L'experience, dunque, non è "esperienza" ma sensazioni. È qualcosa in più del locale commerciale arredato con cura e gusto. È l'arte del venderti sogni, l'arte del farti pagare per sognare.
Qualche mese fa un amico, di passaggio a New Orleans, si fermò al sopracitato Dave and Busters. Mi racconta scene da terzo mondo. Tre quarti dei presenti sono ragazzetti negri, principalmente impegnati a raccattare gli avanzi delle consumazioni altrui, oppure a fingere di giocare davanti a qualche arcade finché qualcuno non li manda via. Vede uno dei ragazzetti sfilare una card da un videogioco e scappar via, lasciando la ragazzina (bianca) a piangere. "Poi dicono che uno diventa razzista", mi dice. Mi racconta poi della tipica scena al KFC coi negri (anche i niggers dalla pelle bianca) ai rubinetti gratuiti a riempirsi di bevande colorate il boccione con incontrollata avidità[3] senza capire che l'experience prevede esattamente quello, il sogno di tracannare senza limiti lodando la propria astuzia.
Non è difficile identificare chi ti fa pagare l'experience: se comincia col dirti "oggi finalmente puoi..." allora ti sta vendendo sogni.
1) Mi tornano in mente queste cose dopo aver accompagnato un'amica alla Feltrinelli a comprare... carabattole. "Esperienza", cioè ciondolare tra gli scaffali a dire "che bello, che bello". A fotografare lo scaffale dei libri "a sorpresa", impacchettati con lo spago, come se il solo fatto di essere inchiostro su carta proveniente da tipografie di medio-alta tiratura implichi un sorprendente valore. E ad eseguire il liturgico acquisto di qualcosa di inutile come gesto di cortesia nei confronti di chi ti ha approntato l'experience.
2) Dall'Apple alla parafarmacia del paesetto è tutta una gara a contornare di experience i propri prodotti.
3) Come se in Italia non avesse mai visto scene del genere. Come se nessuno sapesse che quelle bevande sono miscelate al momento dall'apposita macchina da sacchetti di polverine prodotte industrialmente a costo quasi zero. Come le orwelliane macchinette fabbrica-romanzi e fabbrica-canzoni ad uso dei prolet, antesignane dell'industrializzazione dei circenses.
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