L'ubbidienza è una forma di amicizia: riconoscendo la seconda diventa ragionevole la prima persino quando non si capisce. Ma se per una brevissima distrazione si lascia passare il perno da amicizia ad ubbidienza, si finisce per eseguire ordini, si finisce per essere tamquam baculum - come una scopa di cui il capo si serve e poi lascia lì fino al prossimo utilizzo.[6] Sebbene ci siamo ripetuti tante volte che l'ubbidienza è una forma di amicizia, in tutte quelle riflessioni la prospettiva era sempre quella di chi segue: mai un accenno a chi viene seguito e alla sua quotidiana tentazione di adoperare quell'amicizia come baculum,[7] con corollari grotteschi come ad esempio per quegli sventurati ciellini che per ubbidienza ebbero da applaudire alla più famigerata abortista italiana, un evento impensabile fino a pochi anni fa.[8]
Ironia della sorte, chi più sapeva che don Giussani non è riducibile ad una lista di affermazioni e concetti, più ha lasciato crescere e diffondere il virus di quell'ubbidienza cieca, della riduzione del movimento ad una claque.[9] L'etichetta carroniano indica il sintomo oggi più riconoscibile[10] ma la malattia non è nuova: si tratta della riduzione della fede ad un'ideologia, esattamente ciò di cui fino a non troppi anni fa nel movimento si veniva adeguatamente messi in guardia, mentre oggi il tema è toccato solo dopo abbondante spruzzata di astrazioni.[11]
Sono giudizi duri ma addolora davvero il trovarli ragionevoli al punto di non riuscire più a tacere. Dopo aver preso in giro per una vita intera coloro che confondevano il carisma del movimento con le attività, coi discorsi, coi capi, perfino agli esercizi ho la sensazione di essere circondato da quegli errori.[12] È come se da tempo i capi del movimento avessero stabilito che l'urgenza primaria è di tenere in piedi la giostra e che non vale più la pena battersi per ciò che venti, trenta, quarant'anni fa erano le poche cose che realmente cambiano la vita. È come se l'imborghesimento avesse infestato anche i vertici.[13]
Potrebbe essere il preludio alla silenziosa fine del movimento, o alla sua quasi involontaria rinascita da parte dei quattro gatti sinceramente stufi delle eleganti chiacchiere autoconsolatorie in gergo ciellino.[14]
1) Il buonismo ciellino è una versione moderata del politically correct ed è il grimaldello della parlantina dalle leziose e interminabili sfumature di tutti quelli che pur capaci di dire pane al pane e vino al vino non sanno tacere quando necessario.
2) Un'affermazione del genere provoca reazioni scomposte a chiunque abbia la memoria corta e si contenti del solito pastone farcito di termini giussaniani. Basterebbe però domandarsi onestamente: cos'è che ha cambiato la mia vita? Cosa costava esser ciellini dieci, venti, trent'anni fa? Ciò che è avvenuto imbattendomi nel movimento dieci, venti, trent'anni fa, può ancora avvenire oggi oppure ho davanti solo un club parrocchiale qualsiasi e il suo pretenzioso e aristocratico gergo? Quanto è diverso il mio gruppetto di fraternità da un gruppetto Facebook con pedante amministratore?
3) Se il capo sbanda, sbandano anche le membra. E se una cosa era drammaticamente vera per la mia anima 10-20-30 anni fa, non può ritrovarsi oggi banalizzata o considerata superata.
4) Mi riprometto sempre di farlo, nella segreta speranza che nel frattempo altri abbiano già provveduto meglio. Me lo riprometto ogni volta che vedo una foto d'epoca che mi lascia il magone perché mi parla di un passato, non di un presente.
5) Troppo facile sciorinare termini come libertà, memoria, esperienza come foglia di fico. La gratitudine a Giovanni Paolo II che ci fece uscire dalle catacombe è diventata, nell'ormai preponderante strato dei ciellini imborghesiti, una sorta di papismo di maniera, successivamente evolutosi in tifoseria ultrà nel pontificato ratzingeriano e vagamente imbarazzato leccapiedismo da quattro anni a questa parte. E se la fedeltà a Pietro è ridotta così, cosa potrà mai essere di diverso quella "forma di amicizia" nei confronti del Carròn?
6) Anch'io sono stato adoperato per far numero in occasioni in cui era chiaro persino a noialtri bassa manovalanza che l'unico scopo di certe sceneggiate plaudenti era quello di facilitare la promozione a Tale Tizia (Una Dei Nostri, Deh!) o di assicurare uno strapuntino pubblico a Tale Tizio (Uno Dei Nostri, Deh!). Partecipai con zelo, per fiducia nei confronti di chi ci guidava. Ora resto almeno indifferente, perché quella fiducia è stata intaccata.
7) Pensiamo ad esempio a coloro che nell'avvicinarsi al movimento hanno subito notato più le tracimazioni di saliva di fronte all'aura del capetto di turno che il nocciolo delle questioni. E sentito etichettare ah, grande amicizia, ah, un grande, ah, un padre quella che era chiaramente una dipendenza psicologica. Tant'è che poi lì il movimento non ha fatto altro che assottigliarsi, vedendo sostituita la continua crescita con la contrazione delle comunità a corti dei fedelissimi del carismatico, come un qualunque altro club chiesastico.
8) La lenta e inesorabile deriva del Meeting di Rimini, da almeno una quindicina d'anni a questa parte, basterebbe da sola a commentare la crisi del movimento. È stato anzitutto al Meeting che si è notato il passaggio dal virile parlar chiaro all'incensamento scodinzolante.
9) Poche cose sono più dolorose del vedere il movimento autoridursi alla caricatura che ne facevano i suoi detrattori.
10) Il carroniano è infatti un giussanologo più evoluto e più insensibile.
11) Come se il movimento fosse un castello di carte e qualcuno stesse tentando di cambiarne la forma senza farsi notare. Ci manca solo che il progetto di fondere CL con Azione Cattolica sia più che un'ipotesi di complotto.
12) Perfino la rivista Tracce è diventata illeggibile, e non mi riferisco solo alle sviolinate per papa Bergoglio.
13) Certe domande non smettono mai di scuotere il cuore, ma è altrettanto vero che la loro riduzione a discorsetti stufa, smette di interrogare, diventa un "già visto, già sentito", e non sempre per pigrizia di chi segue. La scuola di comunità o ti cambia davvero o è davvero inutile. Idem per le indicazioni.
14) Cioè quelle omelie in cui vengono infilate a forza citazioni di don Giussani ed espressioni "ci-elle compatibili".
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