mercoledì 22 settembre 2010

Torturare un cagnolino

Il prete si fermò di nuovo: «Perché sarà così? Perché da piccoli sono tanto difficili?». «Si vede che i bambini non nascono “naturalmente buoni”. Ecco un altro fatto che ce lo fa constatare». «Quella è un'età» disse il prete «in cui a volte si decide la sorte d'un'anima».

Ripresero a camminare; del cagnolino, di cui pure avevano avuto notizia, non parlarono affatto. (Vogliamo anticipare? Trent'anni più tardi, sotto l'influenza laico-umanitaria della televisione e delle idee nuove, i ragazzi di Nomana non sarebbero più stati così: avrebbero tormentato meno gli animali, e non avrebbero più tormentato pubblicamente i deficienti, che sono due indubbi passi avanti. Però avrebbero cominciato - come non era mai accaduto nella storia del paese - a odiare determinati gruppi sociali, e inoltre nessuno di loro, o quasi, sarebbe più arrivato vergine al matrimonio. Tanto l'essere umano è limitato: se acquista da una parte, perde puntualmente da un'altra; in questo sembra non ci sia scampo. Ci tornano in mente, al limite, le incredibili cassette per la nidificazione degli stornelli issate, nientemeno, sulle baracche di Auschwitz, dai carnefici di cuore tenero verso gli uccellini).[1]



1) Citazione da: Eugenio Corti, Il cavallo rosso, edizioni Ares, 1998, pagg. 94-95.

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