingenua baldanza ed entusiasmo - che noi giovincelli vedevamo totalmente assente in qualsiasi altro ambiente, scuola e parrocchia in primis. L'indizio principale del degrado, che avrebbe dovuto insospettirmi subito, è che a certuni venivano perdonate un po' troppe cosucce. Erano come ciellini che “ci credevano” solo quando si ritrovavano in determinati contesti (vacanzina, esercizi, scuola di comunità), e che una volta fuori tornavano ad essere normies. Mi chiedevo, infatti, come fosse possibile che una cosa così vera, un'esperienza così ricca e concreta, potesse rischiare di diventare un attività da club,[12] e proprio alla luce del venir continuamente messi in guardia da tale riduzione.

Ero disposto a soprassedere su giussanologi e cielloti (cioè sul fatto che alcuni vivevano il movimento come un circolo culturale o un attivismo), convinto che fossero solo limiti mentali temporanei (uno desideroso di fare tante attività trova pane per i suoi denti ed è sufficientemente distratto da non vedere tutto il resto).[13] Ci vollero anni prima di accettare definitivamente l'idea che quei “limiti” erano il più delle volte destinati ad essere insuperabili. C'era gente che aveva aderito solo perché desiderava avere un club a cui appartenere, ed aveva un'indistruttibile corazza mentale che dopo anche decenni di frequentazione impedisce di cambiare idea su quel punto. Quella gente, purtroppo, era destinata a diventar maggioranza, specialmente a partire dalla trionfalmente tronfia epoca bergogliana. Quei libretti, salvo le grandi occasioni, erano spariti del tutto.

L'ondata successiva la chiamerei di disadattati, alluvionati, depressini.[14] Cioè i giovani di questi ultimi anni, abituati a non saper valutare, non saper desiderare, non saper adattarsi.[15] È con loro che il movimento è “invecchiato”. Gli stessi ciellini d'alto rango che venivano a spiegarci robe imponenti al Meeting e agli Esercizi, avevano figli storditi dal piattume moderno, peggio che l'effetto Chernobyl di cui sopra (e sempre con la soluzione sbagliata: lo psicologo, le canne, il ribellarsi come metodo di affermazione di sé). Non è passata molta acqua sotto i ponti da quando le vecchine del paese definivano “la Messa dei giovani” quella infrasettimanale del movimento, a quando alla Via Crucis del movimento o alla Giornata di Inizio Anno la fascia di età 0-39 contava pochissime presenze e i capelli bianchi erano la stragrande maggioranza.

La mia collezione di libretti delle ore prosegue dunque imperterrita nella sua vocazione a collezionar polvere.


1) Credo di averne almeno quattro. Cioè di averlo dimenticato a casa in almeno tre Esercizi spirituali a Rimini. Così lo ricompravo, e dalla volta successiva usavo sempre quello nuovo.

2) Ha un che di comico che i capi di Comunione e Liberazione ammettano le strigliate del Bergoglio e contestualmente assumano l'espressione untuosa e la voce ampollosa per annunciare che “il Papa ci ha dato questa parola”… La parola di 'sta minchia: «la potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire», detto da lui equivale a un “finora per gran parte non avete capito niente, dovreste già da tempo dedicarvi ad altro”, e però l'ordine di scuderia è fingere di aver visto i soli denti bianchi della carogna e sperare che non arrivino altre strigliate.

3) C'è una linea sottile che divide il movimento genuino - quello fatto di scuola di comunità, caritative, educazione - e quello invischiato (spesso persino suo malgrado) nei programmi di qualche esponente clericale (programmi spesso solo immaginari, come quando il parroc

mercoledì 5 febbraio 2025

Supercazzola bergogliana sull'itinerario di coscientizzazione

Era bello il movimento di Comunione e Liberazione quando il problema principale era trovare altri modi per farsi beffe di giussanologi e cielloti - cioè di quelli che lo riducevano a un'associazione culturale, e di quelli che lo riducevano ad un'associazione volontaristica.[1] Oggi ci aggiriamo fra le macerie di quello che fu,[2] prima che il carronismo[3] e il bergoglismo lo desertificassero.[4]

La “scuola di comunità” ridotta al gruppetto del “sempre gli stessi da trent'anni a questa parte”, gli universitari ridotti a pochi anonimi e ben nascosti, la quasi totale sparizione della fascia di età dai 9 ai 39… e la lettera bergogliana del 1° febbraio scorso che discetta di «provvidenziale itinerario di assunzione di consapevolezza delle problematiche», cioè che loda l'autoannichilimento come se fosse stato totalmente operato dall'interno.[5] E ha perfino il barbaro coraggio di chiamarlo «grande fermento nella vita di CL». “Minchia”, verrebbe da rispondere laconicamente, se non fosse che un attimo dopo rincara la dose lamentando che «questo itinerario di coscientizzazione non è giunto al suo compimento».[6] Come se Bergoglio vivesse su Plutone, anzi no, più lontano, e credesse che il movimento sia stato fondato da Tafazzi.[7]

A leggere quella lettera torna il ricordo amaro di quando nelle assemblee del movimento si menzionava qualcosa della fede accompagnando con un fervorino tipo “il Papa ci ha detto”.[8] In epoca ratzingeriana era tutto sommato ancora facile aggiungerlo. Dal 2013 quella pericolosa moda è inspiegabilmente continuata (sarebbe bastato tacere), e per quanto ben selezionato ogni fervorino finiva per banalizzare o confondere,[9] invece di sostenere e confermare. E anche dopo la doccia fredda di dieci anni fa (non fu la prima né l'unica), l'ordine di scuderia è rimasto lo stesso: apparire come plaudente tifoseria papista, pur sapendo - fin da quel “buonasera” del 13 marzo 2013 - di star scommettendo sul ronzino anziché sul fuoriclasse.[10]

In tempi non sospetti ci si diceva dietro le quinte che bisognava pensare alla vita interna del movimento, proprio perché il movimento cresceva. Cioè perché aderivano in tanti, nuovi, e piuttosto a digiuno di dottrina e sacramenti. Certo, partecipavano alle scuole di comunità, alle preghiere, alle Messe, al Meeting di Rimini (ai tempi in cui al Meeting c'era molto da imparare anziché da sbadigliare), ma che lasciati a sé stessi sarebbero tornati alla noiosa quotidianità precedente.[11] Un caro amico, pur assiduo alla Messa e alla scuola di comunità, mi dice distrattamente che saranno quasi due anni che non si accosta alla confessione. Lo stesso amico a cui in più di un'occasione ho dovuto spiegare concetti elementari del catechismo. Sanno tutto della polemica fra tal ministro e tal esponente di partito, sanno perfino l'episodio del giovane Giussani persosi nel bosco di Tradate, ma dopo decenni di partecipazione al movimento… come diavolo hanno fatto ad abolire il sacramento della riconciliazione? Cos'è che nel movimento è andato storto?

A chi ancor oggi si fregia di appartenere alla Cielle, farebbe bene ogni tanto dare uno sguardo imparziale dall'esterno, chiedendosi cos'è stato veramente il movimento nella propria vita, e quale è davvero l'attrattiva che induce a rimanervi,[12] e se ha davvero a che fare con la vita cristiana (a partire da dottrina e sacramenti).[13] Dall'esterno, cioè come di chi fosse materialmente impossibilitato, se non perseguitato.[14]


1) Un movimento ecclesiale ha senso solo se aiuta a vivere la fede. Altrimenti è un club di perditempo, anche se si fregiasse di un'etichetta culturale o volontaristica. Il movimento di CL nacque perché don Giussani, a furia di spiegare gli aspetti più elementari della fede cattolica, si ritrovò attorno un popolo, che nelle parrocchie e nelle iniziative diocesane non trovava altrettanto nutrimento spirituale. Fu solo verso il '69, quando un gruppetto di universitari affisse un volantino intitolato “Comunione e Liberazione”, che prese tale nome; e non passò molto tempo che un burbero cardinale di Milano, Colombo, dichiarò che CL era un'entità a sé stante. Probabilmente una dichiarazione di antipatia, che però ci procurò quella preziosa libertà dalle burocrazie di sagrestia, e che per oltre un ventennio fece crescere ciò che don Giussani aveva seminato fin dal '54, fin da quando si rese conto che la gioventù cattolica era spettacolarmente ignorante delle questioni più elementari della fede.

2) I movimenti ecclesiali sono strutture passeggere. Non sono necessari né alla fede, né all'organizzazione della Chiesa. Esistono solo per il desolante stato delle parrocchie, stato peggiorato in modo sempre più marcato a partire dal dopoguerra ad oggi. Quella “autonomia” goduta da CL l'hanno goduta anche gli altri movimenti… e solo perché oltre alla perenne ignoranza di catechismo, c'era nella Chiesa anche una crescente anarchia, penetrata specialmente grazie alla rivoluzione sessantottarda. E che - almeno in quegli altri movimenti, anche se la nuova moda è accusarne anche la Cielle - partiva dal presupposto (di fatto scismatico) che l'autorità della Chiesa non avrebbe diritto di interferire con la vita interna di un movimento, o addirittura di commissariarlo o scioglierlo.

3) Don Carrón fu scelto da don Giussani stesso a succedergli, frustrando le ambizioni di qualche prete italiano che aveva tutte le carte in regola. La deriva carronista è iniziata anni dopo, manifestatasi con la permalosità e con l'accentramento, anche se qualche indizio (come ad esempio l'emarginare subito il Cesana) era stato abbastanza rivelatore. Tutte le critiche che possiamo muovere a tale deriva non tolgono nulla al desiderio dei bergogliani di addomesticare la Cielle e trasformarla (o addirittura farla confluire) in Azione Cattolica, cioè in un associazionismo sostanzialmente irrilevante e autoincaricantesi di rimpinguare le asfittiche parrocchie. Conviene sempre diffidare di chi blatera di riscoperta del carisma, perché il primo sottinteso è che si sente autorizzato a cambiare quel che gli pare; e quindi conviene fortemente diffidare del clan bergogliano che infligge decisioni intese a portare cambiamenti non dichiarati (né dichiarabili…), proprio dopo un quindicennio di continua decrescita (dei Memores, di Gioventù Studentesca, degli universitari…).

4) Il Potere è forte con i deboli, e debole con i forti. E quindi il Potere Clericale mazzola gli ubbidienti (come CL), e accarezza i disubbidienti (altrimenti si capirebbe che il Potere non ha potere su questi ultimi). Per cui Bergoglio che eroicamente decide di saccagnare la Cielle, lo fa non solo per la furiosa antipatia nutrita dalla mentalità gesuitica, ma anche perché i ciellini sono gli unici che possono essere falsamente etichettati “autoreferenziali” dal capo ufficiale della Chiesa, e applaudire sorridenti quasi come se non avessero capito. Il medico pietoso fece morire il paziente? Il medico furioso lo sta facendo crepare. Non ci vuole chissà che genio per capire che se vuoi correggere un problema dovuto al “capo” di un movimento, ti sarà sufficiente schiodarlo dalla poltrona e metterci qualcuno di quelli che lui ha più furentemente silurato, e il resto verrà da sé. Invece, dopo dieci anni, ci viene comandato un supplemento (a tempo indeterminato) di tafazzismo: «questo itinerario di coscientizzazione non è giunto al suo compimento», come a dire che sarà compiuto quando la Cielle sarà ridotta peggio delle caricature che ne facevano i comunistelli all'università.

5) Dopo che per decenni venivamo messi in guardia dal “parlarci addosso”, ecco che El Jesuita ci comanda di rinunciare a ciò che ci ha fatti crescere, e di procedere a “parlarci addosso” (raghi, a che punto siamo con la coscientizzazione?). Non prendiamoci per il culo: lo sappiamo benissimo quale è l'ideale della Chiesa Sinodale, che era lo stesso della Chiesa Dialogante, che era lo stesso della Chiesa Moderna, che era lo stesso della Chiesa attenta ai Segni dei Tempi… È sempre la stessa sbobba conciliare, con nuovi altisonanti nomi, fatta di cattoliconi da salotto, poco avvezzi a dottrina e sacramenti ma autoimpegnati a discettare finemente sull'aria fritta, che si “parlano addosso” come i quattro autoimpegnati della sagrestia di periferia che elucubrano sui massimi sistemi, «per il raggiungimento di quella rinnovata e fondamentale maturità ecclesiale tanto auspicata» ma mai veramente chiarita né onestamente spiegata.

6) Qualcuno metta mano al Vangelo e mi spieghi perché un “pastore” debba supercazzolare le “pecore”.

7) La reclamata «fase di implementazione del testo statutario potrà essere cruciale per il nuovo passo di maturità ora necessario». Tradotto dal clericalese sinodal-bergoglista, il movimento è sempre stato immaturo, ha sempre mancato di fasi “cruciali”, si è sempre guardato bene dall'avere un testo statutario da “implementare”, non ha mai compiuto abbastanza passi di “maturità” neppure quando erano necessari, e dopo oltre un decennio di strigliate si trova ancora crucialmente immaturo e obbligato a fare passi assolutamente indispensabili e subito… Indipendentemente da ciò che pensate di Carrón, se non siete capaci di riconoscere il masochismo e la volontà di massacrarvi, avete qualche problema di comprensione della lingua italiana.

8) Siamo onesti, evitiamo tifoserie: ci fu un tempo in cui quando una persona seria parlava, prendevi appunti perché trovavi talmente intelligenti le cose che aveva detto, che non volevi rischiare di dimenticarne qualcuna. Non era la stessa cosa di chi prende appunti perché deve riferire il contenuto di un discorso. In epoca bergogliana, invece, non riesci a prendere appunti, perché non ci trovi niente di coinvolgente per la tua fede, e praticamente niente da riferire a persone assenti. Lo scambio di lettere Bergoglio-Prosperi di cui parlo in questa pagina, al netto degli untuosi fronzoli clericali, poteva essere riassunto così: “il movimento continua a non piacermi, continua a bergoglizzarlo almeno fino al 2031” - “OK”.

9) Cioè l'esatto contrario di ciò che avrebbe ufficialmente dovuto fare. Chiederei senza alcuna ironia: abbiamo bisogno di prediche o di parole concrete? Se un fervorino si limita a esalare un'insalata di belle parole ma c'entra come i cavoli a merenda e magari addirittura risponde ad una domanda che non si pone, il messaggio che passa è che il movimento è una predica, cioè aria fritta, cioè un invitare a non ascoltare più con attenzione (e quindi decresce, oh ma che sorpresa). Bastava tacere, bastava semplicemente evitare di infilare a forza una citazione obbligatoria del Papa, del cardinale, del vescovo. Bastava tacere e passare all'argomento successivo, senza farsi prendere dall'ossessione di sembrare papisti come se fossimo in qualche quiz televisivo in cui conteggiano gli applausi della platea.

10) Si può rispettare il successore ufficiale di Pietro anche tacendo. Anzi, è meglio evitare slinguazzate e cambiali in bianco. Non c'è nulla di meno credibile di una tifoseria di una squadra che non si pone…

11) Don Giussani l'aveva capito - specialmente quando diceva che sarebbe stato bello ricominciare in dodici - ma aveva ancora davanti un popolo.

12) Non in senso carronista (pur con gratitudine al Carrón per quelle volte che ci ha fatto conoscere il don Giussani). E non in senso modernista - di quel modernismo da sagrestia, dove i “denti bianchi” della carcassa del cane vengono osannati e incensati, dove s'invita la Bonino a tenerci lezione perché qualche pezzettone grosso del movimento deve urgentemente farsi bello con qualche pezzettone grosso della politica.

13) Il movimento non è nato in sostituzione delle parrocchie ma ha paradossalmente trasmesso la sete di dottrina e sacramenti proprio mentre le parrocchie continuavano a castrarsi, che negli anni '50 facevano concorrenza alle sedi del PCI a suon di calciobalilla e cineforum, e che già dagli anni '70 non avevano più niente da dire se non “campetto di calcetto”, “musical teatrale”, “estate ragazzi”.

14) Vien voglia di obiettare al movimento: you had one job. Avevi un solo compito, non mille. Le primissime volte che partecipai alla Messa del movimento restai colpito dal fatto che tutti si inginocchiassero alla consacrazione, e che non tutti andassero a fare la Comunione. Segno che anche solo per aver visto gli altri, facevano esame di coscienza, si confessavano, si comunicavano. È stato probabilmente uno dei migliori indizi del vero carisma del movimento: ti parlava anche senza parole. Oggi che il movimento è ridotto alla caricatura di sé stesso - assemblee fatte di psicologismi “ma con intercalare ciellino” -, alla ripetizione di formule, alle interminabili mini-prediche dei partecipanti, alle massacranti «considerazioni» bergogliane che a leggerle «con massima attenzione e disponibilità di cuore» si deduce solo l'invito a spazzar via tutto ciò che di buono abbiamo vissuto, e nell'ultradecennale situazione kafkiana dell'«itinerario di coscientizzazione» misteriosamente ancora non «giunto al suo compimento», che dobbiamo pensare?